L'artigiano dei record in vela
L'artigiano dei record in vela PERSONAGGIO UNA VITA SUL FILO DEL RASOIO L'artigiano dei record in vela Grandi imprese e tecnologia ridotta al minimo QUANDO sarò grande diceva ai compagni di mare - vorrei abitare in una casa dalla quale si possa vedere la barca dal letto». Nel 1980 riuscì a realizzare il suo sogno: la sua casa di pietra, con un grande camino, è in cima ad una collina, a ridosso della penisola di Quiberon, in Bretagna, protetta da un boscosi castagni; dalla finestra si vede il pontone sul fiume Odet dove era ormeggiata la sua adorata barca a vela. Ma Eric Tabarly, il vecchio lupo di mare, non è riuscito a realizzare il sogno estremo: finire in santa pace i suoi giorni proprio in riva a questo fiume, come un vecchio contadino cotto dal sole. - Nato il 24 luglio, del 1931, è stato l'eroe sportivo del mare che la Francia ha maggiormente adorato, osannato, glorificato. Persino con la Legion d'Onore e facendolo sfilare per gli Champs Elysées. Ingegnere alla Scuola Navale, capitano di vascello, membro dell'Accademia della Marina, pilota dell'Aeronavale, ha compiuto imprese straordinarie quando la tecnologia, nella vela, stava appena incominciando a lanciarsi verso lo strabiliante oceano di innovazioni che oggi la rende più veloce e meno avventurosa. Eric ha fatto alcune circumnavigazioni del mondo, ha vinto traversate oceaniche spesso in solitario: (Ostar 1964 e 1976), Fastnet, Sidney Hobart (1967), Transpacifica (1969), Los Angeles Tahiti (1972). Ha stabilito record impensabili, ha sperimentato prototipi e attrezzature alla cui progettazione e realizzazione partecipava con puntiglio esasperante. Non è riuscito a concludere due trionfi che nella vela d'oggi contano, la Whitbread, il giro del mondo con equipaggio, e la Coppa America. Raccontava: «La Whitbread è stregata, non sono mai riuscito a farla come volevo e su un 12 metri di Coppa Amercia ho fatto alcuni allenamenti, a Newport, nel 1964 pochi giorni dopo aver battuto Chichester nella traversata atlantica, ma niente di più». E' stato maestro dei migliori velisti francesi. Da lui hanno copiato tutti coloro che affrontavano l'oceano con la determinazione di battersi soltanto per vincere. Ma lui, su tutti gli altri, aveva due vantaggi: ha spesso usufruito dell'incoraggiamento (e dei fondi) della Marina. Ma soprattutto possedeva quella rarissima qualità che rende certi uomini straordinari: amava il mare e ne conosceva a fondo la storia e dai grandi navigatori aveva appreso la lezione dell'umiltà e del silenzio. Caparbio e fiero, forte come le rocce della sua terra, era ti¬ mido come il «pen duick» l'uccellino nero che ha dato il nome a tutte le sue adorate barche. Non era facile parlare con lui. Moitessier, altro navigatore francese molto famoso, raccontava: «Abbiamo navigato a lungo fra Tahiti e Bora Bora, non parlavamo mai. Eppure stavamo bene. Aveva la capacità di addormentarsi quando voleva. Dopo pochi minuti si risvegliava perfettamente riposato». Con il suo «Pen Duick» più famoso andò a Imperia ad un raduno di barche d'epoca. Il suo piccolo veliero quasi spariva a fianco di imponenti regine del mare vestite a festa. Eppure la folla di curiosi si soffer¬ mava per ammirare lui che riordinava con calma le sue cose a bordo. Sorseggiando un bicchiere di vino, parlò delle sue soddisfazioni più grandi, di aver preparato bene una barca e averla portata con lealtà fino alla vittoria e parlò anche di vecchiaia: «La salute e il denaro possono dare delusioni, preferisco non pensarci - tagliò corto -, devo fare ancora un giro del mondo». Diede uno sguardo alla gente ferma sul molo ad ammirarlo ancora e girandosi verso il mare sospirò: «Sì, vorrei essere là in mezzo adesso». Irene Cablati
Persone citate: Eric Tabarly, Moitessier, Newport, Sidney Hobart, Whitbread
Luoghi citati: America, Francia, Imperia, Los Angeles
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