Battaglia all'arma bianca nel Tigrai

Battaglia all'arma bianca nel Tigrai Ma l'Etiopia replica: a Zalambessa hanno attaccato gli eritrei. In arrivo il mediatore Serri Battaglia all'arma bianca nel Tigrai Asmara: attacco respinto ADDIS ABEBA DAL NOSTRO INVIATO Il sole non era ancora spuntato dai monti dell'Agame quando lo sferragliare dei cingoli ha spezzato il silenzio. I carri T54 e T55 arrivavano da Sud, con la tattica dell'attacco in massa, quello studiato sui vecchi manuali dell'Armata Rossa. Le 5,30 di una giornata torrida, anche il cannone fa sentire la sua voce e le fortificazioni poste dagli eritrei a difesa di Zalambessa sono martellate da salve continue. E' una battaglia aspra, feroce, che si concluderà senza un vincitore o uno sconfitto sicuri. Come non è certo neppure chi abbia sparato la prima raffica. Da Asmara sono stati rapidi a rilanciare la notizia di una «offensiva etiopica», naturalmente respinta. E un ufficiale eritreo ha detto che alcuni villaggi appena sotto la frontiera «sono in mano nostra e attacchiamo con un'incredibile violenza di fuoco. Loro rispondono». Ma pure gli etiopi hanno dichiarato di avere ricacciato indietro un attacco del nemico. La battaglia infuriava, in ogni modo, e l'eco dei colpi di mortaio e dei cannoni dei carri arrivava fino ad Adigrat che è diventata la retrovia di questo fronte. Il possesso di Zalambessa, una cittadina ormai quasi deserta, è per entrambi gli eserciti la prova del successo o dello smacco. Per il momento sono gli eritrei che sembrano avere in pugno la situazione e con i loro cinque carri russi e l'antiaerea, dopo lo sfondamento di alcuni giorni fa, resistono, ormai trin cerati. E' il tempo delle armi, delle minacce, delle ritorsioni, delle sofferenze. In colonne, da Zalambessa, sono scappati verso il Sud, ma ad accogliere i profu ghi ormai stremati non ci sono campi di raccolta perché, dicono, organizzare una cosa del ge nere risulterebbe troppo rischioso. Così, la gente non sa dove andare, dove riposare, che cosa mangiare. La voce del cannone ha continuato per gran parte del giorno, e ora il rischio è che riprendano anche i raid aerei. In Burkina Faso, sede del gran consiglio internazionale nel quale si è tentato di scongiurare il conflitto fra Eritrea ed Etiopia, gli umori generali tendevano al cupo. Rino Serri, sottosegretario agli Esteri per l'Africa, che ieri a Ouagadougou ha visto il ministro degli Esteri etiope e quello eritreo, ha confermato l'«estrema preoccupazione» per una situazione che sembra volgere al brutto stabile. «Obiettivo dell'Italia è ottenere la cessazione delle ostilità o almeno che il conflitto non si generalizzi a tutto il territorio delle due parti». L'impegno prossimo di Serri è un volo ad Asmara, e poi qui, ad Addis Abeba, per un tentativo disperato, forse l'ultimo. La delegazione italiana a Ouagadougou ha anche incontrato il segretario generale dell'Oua (Organizzazione dell'unità africana) Tarim Ahmed Selim, cui Dini ha inviato un messaggio personale, e diversi capi delle al¬ t tre delegazioni africane, tra cui, relativamente alla situazione nel Corno d'Africa, i ministri degli Esteri del Kenya, del Sudan, di Gibuti e dell'Egitto con i quali ha esaminato le modalità di sostegno dell'Italia all'azione del'Oua. Sono stati anche mantenuti costanti contatti con le delegazioni degli Stati Uniti e dei principali partners europei. Sono rulli dei tamburi di guer¬ ra, quelli che si odono con insistenza. Anche Isaias Afewarki, Presidente eritreo, ha detto di prevedere un'escalation e ha accusato l'Etiopia di voler strangolare il suo Paese con un blocco. «Minacciano di attaccare gli aerei commerciali che sorvolino l'Eritrea e le navi civili che vogliono raggiungere i porti di Massaua e di Assab». Rischi reali, presi in conside¬ razione seria pure da altri: per esempio dalla Germania che ha deciso di richiamare l'ambasciatore Wolfgang Ringe e i tre diplomatici ancora in Eritrea. Partiranno con un volo americano, in compagnia di molti colleghi yankee. Si contano le ore e si contano anche i caccia che sono rimasti, perché sono loro, gli aerei, gli strumenti più temuti. [v. tess.)

Persone citate: Ahmed Selim, Dini, Isaias Afewarki, Rino Serri, Wolfgang Ringe