«La mia sfida all'Ulivo per rilanciare Milano»

«La mia sfida all'Ulivo per rilanciare Milano» INTERVISTA Cominciano oggi gli «Stati Generali» del capoluogo lombardo: dal confronto con le altre capitali ai progetti per Finanza e lavoro «La mia sfida all'Ulivo per rilanciare Milano» GMILANO ABRIELE Albertini, il sindaco pragmatico, enuncia: «Chi ha la responsabilità di amministrare una grande città come Milano, deve poterlo fare senza doversi sempre scontrare con le interdizioni della politica e degli apparati». Poi, schemi e lucidi in mano («Si rende conto? 19 mila 700 dipendenti comunali e non c'era il controllo di gestione!») sottolinea di essere «il primo, più convinto e integrale applicatore» della riforma Bassanini. E del resto, lunedì a Milano, nelle ore in cui a Roma si analizzava la sconfitta dell'Ulivo e Berlusconi lanciava la sfida a Prodi, Bassanini dichiarava - un chiaro segnale ai sindacati e alle sinistre - che bisogna sostenere la rivoluzione della macchina comunale avviata dalla giunta del Polo, una delle «esperienze pilota più avanzate». Ma c'è di più. Albertini, sindaco-imprenditore alla guida da un anno della più grande città governata dal centrodestra, forte di un consenso crescente nei sondaggi (ma il dato che lui ama ripetere è «195 a 80», i miliardi in più investiti dalla sua giunta rispetto alla Lega) ha invitato Prodi a chiudere sabato pomeriggio gli Stati Generali (tre giorni di dibattito sul futuro della città, 9 mila invitati, il cardinale Martini e 104 relatori, i sindacati ma nessun partito, tutto il gotha economico e finanziario). E non è un semplice gesto di buona creanza. Attacca: «Credo che Prodi abbia, infine, capito che noi facciamo sì politica ma politica per favorire Milano, non per un'area necessariamente ostile. Ci attendiamo dal governo un atteggiamento almeno analogo». Alleanza dichiarata con Bassanini, dialogo con il governo dell'Ulivo. Come deve essere letta questa sua linea in uno scenario in cui il Polo ha conquistato, soprattutto al Nord, città? «Ho visto diverse interpretazioni su ciò che è accaduto. Credo che un po' ovunque come qui e ora a Milano si tenda ad essere sempre più neutrali di fronte ai problemi. Lo schema per cui hai torto o ragione, a prescindere da quello che fai, a seconda dalla parte in cui stai, non regga più. Vince il candidato che fa la proposta più concreta. Non devo essere io a dire se a Milano siamo i migliori in terpreti di questo nuovo atteggiamento. Di certo noi - parlo per me e per chi mi lavora accanto - vogliamo essere i protagonisti di questa neutralità delle amministrazioni e quindi utilizziamo, senza pregiudi zi, tutto ciò che possa migliorare l'attività perché ciò che conta sono i risultati. Quindi, va bene la legge di un ministro dell'Ulivo se serve a far funzionare la macchina comunale; e va bene se un ex comunista, il ministro Napolitano ci manda 315 uomini per garantire più sicurezza ai concittadini. Facciamo accordi e speriamo di fare accordi con tutti: dal Polo all'Ulivo, dal Leoncavallo a Romiti e Tronchetti Provera. E lo facciamo non perché siamo senza morale ma perché siamo pragmatici e imprenditoriali. Siamo una grande impresa di servizio e azienda». Perché dice che Prodi ha, alla fine, capito la vostra linea? «Le racconto un episodio. Mesi fa, allora ci davamo del lei, per i rapporti di buon vicinato che si hanno tra datori di lavoro, gli telefonai per informarlo della mia intenzione di acquisire un suo collaboratore, Ste¬ fano Parisi, e affidargli la direzione generale del Comune. "Io dò fastidio a Forza Italia e Forza Italia dà fastidio a me, così mi frega Parisi", fu la sua prima reazione. Gli risposi: "Presidente, lei può collocarmi in questo ambito perché certo sono stato eletto da Forza Italia, però io le telefono come sindaco di Milano e penso che Parisi sia utile a Milano quale che sia la casacca del sindaco". Prodi rimase in silenzio. Ma da allora, e anche in colloqui recenti, dimostra di aver capito che sopra le nostre provenienze politiche, noi siamo istituzioni». Dato che per lei conta il risultato, ciò