Sbarrata la via del ritorno

Sbarrata la via del ritorno Sbarrata la via del ritorno Una rete di trappole esplosive per «pulire» la regione dai profughi ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO II presidente jugoslavo Milosevic ha dato ordine di disseminare di mine il confine tra il Kosovo e l'Albania: in questo modo i profughi albanesi che sono stati costretti ad abbandonare la regione per sfuggire ai bombardamenti delle truppe di Belgrado non potranno ritornare alle loro case, e chi vuol fuggire dovrà prendere la strada per la Macedonia. Lo ha rivelato ieri il «New York Times» citando le testimonianze di osservatori internazionali stazionati lungo la frontiera tra i due Paesi, e la notizia è stata confermata poco dopo dal ministero degli Interni di Tirana e dallo stesso primo ministro Fatos Nano, il quale ha precisato che genieri dell'esercito jugoslavo stanno minando anche i sentieri di montagna del Kosovo meridionale utilizzati dai profughi per raggiungere il confine albanese. Secondo i servizi di spionaggio, l'obiettivo di Milosevic è isolare la regione e impedire all'Esercito di liberazione clandestino di rifornirsi di uomini e armi dal Paese vicino. «Dal punto di vista militare l'operazione ha un senso, ma Milosevic sta nuovamente seminando la guerra», ha dichiarato al quotidiano americano un osservatore europeo. Il conflitto rischia infatti di allargarsi alla Macedonia (che confina con il Kosovo Sud-orientale), l'ex Repubblica jugoslava nella quale più di un terzo della popolazione è di nazionalità albanese. Gli Stati Uniti sono particolarmente preoccupati, perché nel contingente Onu stazionato in Macedonia ci sono centinaia di soldati americani. Sul terreno gli scontri diventano ogni giorno più violenti. Le forze serbe continuano a bombardare i villaggi intorno a Djakovica, vicino al confine albanese, ma anche i paesi intorno a Drenica, nella parte centrale della regione. Ieri due poliziotti serbi sono stati uccisi nei pressi di Obilic, a poca distanza dal capoluogo del Kosovo, Pristina. Secondo fonti albanesi nelle ultime ventiquattr'ore sono morti cinque albanesi e sette serbi. E l'Uck, l'Esercito clandestino di liberazione del Kosovo, ha nominato un portavoce ufficiale che avrà il compito di gestire le comunicazioni con l'opinione pubblica straniera in modo da evitare «malintesi e incomprensioni». Il portavoce, Jakup Krasniqi, sarà inoltre incaricato di svolgere una campagna per ottenere aiuti finanziari agli albanesi emigrati all'estero e sostenere la lotta per l'indipendenza. I media indipendenti di Belgrado riferiscono che numerosi genitori serbi protestano perché non vogliono che i loro figli vengano inviati a combattere nel Kosovo: «Mandano i nostri figli a morire - dicono - mentre tengono i loro ben protetti a Dedinje», il quartiere elegante di Belgrado dove vive il presidente Milosevic. Descrivendo i funerali di un giovane militare ucciso nella regione, il quotidiano «Danas» cita le parole di una madre: «Ragazzi, fuggite dalla guerra, meglio la prigione che la morte». I Ingrid Badurina

Persone citate: Fatos Nano, Jakup Krasniqi, Milosevic