Condannata la postina degli anarchici di P. Col.

Condannata la postina degli anarchici A Milano Condannata la postina degli anarchici MILANO. ((Assassini, infami, vergognatevi!». Le grida del gruppetto di anarchici che esplodono dal fondo dell'aula della quarta sezione penale sembrano tirate fuori da un archivio degli Anni 70. Coprono le parole del presidente Luigi Martino e rompono il silenzio che accompagna ogni sentenza di condanna. Lei, Maria Grazia Cadeddu, detta «Patrizia», nota alle cronache come «la postina della bomba», unica imputata di un processo d'altri tempi, si rannicchia in un angolo della gabbia per soffocare l'emozione. Ma, appena il giudice Martino finisce di leggere il verdetto che la condanna a cinque anni di reclusione e 229 milioni di multa, scatta e grida: ((Anarchia! Anarchia! Rivoluzione sociale». I reati che le sono stati attribuiti parlano di detenzione e porto abusivo di esplosivi, esplosione in luogo pubblico e danneggiamento in concorso con ignoti, per la bomba che la notte del 25 aprile del 1996 esplose sul davanzale di una finestra al piano terra di Palazzo Marino, sede del Comune. Sentenza dura per un processo «indiziario» e basato in gran parte su un riconoscimento fotografico - di cui i periti si sono detti sicuri «al 98%» - che «Patrizia» Cadeddu commenta ad alta voce: «Era scritto. Mi vogliono punire per altre cose». Poi, per non smentire l'immagine da «dura», rifiuta gli arresti domiciliari che il pm vorrebbe concederle: «Non li voglio. E' inutile». I fatti sono quelli della notte del 25 aprile del '96, quando, verso le 4 del mattino, una bomba artigianale appoggiata a una finestra dei pianterreno di Palazzo Marino esplose, danneggiando la facciata. Si era alla vigilia delle elezioni e il clima in città diventò subito pesante. Fino a quando, il pomeriggio del giorno stesso, una figura snella ed elegante, capelli bruni e tailleur, occhialoni scuri e tacchi a spillo, depositò davanti all'ingresso di Radio Popolare, storica emittente di sinistra, una borsa da ginnastica con dentro la rivendicazione firmata dal gruppo anarcoterrorista ((Azione rivoluzionaria»: un nastro registrato, qualche volantino e un parallelepipedo di metallo, simile alla bomba collocata nella notte a Palazzo Marino. La donna misteriosa che aveva portato la rivendicazione, subito ribattezzata «la postina», grazie ai fotogrammi ricavati dal filmato delle telecamere a circuito chiuso dell'emittente, venne identificata in Maria Grazia Cadeddu, ex impiegata comunale. Da qui iniziarono i problemi: perché, vista da vicino, «Patrizia» assomigliava davvero poco all'immagine sfocata e confusa impressa sul nastro finito in mano agli inquirenti e che, secondo la difesa, è stata l'unica debole prova della sua colpevolezza. «Provate a immaginare - insiste l'avvocato - se D'Alema o Berlusconi fossero stati ripresi da una telecamera fuori fuoco, mentre entravano in una stanza, con un agente che avesse poi detto che sembravano loro due e con l'accusa di un passaggio di denaro. Vi sembra possibile una condanna per questo? E' un autogol incredibile per le istituzioni. E' chiaro che farò appello», [p. col.]

Persone citate: Berlusconi, Cadeddu, D'alema, Luigi Martino, Maria Grazia Cadeddu

Luoghi citati: Milano