D'ALEMA E LA SINISTRA IN RITARDO di Gad Lerner

D'ALEMA E LA SINISTRA IN RITARDO D'ALEMA E LA SINISTRA IN RITARDO RIFLETTENDO sulle notevoli difficoltà che affliggono Massimo D'Alema e i Democratici di sinistra, mi sento condizionato dall'affiorare di un ricordo personale. Era il 1994. Berlusconi aveva appena conquistato il governo infliggendo al Pds un'ulteriore pesante sconfitta alle elezioni europee, e io scrissi su questo giornale una specie di «de profundis»: la sinistra italiana si sarebbe rilanciata solo liberandosi dei dirigenti legati all'eredità post-comunista, cioè degli Occhetto, dei D'Alema, dei Veltroni. Mi telefonò D'Alema protestando perché l'avevo identificato col segretario Occhetto di cui non condivideva la linea, e inoltre accusandomi di teorizzare un'inaccettabile «pulizia etnica» nei confronti degli ere di del comunismo italiano. Poco dopo D'Alema venne eletto segretario di un Pds in forte crisi e dalle Botteghe Oscure dispiegò la sua strategia politica svolta socialdemocratica della sinistra, nuove alleanze per conquistare il centro modera to. L'handicap del post-comu nismò non gli impedì di estromettere Berlusconi da Palazzo Chigi, dare vita all'Ulivo, por tare la sinistra al governo in un Paese a maggioranza moderata, il tutto in meno di due anni. Devo dunque riconoscere i mio vecchio errore di valutazione. Ma subito dopo chiedo D'Alema se lo stallo elettorale sofferto dal suo partito, contemporaneamente al fallimento del suo disegno di riforma istituzionale e alla preoccupante instabilità politica che ne de riva, non ripropongano un in terrogativo sintetizzabile ne. seguente paradosso: proprio la sua «bravura» di politico puro Gad Lerner CONTINUA A PAG. 4 TERZA COLONNA