Referendum, l'appello di Segni

Referendum, l'appello di Segni «E' lo stnimento per uscire dal pantano dopo il fallimento della Bicamerale: dove sono Fini e Berlusconi?» Referendum, l'appello di Segni «Adesso i leader scendano in campo» ON. Segni, dopo il fallimento della Bicamerale, c'è chi vede nel referendum l'unico strumento per riformare il sistema, ma i partiti, pare, fanno resistenza. «Non c'è dubbio che se si vuole uscire dal pantano il 138 non serve: bisogna appoggiare il referendum. Anche l'assemblea costituente, che pure io ho sostenuto e continuo a sostenere, non è realisticamente ipotizzabile, se non dopo lo scrollone referendario. 1 giovani industriali, che a Santa Margherita hanno applaudito con entusiasmo a questa iniziativa e i commercianti, che hanno aderito ufficialmente, hanno capito l'importanza del referendum. Mi pare che gli unici che non se ne rendono conto sono i politici». Pensa ad alcuni leader in particolare? «Io vedo con sgomento il grande vuoto, la grande assenza, dei leader liberaldemocratici. Eppure io, proprio da liberaldemocratico, dico loro: questo è il nostro referendum. Ma non li vedo: dove sono Berlusconi e Fini? Sarebbe importantissima anche una discesa in campo di Cossiga». Berlusconi ha detto che non aderirà al referendum. «Eppure lui è quello che dovrebbe avere più interesse ad appoggiare questa iniziativa. Forza Italia nasce dal maggioritario per portare avanti istanze antipartitocratiche e liberaldemocratiche. Ma francamente, con Berlusconi, ho perso la speranza: a parte i suoi risentimenti personali nei confronti di Di Pietro, mi dicono che, sotto l'influenza di Baget Bozzo, sta pensando a una marcia indietro verso il proporzionale». E nei confronti di Fini nutre maggiori speranze? «Io potevo capire Fini quando era legato al "patto della crostata", che era un patto pessimo, ma lui si sentiva legato a un impegno d'onore. Ora quell'accordo è caduto: che cosa aspetta Fini? Del resto, il referendum dovrebbe interessarlo molto, perché prefigura il partito unico del centro destra, all'Aznar. E infatti dentro An ci sono spinte sempre più forti a favore di questa iniziativa. Io, domani (oggi per chi legge n.d.r.), organizzerò a Roma un tavolo per raccogliere le firme insieme a Storace, Fiori, Urso e Alemanno. I dirigenti di An si stanno mobilitando un po' in tutta Italia. E Fini che fa? Lui dice: "io interverrò se vedo che c'è il rischio di un ritorno alla proporzionale". Ma questa minaccia è già in atto: il momento della battaglia è questo». L'altro leader liberaldemocratico è Cossiga. «Cossiga ci ha aiutato molto: è nel comitato promotore del referendum e ha rilasciato una bella intervista al "Mattino" suU'iniziativa referendaria. Ma in questo momento avremmo bisogno di vederlo ai tavoli. Nulla più di questo caratterizzerebbe in senso liberaldemocratico tutta l'Udr e questo sì che sarebbe un elemento di grande novità». Il suo sembra un appello a Berlusconi, Fini, Cossiga. «Il mio è un appello ai leader liberaldemocratici, l'appello di una persona che assiste con angoscia alla loro latitanza. Ma a questi leader io dico: ricordatevi i referendum del '90 e del '93. Non appoggiandoli Craxi e la De firmarono la loro condanna politica. Cicchetto, al contrario, saltando sul carro referendario, fece uscire la sinistra dall'angolo. Ricordatevi tutto ciò e state attenti a non ripetere lo stesso errore di Craxi e della De». Di D'Alema, invece, che dice? «Da parte dei Ds vedo maggiori aperture, ora. Su D'Alema sono più ottimista». E Di Pietro? Non è una presenza ingombrante? Alcuni politici potrebbero non appoggiare il referendum perché c'è lui. «Sa come rispondo a quelli che mi muovono questa obiezione? Dico: "non vi piace che Di Pietro stia in prima fila, benissimo, venite anche voi, così saremo tanti in prima fila". Io invece ringrazio Di Pietro, perché è sceso in campo, per l'energia che profonde, e perché è un personaggio essenziale in questa operazione. E ai politici che dicono che dove c'è lui non ci sono lo¬ ro, replico così: "sciocchezze, imparate dagli imprenditori, non credo che Di Pietro sia popolare presso di loro, eppure non hanno esitato a buttarsi in questa battaglia". Bisogna pensare agli interessi del Paese e non alle meschine gelosie personali». Maria Teresa Meli Il leader referendario Mario Segni

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