«Onorevole, torni a Palermo»

«Onorevole, torni a Palermo» GLI ORDINI DAI CLAN «Onorevole, torni a Palermo» «L'abbiamo messo lì, e ora ci serve» ROMA 1IECCOLO il tormentone. iPuò un deputato della Repubblica, un «onorevole», sprofondare tanto da finire come sostengono i magistrati della procura di Palermo e il giudice per le indagini preliminari - tra le ordinarie frequentazioni di mafiosi incalliti, di delinquenti associati al fine di fare soldi con mezzi leciti e illeciti? Chi è veramente Gaspare Giudice, da due anni deputato al Parlamento, eletto nelle liste di Forza Italia nel collegio di Bagheria con 38.761 voti, vicecoordinatore del partito in Sicilia scelto da Gianfranco Miccichè? La politica ufficiale, quella «vecchia» dei plenipotenziari democristiani e del consociativismo imperante, non lo annovera tra i protagonisti. E' una stella recente, quella dell'ex direttore della Sicilcassa di Termini Imerese, centro molto «interessante», dal punto di vista elettorale, perché epicentro degli interessi ruotanti attorno ai paesini delle Madonie. Lì Forza Italia sembra essersi ben radicata, se è vero che con quegli elettori il giovane Miccichè e riuscito a battere persino Luciano Violante. Unico «appunto», a suo tempo avanzato anche dagli alleati contro la candidatura di Gaspare Giudice fu lo «scarso radicamento nei problemi del territorio di Bagheria». In sostanza si chiedevano in molti perché mai si dovesse scegliere un candidato praticamente estraneo al collegio, essendo l'ex bancario originario di Canicattì e lontano dalle problematiche bagheresi. Dicono abbia un modo di fare accattivante, l'onorevole Gaspare Giudice. I modi sono quelli antichi e gentili di una certa aristocrazia della provincia. Sposato, padre di due figli, appassionato del mare, frequentatore della buona borghesia. A Termini Imerese, dove ha lavorato in Sicilcassa dal 3 marzo 1980 fino al 3 ottobre del 1985, ha lasciato un buon ricordo. Parla bene di lui persino l'avversario politico che gli si è opposto alle elezioni. Dice il medico Cristoforo Di Bernardo, candidato ulivista di Rinnovamento: «Non riscontrai presenza mafiose e a onor del vero l'unica cosa di cui ebbi modo di lamentarmi in campagna elettorale fu che quello del centrodestra era un candidato imposto dall'alto, per nulla radicato a Bagheria... Non dico che non avesse modi gentili, ma era chiaro che era immerso in una realtà che non era la sua». Di segno ovviamente opposto la richiesta di arresto dei magistrati palermitani. Dall'ingente mole di documenti inviati alla Camera, viene fuori un personaggio colluso ai massimi livelli con la mafia del «mandamento» di Caccamo. Si parla di un uomo che, prima di entrare in politica, aveva frequentato e fatto affari con fior di mafiosi e - una volta diven- tato deputato - non sarebbe riuscito a sganciarsi dai vecchi legami. Saranno i giudici a scavare in questo pozzo nero. Le notizie che filtrano, non sembrano affatto rassicuranti. Non c'è soltanto, in questa inchiesta condotta da carabinieri e Gico, l'accusa dei pentiti. I diciotto faldoni inviati alla giunta per le autorizzazioni contengono trascrizioni di intercettazioni telefoniche ed ambientali che consegnano un personaggio a dir poco discutibile. Non sappiamo se esista la prova della mafiosità dell'ono- revole Giudice, ma qualche interrogativo di tipo etico e morale le accuse scritte in quelle pagine lo pongono. Giudice è accusato di aver incontrato boss importanti co- me Giuseppe Panzeca, luogotenente di Nino Giuffrè padrino di Caccamo, e personaggi discussi come il costruttore di Villabate Nino Mandala e il medico Giorgio Ciaccio, buon affarista del clan. Incontri preceduti da vere e proprie «precettazioni» telefoniche. «Onorevole, devi tornare subito a Palermo...», gli comunicano mentre sta a Roma, a Montecitorio. «Non posso, sono stanco» replica Giudice. Ma l'interlocutore non gli dà possibilità di scelta: «Noi ti abbiamo messo lì e noi ti vogliamo ora a Palermo». All'onorevole, seppure stanco, non rimane che fiondarsi sull'ultimo aereo per Palermo. Successivo incontro in un bar del centro, sfortunatamente per loro, coi personaggi già citati. Sfortunatamente perché il tavolo attorno al quale siedono è stato opportunamente «trattato» con microspie. Ed esiste anche un videotape, girato dalla Finanza, che illustra gli incontri tra Giudice e Panzeca, anche nella sede palermitana di Forza Italia, in piazza Alberigo Gentili. Tutto ciò accade nell'estate dell'anno scorso, non negli Anni 60. Così come sono recenti i presunti legami d'affari che si celerebbero dietro la passione per la nautica da diporto ed alcune società «sostanzialmente riconducibili a boss del calibro di Lorenzo Tinnirello, Giovanni D'Agati, Carlo Greco e Pietro Vernengo». E poi c'è la lettera che l'onorevole, qualche anno fa, inviò a Panzeca. Giudice esordisce con un «Caro Giuseppe», continua facendo appello alla «vecchia amicizia con tuo padre» per concludere lamentandosi di essere stato lasciato fuori da un affare. Il manoscritto nel 1996 fu trovato durante una perquisizione in casa del mafioso e forse è la causa dell'odierna inchiesta. Sarà per tutto ciò che Gianfranco Miccichè ha prima difeso il suo vice e poi, in serata, ha sentito la necessità di aggiungere che è pronto a «prendere a calci» Giudice se dovessero essere provate le accuse? Francesco La Licata LE PROVE DELL'ACCUSA L'INTERCETTAZIONE CHIAVE Ecco alcuni passi della telefonata arrivata al telefonino del deputato Gaspare Giudice: «Onorevole, devi tornare subito a Palermo...» «Nonposso, sono stanco...». «Noi ti abbiamo messo lì e noi ti vogliamo ora a Palermo», è la replica secca. IL RENDEZ-VOUS PIUMATO Il 3 marzo 1997, in un bar del centro di Palermo, Giudice, reduce da Roma, incontra Giuseppe Panzeca, braccio destro del boss di Caccamo Nino Giuffrè, Nino Mandala, imprenditore di rispetto di Villabate, grande elettore di Giudice, e Giorgio Ciaccio per parlare di affari. L'episodio viene registrato e filmato dagli investigatori. I PENTITI Sono tre i collaboratori che avrebbero fatto il nome dell'onorévole di Forza Italia: Angelo Siino, Giovanni Brusca e Salvatore Barbagallo. Kit::/ 18E Bp IB m%' ** lilMPfJ li procuratore Caselli ieri a Palermo spiega l'operazione in cui è coinvolto l'onorevole Giudice (foto a destra)