ha prodotto qualcosa? «Non abbastanza. Ci sono state assenze, nessuna autorità di governo è venuta a Milano, per le celebrazioni del Risorgimento e disattenzioni ben più concrete: dei 106 mibardi che avevamo chiesto per il Giubileo ne arriveranno solo 17. E ancora. Nonostante che Milano sia la capitale europea del volontariato con 25 mila persone che vivono di stipendio nel volontariato e 68 mila persone che prestano la loro opera gratuitamente, con le fondazioni e Sodalitas, ebbene l'authority del volontariato forse non ci verrà mai data. Di positivo? I buoni rapporti oltre con Bassanini, ricordo con orgogho che è un nostro consigliere comunale, con Napolitano (abbiamo firmato un protocollo d'intesa tra i più avanzati per il controllo delle forze di polizia sul territorio); con la Consob. E ancora. L'impegno di Burlando per i collegamenti di Malpensa 2000; la prospettiva di avere a Milano, nella città più europea, una Rai più internazionalizzata e, da ogni punto di vista, più europea»-. Il sottotitolo della vostra assise è «la rivoluzione del buon cittadino)). Un suggerimento del cardinal Martini, vero? «Sì, dovrei riconoscere a Sua Eminenza il copyright! Il Cardinale è un maestro, una guida, meno male che Milano ha una personalità così ricca». Significa forse che per una vera rinascita ambrosiana non basta il buon governo della città? O, per dirla come Montanelli, che il vero problema di Milano sono i milanesi? «Esattamente. Sono quelli che io chiamo i milanesi storpiati. Il milanese ha una sua storia, una sua natura che eccelle nel fare il suo lavoro, ma è rimasto arretrato nel rapportarsi con gli altri nell'essere un buon concittadino. Ha un atteggiamento critico verso la sua città, le piazze, le strade: le vuole pulite ma non fa nulla per tenerle pubte. E così con le istituzioni: Roma ladro- na, quindi tutto quello che c'è tra Roma e Milano è negativo. A chi mi chiede di volare alto e perché non costruisco piramidi o palazzetti dello sport rispondo che, secondo me, il primo obiettivo dell'amministrazione deve essere cambiare l'atteggiamento dei milanesi. Noi amministratori facciamo la nostra parte e invece che alle piramidi pensiamo alle buche nelle strade, agli 800 miliardi da spendere per la manutenzione mai fatta nelle scuole c in quartieri popolari dove dal 1912 nessuno aveva mai fatto manutenzione straordinaria». Cose concrete, fatti, il Comune come impresa. Bassolino, però, sostiene che un sindaco oltre ad amministrare bene deve saper interpretare l'anima della sua città, il suo spirito. «E chi non è d'accordo? Ma a parte che per come li conosco anche i sin¬ daci dell'Ulivo di provenienza politica - Rutelli, Vitali, Bassolino aspirano ad amministrare le città con pragmatismo anche se magari non lo dicono, si tratta di capire quale sia la vera anima di questa città. Un solo dato: su 232 miliardi che spendiamo per servizi sociali ben 25 sono destinati agli immigrati regolari che rappresentano meno del 10% della popolazione. Sappiamo cogliere certi fenomeni come opportunità, non solo come repressione. E' anche questo lo spirito della nuova Milano, ima città dalle molte facce, dalle molte eccellenze, dove c'è finanza, design, grandi università, laboratori, multimedialità, moda ma dove ci sono anche nuove povertà e immigrazione. E una città non è davvero eccellente se non sa anche essere solidale». Chiara Berla di Argentine invitato Prodi a chiudere i lavori perché anche lui ormai ha capito che vogliamo solo fare il bene della città e non gli siamo ostili ■■ A sinistra il sindaco di Milano Gabriele Albertini In basso a destra il presidente del Consiglio Romano Prodi ■ti Ma per una vera rinascita ambrosiana servirebbe più collaborazione dai cittadini Ogni tanto occorre più concretezza invitato Prodi a chiudere i lavori perché anche lui ormai ha capito che vogliamo solo fare il bene della città e non gli siamo ostili ■■ A sinistra il sindaco di Milano Gabriele Albertini In basso a destra il presidente del Consiglio Romano Prodi LE SPERANZE PEL SINDACO Albertini: risolviamo i problemi, non facciamo politica