La lunga marcia verso il privato di Roberto Ippolito

La lunga marcia verso il privato IL CASO La lunga marcia verso il privato Come peserà ilpacchetto in mano al Tesoro? ROMA. E' Mario Draghi, direttore generale del Tesoro, a chiarire i tempi. Fa sapere che domani, o al più tardi martedì mattina, il ministero darà indicazioni sul suo comportamento come azionista della Telecom, che sta per celebrare l'assemblea nel clima infuocato creato dalle dimissioni di Vito Gamberale da direttore generale. Quindi il ministero si pronuncerà sulle scelte del presidente Gian Mario Rossignolo che, subentrato il 12 gennaio sulla poltrona fino a un mese prima occupata da Guido Rossi, in questi sei mesi ha letteralmente rivoluzionato la società cambiando la strategia delle alleanze, annullando o ridimensionando progetti un tempo ambiziosi (come il Dect o il piano «Socrate»), suscitando polemiche nel sindacato, rivedendo la piramide decisionale del gruppo e persino rettificando i conti del '97, riducendòne l'utile e guadagnandosi il malumore di qualche dirigente che può vedere in pericolo il premio legato ai risultati. Ma come è possibile che il ministero si occupi ancora di questa azienda? La società non è stata privatizzata dallo scorso mese di ottobre? In effetti, le azioni possedute dallo Stato sono state vendute, ma non tutte:. qualcuna è rimasta nella cassaforte del ministro Carlo Azeglio Ciampi. Anzi, più di qualcuna: la quota pubblica è pari al 5,17% tanto che il Tesoro è di gran lunga il maggiore azionista, seguito dà un istituto che non è certo privato, la Banca d'Italia, con il 2,29%. Perché lo Stato ha ancora tutte queste azioni è abbastanza semplice da spiegare: una parte non sono state cedute come previsto al colosso americano At&t con il quale la Telecom, sotto la presidenza di Gian Mario Rossignolo, ha preferito non allearsi più; un'altra parte non è stata ritirata dal consorzio Unisource a cui la Telecom doveva legarsi; un'altra fetta è conservata in attesa di essere distributa in premio agli azionisti fedeli (con il meccanismo della bonus share); e infine c'è la golden sbare, la miTii quota che assicura allo Stato particolari poteri nella gestione anche senza la maggioranza. Rossignolo e i nuovi azionisti hanno quindi dovuto affrontare la nuova e complicata stagione della liberalizzazione del mercato ancora con forti legami con il vecchio apparato pubblico. Così è, finora. Però non sfugge che, essendo le privatizzazioni un obiettivo strategico di Ciampi e di tutto il governo di Prodi, non è pensabile che il Tesoro resti a lungo in possesso di una quota così rilevante della Telecom, del valore, ai prezzi di borsa attuali, di 3.550 miliardi. Intanto però lo Stato dispone di suoi consiglieri di amministrazione e può determinare scelte importanti. Ma il ruolo del ministero è davvero pesante? Anche se punzecchia il governo, un esponente dell'opposizione come il responsabile economico di Forza Italia Antonio Marzano è perplesso: «La permanenza del Tesoro come azionista non serve a nulla e quindi sarebbe meglio che si affrettasse l'uscita». Per il momento il Tesoro può comunque ficcare il naso nella polemica di Gamberale con Rossignolo. Ma i problemi di equilibrio al vertice sembrano intrecciarsi con i problemi dell'assetto dell'azionariato. La cabina di comando della società è già cambiata più volte e ora si deve trovare una soluzione al caso aperto dal direttore generale. La Usta dei soci è sta¬ ta definita con la privatizzazione di ottobre, e il peso di ognuno potranno cambiare quando il ministero si libererà del pacchetto residuo. E allora non ci sono solo incognite per quanto riguarda i manager, ma anche per quanto riguarda i soci. Il punto di partenza è il «nocciolo duro», cioè il ristretto gruppo di soci che hanno comprato a ottobre quote più significative rispetto al milione e mezzo di risparmiatori con pochi titoli, hanno rappresentanti in consiglio di amministrazione e determinano la gestione. In tutto detengono lr8,?5%:'fra loro l'Ifil presieduta da Umberto Agnelli con lo 0,64%, l'Imi con lo 0,97, le Generali e via via con quote de¬ crescenti Credit Suisse, Ina, Credito italiano, Banca Commerciale, Monte dei Paschi, Compagnia San Paolo, Alleanza, Cariplo, Rolo Banca. Da questo nocciolo duro sono scaturite tutte le indicazioni per la gestione della Telecom in pratica a partire dal 12 gennaio, giorno in cui Rossignolo è diventato presidente. E ovvio che un'eventuale evoluzione dell'azionariato potrebbe incidere anche sugli indirizzi della società. Del resto all'uscita del rappresentante dell'At&t dal consiglio di amministrazione ha corrisposto, il 9 aprile, all'alleanza della Telecom con la Cable & Wireless. Ma dove potrebbe finire quel prezioso 5,17% in mano allo Stato? I giochi sono aperti. Umberto Agnelli ha già fatto presente che «un discorso di allargamento» della presenza Ifil «è assolutamente prematuro». Fra gli altri componenti del nocciolo duro, le Generali, con una dichiarazione del consigliere Alfonso Desiata, hanno dichiarato di non essere interessate a incrementare ulteriormente la partecipazione già salita dallo 0,90 all'1,66%. L'Unisource starebbe invece tentando di rientrare in gioco. Per il momento quel 5,17% resta in mano al Tesoro. Per chi vuole comprare rimane sempre la possibilità di rivolgersi alla Borsa. Roberto Ippolito

Luoghi citati: Gamberale, Rolo, Roma, San Paolo