Kohl telefona al premier, ma non lo convince di Enrico Singer
Kohl telefona al premier, ma non lo convince Rimane la frattura dopo l'accoglimento dei deputati di Forza Italia nel gruppo europopolare Kohl telefona al premier, ma non lo convince //presidente del Consiglio sta pensando ad un «Ulivo europeo» ROMA. La telefonata arriva di primo mattino. Sono passate da poco le 8,30 e Prodi, di ritorno da Bologna, è in macchina tra Ciampino e Palazzo Chigi dove alle 10 è in programma il Consiglio dei ministri. «Guten morgen, lieber Romano...». C'è Kohl dall'altra parte del telefono che augura buon giorno al «caro Romano» e cerca di smussare le asprezze della rottura tra il capo del governo italiano e il Ppe dopo lo sbarco di Berlusconi nel Grande Centro europeo. Una telefonata «affettuosa», racconta il portavoce di Palazzo Chigi. Ma «affettuosa» non vuol due anche costruttiva. Tanto che l'assenza di Prodi alla cena dei leader popolari di domani sera a Cardiff è confermata. Prodi parteciperà al vertice europeo che comincia lunedì mattina, ma al «prologo» dei massimi esponenti del Ppe non ci sarà. «Il problema è di sostanza», dicono gli eurodeputati de) Ppi che a Bruxelles hanno combattuto contro l'arrivo degli azzurri. Non solo. Lamentano anche una certa «doppiezza» dei tedeschi e degli spagnoli che, a parole, mostrano di comprendere la situazione italiana e promettono grande tatto, ma poi, nei fatti, «vanno avanti come treni». Pierantonio Graziani, uno degli otto vicepresidenti del Ppe, ricorda un episodio esemplare. «Lo spagnolo Galeote e il tedesco Poettering volevano votare su un'adesione di gruppo e non, come era nei patti, sull'adesione personale dei deputati di Forza Italia. A Galeote ho detto: non credo che il capo del tuo partito, Aznar, sia un magliaro, perché con Marini ha preso degli impegni precisi. E a Poettering, che faceva finta di non capire, ho detto: non vorrei che fosse vera quella etichetta di testoni che, a torto, viene affibbiata ai tedeschi». La vera questione, insomma, non è tanto l'allargamento del gruppo del Ppe a Forzai Italia che segue, del resto, l'ingresso dei conservatori inglesi - quanto l'atteggiamento dei tedeschi e degli spagnoli nei confronti delle componenti moderate e conservatrici entrate in quello che era, in origine, il partito transnazionale democratico cristiano. «Il Ppe è diventato un contenitore», dice Gerardo Bianco, presidente del Ppi. E se questo contenitore si riempie sempre più di forze di destra, la miscela dei partiti rischia di precipitare. Tra le dichiarazioni del presidente del Ppe, Wilfried Martens, quella che ha preoccupato di più Prodi è: «Mai più opposizione da destra». Per Martens vuol dire bloccare nell'europarlamento la nascita di una coalizione come quella che Forza Italia, neogollisti francesi e Fianna Fail irlandese stavano organizzando. Ma per i popolari italiani e per Prodi significa non porre più «con- firn a destra» al Ppe. E' sulla linea futura del Partito popolare europeo che si è ormai spostato lo scontro. E l'atteggiamento duro scelto da Romano Prodi fa parte delle grandi manovre che precedono la battaglia. Che si accenderà di nuovo quando Martens sottoporrà - come ha promesso - agli organi dirigenti del Ppe la questione dell'allargamento dei vertici europei anche ai leader dei partiti non al governo, come è il caso di Berlusconi. Il prossimo vertice è in programma per dicembre a Vienna. Ma prima di allora ci saranno state le elezioni in Germania e tutti gli equilibri interni potrebbero cambiare. Ma se così non fosse, qualcuno già ipotizza che l'addio di Prodi al Ppe potrebbe diventare definitivo e che si moltiplicherebbero gli sforzi per far nascere quell'«Ulivo europeo» che, ora, è ancora un'ipotesi di scuola. Silvio Berlusconi sembra augurarselo. «Tutta questa vicenda ha messo in evidenza come non si possano giocare due parti nella stessa commedia», ha detto il leader di Forza Italia. «Non si può stare con un piede da una parte e con un piede dall'altra: con i moderati in Europa e con la sinistra comunista in Italia. Una persona coerente dovrebbe scegliere: o di qua o di là». Enrico Singer
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