Scalfaro duro con Jiang

Scalfaro duro con Jiang Il Presidente a Pechino chiede conto al leader cinese anche del traffico degli organi dei giustiziati Scalfaro duro con Jiang Su diritti umani e pena di morte PECHINO DAL NOSTRO INVIATO Ventini colpi di cannone a salve in onore dell'ospite straniero: l'eco divampa sotto 0 cielo basso e rimbalza contro le facciate dei palazzi offuscate dal pulviscolo che avvolge piazza Tienanmen. In un giorno di giugno del 1989, uguale ad oggi, nella immensa scenografia di quest'angolo di Pechino gli spari erano veri: i nutra e i carri armati siglavano un massacro gettando davanti agli occhi del mondo un estremo tentativo di liberazione soffocato nel sangue. Oscar Luigi Scalfaro, primo capo di Stato italiano a volare in Cina, diciotto anni dopo Pertini, incomincia di qui la parte ufficiale della sua visita. Ma la piazza Tienanmen che sceglie come inizio vero e ostentato del suo viaggio, non è questa, retorica, piena di inni e di bandiere e dalla quale i militari hanno allontanato, per l'occasione, tutta la gente: è quella in cui, l'altro pomeriggio, appena atterrato da Roma, ha voluto recarsi «a pregare» come semplice cittadino: un gesto dichiaratamente simbolico che, certo, è suonato con qualche allarme nei palazzi della politica cinese. Preoccupazione legittima perché il Presidente depone sul tavolo dell'uomo più potente del Paese, Jiang Zemin, capo del partito comunista, delle forze armate e dello Stato, tre questioni pesanti come macigni che i toni obbligatoriamente felpati della diplomazia non riescono a rendere meno grevi: il problema dei diritti umani, quello della libertà religiosa e quello della pena di morte. Una triade di argomenti nella quale si impiglia il difficile itinerario della Cina verso la completa emancipazione democratica e che, con particolare riferimento alla libertà di espressione, sarà probabile tema anche dei colloqui di Clinton che giungerà tra 15 giorni a Pechino. Jiang Zemin dissimula con impassibilità il comprensibile imbarazzo per le considerazioni che Scalfaro gli propone in un «intervento lungo e dettagliato». E, in risposta, offre all'ospite una riflessione alternativa: «I diritti civili sono anche sfamare, vestire e dare un tetto ad una popolazione che si affaccerà al terzo millennio con un miliardo e trecento milioni di abitanti». Una sorta di «prima vivere, quindi fare filosofia» che lo stesso Scalfaro chiosa, più tardi, fuori dell'ufficialità davanti alla tomba di uno dei primi evangelizzatori di questa terra, il gesuita Matteo Ricci: «E' vero, in certe circostanze non servono solo i "do di petto" dei grandi princìpi». Ma l'ammissione non cancella «le opinioni divergenti» emerse al palazzo della Assemblea Nazionale del Popolo quando, con implacabile seppur garbatissima determinazione la delegazione cinese si è sentita incalzare sulla madre di tutti i problemi: la violazione dei diritti umani. «Relazione dettagliata ed ascolto intensissimo» è la sintesi che il Presidente fa dell'incontro con Jiang Zemin. Poi scende nei particolari e confida che, ad un certo punto, il capo dello Stato cinese gli ha detto: «Vede, sia io che il mio predecessore siamo ingegneri», quasi ad opporgli la considerazione che chi si deve occupare di cose concrete ha poca dimestichezza con le questioni umanistiche o umanitarie. Lo Scalfaro che da sempre vede la difesa della perso¬ na umana come punto di convergenza del proprio spirito di cattolico e del proprio impegno di politico, si impenna: «Gli ho risposto: "Caro Presidente, la matematica nasce da una scuola filosofica. A proposito dei diritti umani, poi, non esiste concetto fondamentale come quello dell'equilibrio per indicare la parità delle condizioni. E, quindi, anche se siete tutti ingegneri ..."». La frase resta sospesa, ma la lezione è chiarissima. E durissima. Appena attenuata da una concessione («Il mondo va avanti a piccoli passi») subito, però, si riaccende con un riferimento all'inutilità della pena di morte: «Il fatto che il numero delle condanne non scenda, di anno in anno, significa che la paura del supplizio non è un deterrente». Scalfaro ripercorre il colloquio con puntiglio di cronista: ricorda che, anche alla luce di un'interpellanza del Senato italiano, con il capo dello Stato cinese si è discusso di espianto di organi dei giustiziati («Ha negato che esista») e, soprattutto, della difficoltà che la Cina incontra nel darsi nuovi modelli di sviluppo. Il tempo per una domanda: Presidente, ma Jiang Zemin come ha reagito di fronte a questa dichiarata divergenza di opinioni sui grandi temi? «Mi ha risposto: "Apprezzo molto la sua franchezza che è la virtù dei buoni politici"». Renato Rizzo «Mi ha detto: sia io che il mio predecessore siamo ingegneri, non filosofi. Ho risposto che la matematica è figlia della filosofìa» GLI APPELLI DEL PRESIDENTE 20 LUGLIO 1997. In Arabia Saudita Scalfaro solleva con le autorità i temi della libertà religiosa per la quale non esiste «parità di condizioni» e della pena di morte. 1 GENNAI01998. Scalfaro scrive in un messaggio al Papa: «I richiami di Vostra Santità sul nesso inscindibile tra pace e giustizia, e sul rispetto dei diritti umani come fondamento delia pace, devono indurci tutti a riflettere». 1 MARZO 1998. Rispondendo a una lettera di Salvi sulla libertà religiosa in Cina, Scalfaro assicura il suo impegno: «Penso anche ai diritti delle minoranze, ai diritti politici, alla libertà di coscienza». 7 MARZ01998. In un messaggio per |'8 marzo Scalfaro dice: «Unisco la mia voce a quelle che invocano per le donne, che in tante parti del mondo ancora soffrono discriminazione e oppressione, l'avvento dei diritti fondamentali». Il presidente della Repubblica Scalfaro e il leader cinese Jiang Zemin sfilano sulla Tienanmen

Luoghi citati: Arabia Saudita, Cina, Pechino, Roma