Tyson: «Addio ring ora mi do al rap» di Giuseppe Ballaris
Tyson: «Addio ring ora mi do al rap» L'ex pugile fonda un'etichetta discografica Tyson: «Addio ring ora mi do al rap» NEW YORK. Pare proprio che Mike Tyson si vedrà sempre meno sul ring, e sempre più in sala d'incisione. Non si sa ancora bene quando, ma presto, un paio di mesi al massimo, il famoso pugile presenterà gli artisti della sua neonata etichetta discografica, «Tyson Records» (nel logo la «0» del cognome è un microfono). Finora sono stati ingaggiati i Protégé, un trio di rhythm and blues, di Baltimora; il rapper Prince (nipote di Tyson); il vocalist Jack Spade; le cantanti Trevanne Howard e Donnie (sedici anni, viene da LaFace Records, di Babyface e L. A. Reid). Saranno assistiti dal rapper Eric B. e dall'ex dirigente di Jodeci, Devante Swing. «Porteremo questo gruppo di giovani artisti in vetta alle classifiche - dichiara Tyson - e il risultato sarà spettacolare!». Tyson ha pure reclutato Bryce P. Wilson, il produttore di Groove Theory. Vicepresidente e general manager dell'etichetta è il ventottenne Michael «Blue» Williams. Consulente è Irving Azoff (che ha lavorato con Eagles, Steely Dan e Brian Wilson); e, come consulente legale, John Branca, già con Michael Jackson e i Rolling Stones. Infine, trattative per la distribuzione sarebbero in corso con Sony Records ed altri colossi musicali. Il trentaduenne Tyson spiega: <cAdesso sto facendo cose che avrei già voluto fare un bel po' di tempo addietro, ma non potevo. Da sempre amo la musica, ma non me ne sono mai potuto occupare perché non trovavo il tempo; e ora, che di tempo a disposizione ne ho, scelgo di divertirmi». Divertimento, ma non solo. «Sono veramente inserito nel mondo della musica - spiega l'ex pugile -, per vent'anni ho conosciuto rappers: Grandmaster Flash, Grand Wizard Theodore...». Dove affondano le sue radici musicali? «Nell'hip hop, non c'è dubbio. Mi è estremamente famigliare: non tanto il business, quanto gli artisti. So di cosa hanno bisogno i musicisti, perché al momento non sono rispettati abbastanza. Basta dare un'occhiata alla storia dello spettacolo dei neri, per rendersene conto. Sono stati trattati in malo modo; e devono sapere che c'è qualcuno intenzionato a difenderli, qualcuno che li protegga, perfino da loro stessi, e li sappia indirizzare. Molti tra noi sono ragazzi di strada, con cattive abitudini sin dall'infanzia». Parla, ovviamente, anche di sé: «Avevo 10-11 anni quando finii in prigione, e tutto ciò che avevo era la musica, combattevamo con la gente e ci divertivamo. Oggi abbiamo creato l'industria del rap, ma non abbiamo nessun controllo sul destino della musica». Giuseppe Ballaris Mike Tyson
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