Villa Melzi minacciata da una fogna. Vino, etichetta da piangere

Villa Melzi minacciata da una fogna. Vino, etichetta da piangere lettere AL GIORNALE Villa Melzi minacciata da una fogna. Vino, etichetta da piangere La battaglia per salvare un bene culturale Sono una ragazza tedesca che ama molto l'Italia e conosce la sua cultura abbastanza bene. Ultimamente sono ritornata nel vostro Paese e ho visto in tv una trasmissione di Vittorio Sgarbi sulla Villa Melzi d'Eril a Bellagio che conosco e di cui mi è rimasto un ricordo molto bello. Ora, come ho scoperto, la villa è oggetto di una battaglia fra il Comune e il proprietario conte Gallarati Scotti, perché il Comune usa un antico canale nel giardino come parte della nuova fognatura. E infatti, dopo due giorni di pioggia il parco con i suoi alberi secolari si è riempito di acque puzzolenti. Sono rimasta scioccata dal fatto che un bene culturale di questo valore e di questa bellezza finisca nella spazzatura, grazie a un Comune che non rispetta né il veto della Sovrintendenza, né i diritti del proprietario, né il pericolo che incombe non solo sullo splendido giardino della villa, ma anche sulla baia di Bellagio. Vorrei denunciare un fatto increscioso: la distruzione di un posto così amato da artisti come Liszt e Stendhal, da politici di tutta l'Europa, ma soprattutto da tanti turisti, sarebbe una fine molto triste e un danno irreparabile per una zona bellissima d'Italia. Magdalena Mertens, Berlino Anche lo zucchero nuoce alla nostra salute Abbiamo torto a credere che le riforme in Italia non si fanno; la Costituzione può aspettare, ma la solerte Commissione Affari Sociali, dopo mesi di duro lavoro, ha deciso che sulle bottiglie di vino si dovrà scrivere «Attenzione! il vino è pericoloso per la tua salute!» e questo per assicurare e garantire meglio la salute dei cittadini italiani, che solo grazie a questa illuminata classe politica possono sopravvivere. Dopo le mirabili, ricorrenti «riforme» delle targhe delle auto che tanto hanno inciso sulla qualità della nostra vita, ora si apre per i nostri politici un nuovo filone. Non c'è vera¬ mente limite al ridicolo - se non ci fosse da piangere. Saranno contenti i bravi produttori di vino del paese che ne produce di più al mondo, contenti dell'aiuto insperato che riceveranno da questa riforma. Ma perché non scrivere frasi simili anche sulla birra, sullo zucchero, sulle uova, sul burro, per poi passare ad altri articoli come le prese elettriche, le lampadine, i coltelli, gli schiaccianoci, gli aghi, i martelli, le biciclette, tutto può essere pericoloso per la nostra salute, se non si ragiona con il proprio cervello. E poi ci si meraviglia se a votare ormai ci va sì e no il 50% della gente. G.Menzio, Roma gimenzio@tin.it I film italiani svuotano le sale Sono completamente d'accordo con quanto scrive Massimo Gramellini sul cinema italiano nel suo articolo «Dietro il trionfo del giullare» pubblicato il primo giugno. La verità nuda e cruda è questa: i film italiani, nella quasi totalità dei casi, non va a vederli nessuno. L'articolista ha però dimenticato di precisare che la produzione di buona parte dei film che poi sarà vista solo «dai parenti del regista», è resa possibile soltanto da consistenti sovvenzioni governative. Spesso questa produzione allegramente foraggiata con il denaro pubblico non riesce a recuperare al botteghino nemmeno i costi. Ma non importa: tanto è denaro della collettività. L'ultimo esempio clamoroso è stato Totò che visse due volte. Per produrre questa cloaca maleodorante che si è rivelata uno dei più clamorosi flop della storia del cinema ed è scomparsa subito dalla programmazione perché il pubblico non è fesso, i produttori hanno incassato dallo Stato un miliardo e cento milioni. Secondo Veltroni questo significa aiutare l'arte. Solo lui afferma che gli incassi dei film italiani sono aumentati negli ultimi tempi. Addurre come giustificazione palesi errori di politica di programmazione è solo un pretesto; vero è che spesso i film italiani scompaiono dalle sale prima che gli spettatori ne vengano a conoscenza, ma dipende dal fatto che se il proprietario della sala si ostina a proiettarli per più di 2, 3 gioni a locale