Enimont: tutti condannati, ma niente carcere

Enimont: tutti condannati, ma niente carcere La Cassazione conferma 3 anni a Garofano e Citaristi; 2 anni e 4 mesi a Forlani; 8 mesi a Bossi Enimont: tutti condannati, ma niente carcere Sentenza definitiva sulla madre di tutte le tangenti MILANO. Antonio Di Pietro, quand'era un pm sotto tutti i riflettori, l'aveva pomposamente chiamata «la madre di tutte le tangenti». Ieri ai giudici della Cassazione è bastata un'ora per confermare la sentenza d'appello e rendere definitive condanne che non costeranno il carcere a nessuno. E' finita così la vicenda Enimont con il suo corollario di fondi neri e finanziamenti ai politici. La condanna più pesante, tre anni, è stata comminata a Severino Citaristi, ex segretario amministrativo della de, a Giuseppe Garofano, ex presidente della Montedison, e a Carlo Sama, già amministratore delegato del gruppo. Nessuno busserà alla porta per metter loro le manette ai polsi: giusto domani entrerà infatti in vigore la legge Simeone che prevede la sospensione automatica delle carcerazioni per condanne dai tre anni in giù. Si viene avvisati della sentenza e contemporaneamente si riceve l'avviso che, entro trenta giorni, si può far richiesta di una pena alternativa, come l'affidamento ai servizi sociali. Poi, entro 45 giorni, il tribunale di sorveglianza decide se accettare la richiesta: ed è difficile ritenere che, o per ragioni di età (come nel caso di Citaristi) o per possibilità di «reiserimento sociale», il beneficio venga negato a simili condannati. Gli altri, poi, hanno tutti avuto pene inferiori. Come Luigi Bisignani, giornalista che per la Montedison si occupava sia di pubbliche relazioni che di rapporti assai meno leciti (condannato a due anni e mezzo) o l'ex segretario di Craxi Mauro Giallombardo (due anni e due mesi). In quanto ai manager - il vicedirettore dell'Eni Alberto Grotti e il dirigente Montedison Romano Venturi - le loro condanne restano al di sotto dei due anni, con tutti i benefici già previsti prima ancora della legge Simeone. Venturi in Cassazione si è visto ridurre la pena di due mesi, assieme a Garofano e Sama: sono stati tutti e tre assolti con formula piena dall'accusa di appropriazione indebita per un miliardo che, secondo un'accusa mai provata, sarebbe servito a pagare dei giornalisti. In quanto al fronte dei politici, oltre a Citaristi c'è una sola condanna consistente: contro Arnaldo Forlani, ex segretario della de, che ha avuto due anni e quattro mesi. Anche perchè Forlani era l'unico - assieme a Bettino Craxi, la cui posizione però è stata stralciata da questo processo - a essere rimasto coinvolto nella storia della maxitangente miliardaria. Per tutti gli altri si era trattato di finanziamenti illeciti da parte del gruppo Ferruzzi; chi per poche decine di miboni, chi per qualcosa di più. E' la storia, ad esempio, del finanziamento alla Lega: quei 200 milioni offerti e presi per campagna elettorale del '92, che Umberto Bossi definì «una cavoiata del Patelli» (Alessandro, ex segretario amministrativo), che si voleva restituire ma poi «vennero rubati». Per quella storia Bossi ha avuto la sua prima, definitiva condanna a otto mesi. Duecento milioni restano comunque briciole rispetto alla maxitangente che è stata calcolata di circa 150 miliardi: una riserva in nero che doveva servire alla Montedison per garantirsi un'uscita rapida e vantaggiosa da Enimont. Tutta l'operazione venne condotta in prima persona da Raul Garcani che, nel luglio del '93, allo scandalo e all'arresto preferì un colpo di pistola in testa. Nel creare quella riserva finanziaria lo aiutarono il costruttore romano Domenico Bonifaci, tuttora sotto inchiesta a Perugia per una tranche della tangente, e il finanziere Sergio Cusani: l'unico che, condannato a quasi sette anni, ha pagato davvero col carcere. Fu quello a Cusani l'unico vero processo; quello dove sfilarono i managers e i politici, dove davanti agli occhi voyeuristici delle telecamere si celebrò il rito di Tangentopoli. Sembrò, al pubblico, che tutti loro fossero sotto processo; in realtà l'imputato era solo lui, Cusani, per cui la procura aveva chiesto e ottenuto il rito immediato. Il processo Enimont vero e proprio cominciò a luglio del '94, qualche mese dopo la condanna di Cusani, e fu soltanto la fotocopia sbiadita del primo. Con un'unica impennata d'interes¬ se: quando Di Pietro, dopo aver formulato le richieste di condanna, si tolse la toga e lasciò il pool (era il dicembre '94; cosa c'era davvero dietro le sue dimissioni si è cominciato a scoprire solo anni dopo). In sordina anche le condanne di primo grado, arrivate solo nell'ottobre del '95 dopo una lunga contestazione della difesa contro il presidente del tribunale, Romeo Simi de Burgis. Ancora più in sordina l'appello. Una sintesi amara di tutta la vicenda la fa Giuseppe Garofano: «Non sono stati fatti quasi mai degli approfondimenti investigativi; i magistrati non si sono mai posti la domanda: perché è avvenuto tutto questo? E al processo, per noi, non c'è mai stata la possibilità di controinterrogare qualcuno». Susanna Marzolla LE CONDANNE RENATO Al 'SSIMO ex segretario Pli 8 mesi LUIGI BISK ., AN 1 2 anni e 6 mesi UMBERTO BOSSI leader Lega Nord 8 mesi SEVERINO CITARISTI ex segr. ammin. Dc 3 anni ARNALDO FORLANI ex segretario Dc 2 anni e 4 mesi GIUSEPPE GAROFANO ex presidente Enimont 3 anni MAURO GIALLOMBARDO ex segr. Craxi 2 anni e 2 mesi ALBERTO GROTTI ex vicepres. Eni 1 anno e 4 mesi GIORGIO LA AAALFA ex segretario Pri 6 mesi e 20 giorni (con beneficio non menzione) ALESSANDRO PATELLI ex segr. ammin. Lega Nord 8 mesi CARLO SAMA ex ammin. del. Enimont 3 anni EGIDIO STERPA ex deputato Pli 6 mesi ROMANO VENTURI ex dirig. Montedison 1 anno e 8 mesi La sentenza di condanna di Sama, Garofano e Venturi è stata annullata limitatamente al reato di appropriazione indebita di un miliardo che sarebbe stato destinato ad alcuni giornalisti (di qui il piccolo sconto di pena). L'ex segretario di De Michelis, Giorgio Casa dei, ha rinunciato a presentare ricorso contro la condanna a 4 mesi.

Luoghi citati: Enimont, Milano, Perugia