«Mafia e riciclaggio, arrestale Giudice» di Francesco Grignetti

«Mafia e riciclaggio, arrestale Giudice» Palermo, è il vicecoordinatore regionale: incastrato dai pentiti, intercettazioni e un filmato «Mafia e riciclaggio, arrestale Giudice» Deputato di Fi sotto accusa, Berlusconi: su di lui non ho dubbi PALERMO. Non sono trascorse quarantott'ore dal voto delle amministrative di domenica. Il Polo non ha ancora finito di gioire per la netta vittoria nelle province dell'isola. Sennonché il colpo di scena. La procura retta da Giancarlo Caselli ha chiesto l'arresto per il deputato Gaspare Giudice, vicecoordinatore regionale di Forza Italia, braccio destro di Miccichè. L'onorevole è accusato di associazione mafiosa e riciclaggio. Il gip Renato Grillo, esaminate le carte, ha inoltrato una parte e respinto l'accusa di traffico di stupefacenti. Accuse clamorose che ora vanno all'esame della competente Giunta per le autorizzazioni della Camera. Diciotto faldoni sono stati consegnati ieri al Parlamento da ufficiali dei carabinieri e della Guardia di finanza. Ieri sera Berlusconi commentava: «Non si può neanche immaginare alcun alone di dubbio, perchè altrimenti l'onorevole Giudice non avrebbe avuto quell'incarico in Forza Italia». In duecento pagine di ordinanza, il giudice disegna la strana storia di un parlamentare di 55 anni che approda alla politica dopo un lungo apprendistato di piccolo cabotaggio economico. Direttore di agenzia della Sicilcassa a Termini Imerese, poi trasferito alla sede centrale a Palermo, sospeso sei anni fa per un arresto inopinato (mutui), improvvisamente appassionato dalla nautica da diporto, poi riabilitato, e infine convertito alla politica. Convertito lui e convertiti i suoi amici imprenditori, vedi quell'Antonino Mandala che aprì un circolo di Forza Italia a Villabate e fu costretto a chiuderlo dopo che arrestarono suo figlio con l'accusa di omicidio. Accusa finita nel nulla, peraltro. L'onorevole Giudice, si scopre leggendo le carte, viene accusato da diversi pentiti di aver fatto il riciclatore già dieci anni fa. Dice il pentito Barbagallo, killer della zona, che Giudice «investiva» soldi mafiosi in Costa Smeralda, in antiquariato inglese, in residences a Tenerife. A un certo punto esplode la passione per la nautica. Diventa amministratore e socio di alcune società che hanno a che fare con il mare: Marina Uno, ditta specializzata nella compravendita di imbarcazioni; Gente di Mare, negozio di abbigliamento da barca; Salpancore, charter velici e pontile nel porto di Palermo. Potrebbe essere una passione innocente. Per la procura è invece un canale di riciclaggio e anzi un trampolino verso i traffici di droga. «Panzeca (un altro degli imprenditori inquisiti, ndr.) mi raccontò che attraverso i charter per turisti stranieri si poteva caricare l'eroina in Turchia», parla sempre Barbagallo. In verità, secondo la pubblica accusa, tutto questo attivismo si spiega in maniera molto diffe- rente: l'onorevole Giudice sarebbe un referente della cosca di Caccamo-Termini Imerese che già Falcone definiva «la Svizzera di Cosa Nostra», essendo quest'area una retrovia sicura della mafia dove si fanno buoni affari e non omicidi. Ecco anche la storia di tanti libretti al portatore con nomi floreali: dalia, tulipano, margherita, rosa, petalo. I soldi erano di Pippo Calò. Racconta ancora il pentito Salvatore Barbagallo: «Due volte al mese, fino al 1984, portavo contante in banca per un ammontare non superiore a cinquanta milioni di lire. Giudice me li cambiava subito oppure li depositava in libretti al portatore». Ma intanto irrompe la politica. Gaspare Giudice diventa un pezzo grosso di Forza Italia. Il numero due in Sicilia, in quanto vice del coordinatore Miccichè. Ma fu vera gloria? Un brandello d'intercettazione getta ombre inquietanti su questo successo: «Onorevole, devi tornare subito a Palermo...», «Ora sono stanco», «Noi ti abbiamo messo lì e noi ti voghamo ora a Palermo». E quello si precipita all'aeroporto. Carabinieri e finanzieri lo fotograferanno e filmeranno mentre si incontra con i boss al bar. Il gip può così scrivere sul conto di Giudice: «La sua presenza ai massimi vertici istituzionali dello Stato costituisce per gli uomini d'onore una im¬ portante garanzia per poter continuare a realizzare i propri interessi criminali». E ancora, rivolto a Forza Italia, sul ruolo di Antonino Mandala: «Considerato il ruolo politico dallo stesso svolto nell'ambito del gruppo Forza Italia e il collegamento con l'on. Giudice, occorre anche impedire che l'indagato possa continuare a costituire una fonte di costante inquinamento dell'attività politica del predetto partito». Antonino Mandala è uomo che interverrebbe pesa^ mente nel gioco degli appaltiT _ ,blici. E' la persona a cui ci si «deve» rivolgere se si vuole lavorare in pace a Bagheria e dintorni. Risultano contatti con il «Consorzio emiliano-romagnolo fra le coop di produzione e lavoro» che si apprestava a costruire una scuola. Ugualmente con la ditta Caiola si era impegnata con un «pagherò» del tutto informale, ma quantomai vincolante, per risanare la discarica. Lo stesso per la biblio- teca. Sono in tanti, insomma, nella rete di Mandala: costruttori e cooperative, politici e amministratori. Ma non si dica che tutto è mafia, per poi concludere che nulla è mafia. E il gip Grillo è costretto a scrivere: «L'organizzazione mafiosa dispensa la sua protezione in maniera differenziata, a seconda del tipo di rapporto instaurato con gli imprenditori. Si possono individuare imprenditori "subordinati" ai quali è imposta la protezione passiva, e si verifica un rapporto di costrizione e non già di cointeressenza... Diverso è il caso degli imprenditori "collusi" la cui cooperazione con il sodalizio mafioso è motivata dalla prospettiva di vantaggi economici e anche di uno specifico tornaconto in termini di protezione. E' senz'altro questo il ruolo svolto dagli indagati-imprenditori nel presente procedimento». Francesco Grignetti I tesori della mafia venivano «puliti» in Costa Smeralda e nell'acquisto di residence