I sandali del dittatore di Pierluigi Battista
I sandali del dittatore La storia dimenticata: a ruba negli Usa le calzature ispirate a Poi Pot I sandali del dittatore COSTANO soltanto sette dollari, ma si tratta di un prezzo più che abbordabile per mettere le mani su quello che si annuncia come il nuovo simbolo giovanile del romanticismo rivoluzionario antioccidentale: nientemeno che i «sandali alla Poi Pot». Per la modica spesa di sette dollari si sta infatti diffondendo tra gli studenti universitari Usa l'ultimo grido della moda ispirata all'esotismo politico: un paio di sandali, tali e quali a quelli indossati dai dittatore cambogiano sul catafalco frettolosamente allestito nel cuore della giungla e la cui immagine ha fatto il giro del mondo. Sette dollari sono pochi. Ma è molto, molto significativa la rapidità con cui, attraverso un paio di banalissimi sandali, si sta procedendo a tempo di record alla beatificazione iconica di uno dei più efferati massacratori del nostro tempo. In passato fu un film, Urla del silenzio, a divulgare presso le masse di un Occidente distratto e svogliato l'incubo di una dittati!- ra sanguinaria che aveva provocato lo sterminio di oltre un terzo della popolazione cambogiana. Da quel momento l'immagine che meglio sembrava riassumere la natura di Poi Pot e del terrore instaurato dai suoi khmer rossi era la montagna di teschi ritrovati dove un tempo erano ubicati i lager della Cambogia. Ma i ricordi dell'orrore sbiadiscono con velocità fulminea e il loro posto viene occupato dall'immagine edulcorata e innocua di un combattente. Il massacratore viene ridotto ad icona. La sua figura viene destorificata e ridotta alla dimensione di un paio di simboli alla moda. Come se Poi Pot fosse un nuovo Che Guevara e il suo volto potesse comparire su poster e t-shirt dei giovani del mondo ricco ma affamato di simboli. Peccato per quei milioni di scheletri cui sono ridotte le vittime del grande massacro polpottista. Nemmeno un paio di sandali possono indossare. Pierluigi Battista
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