D'Alenici e Fini: un altro no a Di Pietro

D'Alenici e Fini: un altro no a Di Pietro Il senatore: potevo raccogliere 500 mila firme da solo. I leader confermano: non aderiamo D'Alenici e Fini: un altro no a Di Pietro E sul referendum sale la tensione ROMA. Antonio Di Pietro considera il referendum anti-proporzionale come una sua creatura, e si ribella all'idea che altri possano sfilargliene il brevetto. Ieri l'ex pm si è sfogato in un'intervista al Corriere della Sera contro «certi opinionisti», i quali «sostengono che il referendum sia cosa buona e giusta, ma bisogna toglierlo a Di Pietro». Questa tesi, argomentata da Luigi La Spina sulle colonne de La Stampa, muoveva tra l'altro dalla constatazione che il senatore dell'Ulivo, in fondo, è solo uno degli 89 promotori di una campagna sostenuta anche da settori della società civile, della cultura, dell'impresa. Eppure, è stata bollata dall'interessato come un «insulto illegittimo». Accusa Di Pietro con toni da requisitoria: «Perché, se il referendum è una buona cosa, diventa marcio se ci sono io? Che ho fatto di male? Mani Pulite, forse?». In verità l'ex magistrato, lanciatosi nella campagna referendaria fino al punto da subirne lo stress psico-fisico, intravede ormai la possibilità di tagliare da solo, senza soste gno di Fini, D'Alema o chicchessia, il traguardo delle 500 mila firme. «Ancora dieci giorni», annuncia, «e sono cosa fat ta». A quel punto, il referen dum anti-proporzionale po trebbe diventare il «referen dum Di Pietro», trampolino di lancio per ulteriori campagne e ambizioni. Logico che egli veda come fumo negli occhi la possi bilità che altri esponenti politi ci gli vengano in soccorso. Anzi, con una perentoria rivendicazione di paternità, Di Pietro dà l'impressione di tenere alla larga quanti potrebbero dargli una mano. «Bisogna che cada qualche ipocrisia», ha detto al Corriere, «il mio movimento l'Italia dei valori, da solo potè- va raccogliere le 500 mila firme». Aver collaborato con Segni, Occhetto, molti industriali, diventa quasi un atto di magnanimità. E per far cadere i residui dubbi sulle sue reali intenzioni, Di Pietro assesta un calcio a D'Alema e Fini definendoli «cincischiatoli»: che non è propriamente un modo per invogliarli a collaborare. Il «calcio» ha ottenuto gli effetti desiderati, se è vero che Massimo D'Alentà ieri ■"■ha escluso di voler appoggiare il referendum antiproporziona¬ le. La Quercia intende spendersi, semmai, per quello di Passigli, che punta a eliminare il meccanismo dello scorporo dall'attuale legge elettorale. Tra Di Pietro e Bertinotti, ostile al sistema elettorale maggioritario, D'Alema in questa fase preferisce tranquillizzare il secondo. Gianfranco Fini, per parte sua, si mostra infastidito dai «toni ultimativi e arroganti» dell'ex simbolo di Mani Pulite. E poi, secondo il presidente di An, «Di Pietro non può dire che il referendum toglie di mezzo la proporzionale, perché purtroppo non è così: modifica soltanto il modo con cui per la Camera è attribuito il 25 per cento di recupero proporzionale». Insomma, se con Fini e D'Alema c'era un solco, dopo l'intervista al Corriere è diventato un fossato. Logico che l'uscita dipietrista non sia stata apprezzata dai compagni di cordata. Irritatissimo, Mario Segni (padre non meno legittimo del referendum) si è chiuso in un eloquente silenzio. Hanno urlato di rabbia, invece, quegli esponenti del Polo come Urso, Savarese, Basini, Calderisi, che pur di partecipare alla campagna referendaria avevano sfidato il no del Cavaliere. A titolo di ringraziamento, sono stati messi alla porta e trattati come «quelli che si fanno vedere ogni tanto per farsi fotografare». Su di loro hanno infierito poi i supporter di Di Pietro: «Invece di sprecare tempo, vadano in strada a raccogliere le firme», li ha esortati ad esem pio Rino Piscitello. E pur tra queste polemiche, la raccolta procede. Per il fine settimana si annunciano tre giorni di mobilitazione straordinaria con 1000 tavoli per 100 mila firme (finora ne sono state raccolte 250 mila). I centra lini del comitato promotore sono andati in tilt dalle chiama te. Ieri sera lo stato maggiore referendario (ma non Di Pietro) ha messo un banchetto al Pantheon. L'ex presidente della Confindustria, Luigi Abete, ha raccolto adesioni perfino durante la partita Italia-Cile. E stamane Occhetto andrà al mercato romano di Centocelle per convincere massaie e commercianti. La rincorsa continua. Ugo Magri REFERENDUM PROPOSTA SEONI-DI PIETRO Vuole eliminare del tutto la quota proporzionale e la scheda di voto su liste di partito. Il 25 per cento - adesso diviso in misura proporzionale tra i partiti dovrebbe venire assegnato attraverso un sistema che «ripesca» i migliori dei non eletti in ogni circoscrizione A CONFRONTO PROPOSTA PASSIGLI Vuole l'abolizione del meccanismo dello «scorporo» dalla legge elettorale. Lo «scorporo» sottrae dal computo della quota proporzionale i voti ottenuti dai candidati vincenti nei collegi uninominali: attenua quindi l'effetto maggioritario dell'attuale sistema

Luoghi citati: Centocelle, Cile, Italia, Roma