Da Basilea arriva un no alle 35 ore di Stefano Lepri

Da Basilea arriva un no alle 35 ore Secondo Fazio l'Italia non ha fatto abbastanza per l'equilibrio della previdenza Da Basilea arriva un no alle 35 ore Per pagare le pensioni deve crescere la produttività BASILEA dal nostro inviato «Eh sì, loro ci pensano troppo, all'invecchiamento della popolazione, mentre noi non ci pensiamo per mente»: un accenno all'Italia scappa quasi senza volere, ad Antonio Fazio, mentre sta esortando i giornalisti italiani a non essere provinciali. Il governatore della Banca d'Italia si riferisce all'equilibrio futuro del nostro sistema previdenziale, per il quale, nel suo giudizio, in Italia non si è fatto ancora abbastanza. Mentre il Giappone, che per ragioni interne e internazionali avrebbe tutti i motivi per una politica di energico rilancio della spesa, se ne trattiene pensando «troppo» all'equilibrio futuro dei bilanci. Il Giappone continua ad essere la preoccupazione esplicita dei banchieri centrali del mondo, nella riunione annuale di quella specie di loro club che è la banca dei regolamenti internazionali (Bri) di Basilea. Ce n'è anche una meno dichiarata, forse più assillante: le quotazioni di Borsa troppo alte in Occidente, a cominciare da Wall Street. Così compaiono presagi, seppur cautissimi, di sciagura finanziaria, negli oracoli sibillini di questo meeting di fine primavera. «Sono le stesse cose a cui avevo accennato nelle mie considerazioni finali il 30 maggio» precisa Fazio; forse rephcando a chi lì aveva visto una sua personale vocazione al pessimismo. L'uomo prudente pensa alle catastrofi proprio quando tutto sembra andare nel migliore dei modi. L'unione monetaria europea sembra avviarsi a partire baciata dalla fortuna, con i tassi dei Paesi membri che convergono verso il basso, forse addirittura sotto il 4% il 1° gennaio '99 (erano le analisi della Bri, si scopre ora, alla base di quanto scrìtto nella Relazione della Banca d'Italia). I tassi internazionali sono bassi, l'inflazione è bassa (anche in Italia, conferma Fazio), ispirano fiducia i dirigenti scelti per la Banca centrale europea, e la Bundesbank starà buona (dicono i maligni) almeno fino alla data delle elezioni politiche in Germania, il 27 settembre. Sono gli stessi governatori europei che autorizzano queste aspettative rosee sull'Euro. «Il processo di convergenza dei tassi nell'unione monetaria europea ha detto ieri il capo della Banca del Belgio e presidente della Bri, Alfons Verplaetse - dovrebbe compiersi in direzione dei livelli più bassi presenti in alcuni dei Paesi membri». Quindi l'Italia può attendersi a fine anno un costo del denaro almeno un punto e mezzo più basso dell'attuale. Ma proprio perché il meglio avvenga, i banchieri centrali devono mostrare ai mercati che sono pronti a prevenire il peggio. Ecco qual è lo scenario-catastrofe esaminato nell'ufficio studi della Bri. La crisi asiatica accresce ancora il disavanzo commerciale degli Stati Uniti; i mercati «perdono la pazienza per l'accumulo di debito estero Usa» e fanno calare il dollaro. Ne risulta un rapido aumento dell'inflazione americana; la Federai Reserve alza i tassi e le quotazioni di Wall Street crollano. Gli americani, impauriti dal ridimensionarsi della ricchezza azionaria, spendono meno e l'economia entra in recessione. Uno scenario alternativo, pure cupo, è che il dollaro resti alto ma il crescente disavanzo commerciale faccia vincere le elezioni Usa del 2000 a un presidente fautore del protezionismo. A spigolare tra le duecento pagine si trova che la questione dell'orario entra anche nel quadro previdenziale, legato all'invecchiamento progressivo della popolazione. Le crescenti erogazioni previdenziali mettono a ri¬ schio i bilanci nei prossimi decenni. Questo significa che «la sostenibilità fiscale a medio termine non è ancora assicurata. Inoltre, per pagare le pensioni senza ridurre il tenore di vita dei futuri lavoratori sarà necessario aumentare la produttività, cosa «poco probabile in assenza di più alti saggi di risparmio e di investimento - il ragionamento - la reazione relativamente debole del risparmio nazionale al consolidamento dei bilanci è preoccupante, tanto più se si considerano le attuali iniziative di alcuni Paesi a diminuire l'offerta di input di lavoro attraverso riduzioni dell'orario settimanale». Stefano Lepri

Persone citate: Alfons Verplaetse, Antonio Fazio