La forza di due vecchi stanchi di Igor Man

La forza di due vecchi stanchi Drammatici personaggi al loro sesto incontro, forse l'ultimo La forza di due vecchi stanchi Qj UELLO tra il Papa e Arafat è, per molti versi, un incontro drammatico. (E' stato il sesto, forse sarà l'ultimo - come qualcuno sussurra in Segreteria di Stato). Karol Wojtyla sembra portare sulle sue spalle di Atlante misericordioso tutti i dolori del mondo. Ancorché sorretto dalla beata speranza di traghettare la Chiesa di Roma dall'inquieto tramonto del secondo millennio all'alba incerta del terzo, il Papa vede consumarsi ogni giorno l'ingiustizia che invano denuncia. La caduta del Muro, al quale egli ha certamente assestato la spallata decisiva, ha (forse) atomizzato quello che Reagan definì l'Impero del Male ma sulle macerie del marxismoleninismo è cresciuta una nuova erba zizzania. Quel «capitalismo selvaggio» che il Papa condanna eticamente e gli economisti tecnicamente bocciano. Senza appello. Stretto com'è fra l'impazienza dei vescovi e l'indifferenza dei governanti, il vecchio Pontefice sembra patire l'assenza d'una (ideale) cinghia di trasmissione capace di mediare il suo messaggio di pace. Ieri mattina, finito il colloquio privato, Arafat ha chiesto, «pubblicamente», al Papa di pregare per il popolo palestinese. E lui, Giovan- La ni Paolo II, con voce fonda: «Certamente pregherò per lei, per la sua nazione, per il suo popolo», ha detto e per un attimo il bastone al quale s'appoggiava è sembrato animarsi. Nessuno, credo, si sarebbe stupito se il Papa, come Mose, lo avesse scagliato contro una parete damascata della sala contigua al suo studio, per farne spicciare l'acqua lustrale della pace. Ma ogni miracolo ha la sua storia e la Storia non sempre si ripete. Di questa terribile banalità sembra essersi reso conto Yasser Arafat. Attore consumato, stregone della politica egli ripete frasi standard nella certezza di compiacere i suoi interlocutori. Eccolo, infatti, apparentemente convinto, dire a Berlusconi, a D'Alema, a Prodi, a Dini eccetera che il popolo palestinese, la nazione araba non auspicano ma sollecitano un impegno «più vigoroso» dell'Europa, per la salvezza del processo di pace. Ancorché fisicamente malmesso e verosimilmente piagato da una frustrazione invasiva, il vecchio al Walid (il Padre) dei palestinesi è abbastanza lucido da sapere che un intervento politico dell'Europa scorrerebbe, oggi come in passato, sul marmo della leadership israeliana. Più volte e non senza visibile fastidio, ci siamo sentiti ripetere da quei governanti di non mettere i piedi nel piatto arabo-israeliano. Quando Arafat parla di impegno «più vigoroso» sottintende chiaramente l'abolizione della clausola di Paese più favorito dal Mercato comune europeo. Ci prova, ecco, ma senza farsi illusioni poiché sa benissimo che nessun paese d'Europa oserebbe penalizzare tanto duramente Israele. La vecchia Europa è cinica finché si vuole ma non immemore delle sue colpe antiche. Il Consiglio di sicurezza si dice «preoccupato» della progressiva, sistematica occupazione di GerusalemmeEst, quella araba, da parte dei coloni israeliani. Perché non «indignato»? Semplicemente perché gli Stati Uniti non avrebbero lasciato passare una dura condanna di Israele. Qualcuno vuole hi un po che almeno la metà degli israeliani pretendano la pace tout court, realizzando che la sicurezza nessuno potrà mai garantirla, nemmeno Netanyahu, delle cui «gesticolazioni» tutti sarebbero oramai stanchi. Sarà, ma è un fatto che le «gesticolazioni» hanno irrobustito in Parlamento il primo ministro, e non è detto ch'egli non stia recuperando consensi nel Paese. Tutto ciò Arafat lo sa benissimo: non inganni, ripeto, il suo aspetto fisico. (Il primo a diagnosticare la cosiddetta malattia psicosomatica fu l'arabo Avicenna, Ibn Sina: 980-1037). E sa che può affidarsi soltanto alla sua pessima salute di ferro: il giorno in cui Israele capirà che la sua infermità non è terminale si rassegnerà (forse) a sgomberare la Cisgiordania. Non importa in quale mi stira: basterà comunque ad Arafat per piantare il seme del futuro Stato arabo di Palestina. Certo, il momento in cui il vecchio Papa e il vecchio fedayn si incontrano è «drammaticamente epocale», tuttavia un antico proverbio semitico dice che quando tutto sembra finito, rimane pur sempre il futuro. Igor Man

Luoghi citati: Cisgiordania, Europa, Israele, Palestina, Stati Uniti