Maya, l'enigma ha le ore contate

Maya, l'enigma ha le ore contate Presentata la grande mostra che si aprirà a settembre a Palazzo Grassi Maya, l'enigma ha le ore contate Statue, maschere, incisioni della civiltà sepolta nella giungla —n ROMA NA stele alta più di tre metri, una statua di oltre due metri, una mascheri- I na in mosaico di giada di 2 centimetri, e affreschi, piatti, incisioni, tessuti, maschere votive, corredi funerari: sono 600 i reperti che Palazzo Grassi ha raccolto - grazie a prestiti concessi da musei di Messico e Guatemala, Honduras, Belize, Salvador, Costa Rica, Usa, Germania, Olanda, Gran Bretagna - per la grande mostra «I Maya» che verrà inaugurata il 5 settembre: «La più grande e completa che sia mai stata fatta su questa civiltà, il punto d'arrivo di tutti gli studi, tanto che non sarà possibile farne una analoga per i prossimi cinquant'anni», ha detto ieri nella sede dell'Accademia dei Lincei il professor Paolo Viti, direttore delle attività culturali della fondazione veneziana, presentando i percorsi che verranno offerti ai visitatori. Palazzo Grassi riconferma con questo appuntamento la sua vocazione alle grandi rivisitazioni delle civiltà del passato, che sempre hanno riscosso un vero successo di pubblico, come quelle sui Fenici, i Celti, i Greci in Occidente. Questa volta l'impegno è stato, se possibile, ancora più complesso. E' durato an- ni. Ha coinvolto i governi di alcuni Paesi, in primo luogo il Messico. Ha ottenuto che per la prima volta uscissero dai loro musei oggetti che mai erano stati visti altrove. E' riuscito a disegnare l'itinerario di una civiltà che si è protratta per 20 secoli (i reperti più antichi che appariranno nella mostra risalgono al 1000 a. C, quelli più recenti al 1400 d. C.) e ha investito un'area di circa 300 mila chilometri quadrati. Per molti sarà una strepitosa novità - come ha sottolineato Giovanni Pugliese Carratelli - «scoprire le somiglianze nei processi di organizzazione della famiglia, dei rapporti commerciali, delle istituzioni religiose fra questo mondo a noi così poco noto e le società dell'antico Mediterraneo». Un'altra novità sarà - per tanti - la scoperta che il mistero da cui per secoli è stata circondata la civiltà dei Maya si sta dissi- pando. «Tutto forse non lo sapremo mai. Resteranno enigmi aperti. Nei grandi falò su foglie d'agave gli spagnoli bruciarono quello che gh' riuscì. Quasi tutto», ha detto Viti. In pratica la ricerca archeologica è incominciata sistematicamente, su basi scientifiche, all'inizio del '900. «Le città, i templi erano nascosti nella giungla. Raggiungerli era impossibile, pericoloso. Il porto di Veracruz era un'autentica minaccia per la salute», ha ricordato Peter J. Schmidt, dell'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia di Città del Messico. Ci si muoveva avventurosamente. «Negli Anni Trenta un antropologo americano, Silvano Morley, riuscì a inoltrarsi nella foresta grazie ai finanziamenti della compagnia delle banane» ricorda Ismael Penedo, l'ambasciatore del Guatemala. E Mercedes de la Garza, direttrice del Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico, racconta: «La memoria di questa grande civiltà scomparsa non si è mai perduta. I conquistatori spagnoli, per fortuna, all'inizio dell'invasione fecero scrivere dai Maya in lingua latina la storia che si era trasmessa oralmente. Questo ci è di grande aiuto. Anche per comprendere quello che è rimasto - pochissimo - degli scritti Maya. La chiave per la lettura non l'abbiamo ancora trovata. E poi la lingua usata per le iscrizioni ufficiali doveva essere qualcosa di mediato fra le tante che si usavano in quell'ampio territorio. Attualmente i Maya che sopravvivono - con loro lavorano storici, antropologi, glottologi, studiosi delle religioni - parlano 28 lingue, che in comune hanno soltanto una radice, come ad esempio il francese, l'italiano, lo spagnolo. Dai documenti che si sono salvati molto adesso sappiamo della civiltà antica. Come il valore della divinità e quello dell'uomo, che erano al centro dell'organizzazione della vita: gli dei - si credeva esistono perché l'uomo li onora e li alimenta; la divintà quindi ha bisogno dell'umanità per sopravvivere e perpetuarsi; divinità imperfette, simboleggiate da figure stilizzate, prese dal mondo animale, da quel ricco intrico di natura in cui per secoli una cultura così complessa è continuata e si è trasformata. Una cultura che ha prodotto grandi risultati nel campo dell'astronomia, dello studio del cosmo, della matematica, della concezione dello spazio e del tempo». Liliana Madeo Monumenti Maya nello Yucatan

Persone citate: Giovanni Pugliese Carratelli, Greci, Ismael Penedo, Liliana Madeo, Paolo Viti, Schmidt, Silvano Morley, Viti