vuoto rischia la bancarotta. Dire quali sono i motivi della totale disaffezione dello spettatore per i nostri film non è poi granché difficile. Anzitutto il paragone con la produzione americana, e non solo americana, che sembra appartenere ad un altro pianeta. Gli ingredienti della nostra cinematografìa sono sempre gli stessi. I protagonisti sono quasi sempre «politicizzati»: hanno ancora nel cuore la bandiera rossa, il Che, il '68: essendo intellettuali hanno il dovere di parlare «difficile». Spesso il povero spettatore per un intero film è co stretto a sorbirsi dialoghi alluci nanti di personaggi contorti al limi te della paranoia che pur essendo «pentiti» rimpiangono nell'incon scio <dl sol dell'avvenire» che pur troppo per loro e fortunatamente per l'umanità non sorgerà più. Giuseppe Sortino, Ragusa Malavitosi immigranti giusto ribellarsi Desidero dire due parole al prefetto di Milano su ciò che si è permesso di dichiarare ai giornali in merito alla ribellione di un quartiere milanese contro la prevaricazione continuata da parte di cittadini stranieri residenti a Milano a vario titolo. Egli parla di persone «sobillate e organizzate contro gli extracomunitari»: come si vede che la sua conoscenza dei problemi della città che lei ha mandato governativo di tutelare nella materia ordine pubblico e sicurezza è superficiale. Certo, in tutte le manifestazioni di piazza si può infiltrare qualche personaggio che invece di perseguire il bene comune si fa gli (sporchi) affari suoi, ma queste eventuali minoritarie presenze nulla tolgono all'amara ribellione di dttadini onesti che si sentono abbandonati dallo Stato. Le grandi città del Nord sono ostaggio, nei centri storici e nelle periferie, di una invasione programmata da organizzazioni malavitose straniere già radicate sul nostro territorio, che nulla ha a che vedere con la presenza di immigrati onesti, i quali soffrono essi pure della stessa insicurezza e dei disagi che opprimono i cittadini autoctoni. A Genova, dove il massimo problema ha sede nel centro antico (e preciso che gli immigrati irregolari non sono alcune migliaia ma almeno diecimila, secondo stime della questura, e che molti regolari delinquono) le stesse Comunità straniere hanno pubblicamente protestato associandosi alle proteste dei comitati cittadini, e dicendo: «via chi, straniero, delinque o vive di illegalità». Fiorella Mer elio Guarnero Genova La tv, pagamento senza uscita Una storia di ordinaria soperchieria quale quella esposta dal lettore Baronessa di Siracusa (29 maggio) è stata vissuta anche da me. Nel 1996, pagato il canone annuale, mi sono trasferito in agosto nell'appartamento di mio fratello. Per il '97, ho comunicato tale situazione disdettando l'abbonamento a mio nome e pagando l'annualità sul ruolo del congiunto. L'Urar di Torino mi ha tuttavia imposto di pagare, con lo stesso metodo ingiuntivo, una somma corrispondente a sei mesi del '97, che fra more e addebiti vari, ammontava a L. 115.000 circa, che ho pagato pur rimanendo nel sospetto di aver pagato una tassa ingiusta. Come si può essere costretti al pagamento di un canone non usufruendo di un servizio, non essendo addirittura nemmeno in possesso del relativo apparecchio? Credo che ciò possa essere reso possibile da una normativa, quella che disciplina gli abbonamenti alla Rai-Tv, che fondamentalmente risale al R.D.L. 21 febbraio 1938 n. 246, cioè a una legge di sessantanni fa, quando esisteva solo la radio. Come riportato sul libretto di iscrizione, sono previste solo due ipotesi di cessazione, o la cessione del televisore o il suggellamento. Entrambi da comunicare entro il 31 dicembre. Tali ipotesi sono ormai da considerarsi inesistenti, o ridotte ai minimi termini. Più frequentemente il vecchio televisore viene lasciato accanto ai cassonetti della spaz zatura, tanto che il Comune di Sa vona invita i cittadini a non ingombrare la città, chiamando l'apposito servizio di ritiro degli elettrodome stici da rottamare. Sarebbe interessante sapere quante cessioni e quanti suggella menti vengano denunciati con l'ap posita cartolina «D». Raffaele Ostimi Savona Le lettere yanno inviate^ a: ^LA STAMPA ''Via Marenco 32,10126 TORINO5* e-mail fax 011 -6568924