Proda: «Servono altre alleanze» di Valeria Sacchi

Proda: «Servono altre alleanze» Il titolo in forte ascesa da Amsterdam a Wall Street. Bertelli: sinergie per espanderci Proda: «Servono altre alleanze» Le Borse premiano l'acquisto del 5% di Gucci iuG loti 008$; MLANO. Ad Amsterdam il titolo Gucci guadagna nella mattina il 6%, a Wall Street dopo mezz'ora è già in rialzo del 5% a 50 dollari. I maggiori azionisti della società col 5%, i fondi Capital Guardian e Capital Research, Franklin Resources e Harris Associates, tacciono. Gli analisti si chiedono: è partita finanziaria o il primo passo di un'operazione più ampia? Fabrizio Bertelli, marito di Miuccia Prada e amministratore delegato del gruppo, è molto chiaro. Spiega: «Intanto è un buon affare finanziario, il titolo era sottovalutato. Poi io penso che anche noi italiani dovremmo smetterla di pensare sempre e solo in termini di "mors tua vita mea". Fermo restando che sulle strategie, sul marchio, sul prodotto e la comunicazione si debba restare concorrenziali, su altri piani, i mercati e la distribuzione, sarebbe meglio cercare sinergie, come fanno i francesi, anche in chiave difensiva. Alleanze strategiche per entrare su nuovi mercati, per non andare in ordine sparso. Anche con altri, faccio un esempio: Bulgari...». Lei ha sentito altri azionisti della Gucci o il presidente De Sole? «Ho parlato con De Sole mercoledì, per dirgli che sabato avremmo fatto la comunicazione sulla partecipazione che, negli Stati Uniti, dopo il 5% va ufficializzata. Ha detto che era ben contento di averci come azionisti». E ora cosa si aspetta? «L'apertura alla trattativa l'ho fatta, tocca agli altri rispondere». Potrebbe salire ulteriormente nel capitale Gucci? «Nessuno ce lo può impedire, tra venti giorni comunque daremo tutte le informazioni al mercato americano». Chi vi ha assistito nell'operazione? «Una banca americana, la Prudential. Certo il 5% non ci dà nessun diritto a posti in consiglio, ma il problema di fondo per la Gucci è la poca difendibilità. Finché il titolo era a 70 dollari nessuno scalava, poi è andato giù e la gente ha cominciato a farci un pensiero. La public company va bene se è un business, non va bene se significa riservarsi il do- minio sulla gestione e su tutto quanto...». Come spiega il ribasso del titolo Gucci? Con la crisi asiatica? «Guardi, in Borsa il nostro settore è molto volatile. L'Asia va male? La gente vende le azioni. Ogni notizia si riversa sui marchi con danni che, a mio avviso, sono superiori ai vantaggi che si ricavano dalla Borsa». Crescere nel capitale Gucci significa un sacco di soldi. «Per una operazione come questa i soldi si trovano. Se decideremo di non andare oltre il cinque è solo perché non voghamo essere belligeranti. Comunque a noi piace diversificare, e ho diversificato in un settore che conosco. Io il discorso l'ho aperto, la Borsa premia l'operazione. Loro hanno la puzza sotto il naso, ma io sono un toscano, è bene che non mi facciano perdere la pazienza, devono tener conto della Prada». Supponiamo che sulla Gucci non si trovino intese, tenterà altri accordi? «Ripeto che le alleanze sono un modo intelligente per essere internazionali e non provinciali, per conoscere altre realtà». Cosa pensa dei cosiddetti poli del lusso? «Guardi, io non sono uno che sta ad aspettare che le cose avvengano. Voglio stare nel gioco e condurre il gioco». Per Prada cosa significa questa mossa? «Lavorare di più. Ora tutto è in divenire, vediamo cosa succede. Se la Gucci vuole cogliere l'opportunità bene, se non vuole non me ne faccio un problema particolare». Valeria Sacchi Fabrizio Bertelli amministratore delegato della Prada

Luoghi citati: Amsterdam, Asia, Stati Uniti