Nigeria, morte di un dittatore di Domenico Quirico

Nigeria, morte di un dittatore Salì al potere nel '93 con un putsch. Decesso per crisi cardiaca e inumazione annunciati contemporaneamente Nigeria, morte di un dittatore Sepolto nel mistero il generale Sani Abacha LAGOS. Quando la mattina dell'I 1 novembre di tre anni fa il corpo dello scrittore Ken Saro-Viwa, impiccato con otto compagni di lotta, fu sepolto nel cimitero di Port Harcourt, ad assistere c'era solo un piccolo gruppo di soldati e poliziotti. Perfino le mogli dei condannati, per ordine del dittatore, erano state tenute lontano. Ieri l'uomo che aveva dato quell'ordine, il generale Sani Abacha, 54 anni, è stato sepolto altrettanto frettolosamente, nel mistero, davanti a pochi portaborse e generati che già pensavano alla lotta per la successione. Crisi di cuore, era stato annunciato poco prima. In questa mesta identità si chiude il cerchio di due vite, la vittima e il suo boia, e di una moderna tragedia africana. Perché in questo continente i protagonisti sono come i personaggi irrigiditi delle antiche tragedie, cozzano contro una sostanza resistente, il Destino che li schiaccia sotto il suo peso. Era scritto allora che Ken-SaroViwa, esponente di quella classe di intellettuali africani fragili e tentennanti, giacobini stanchi ma capaci spesso di affrontare il sacrificio, decidesse di battersi per il suo popolo, gli Ogoni. Chiedeva che il petrobo di cui è ricca la loro terra non diventasse una maledizione, e di non essere consegnato inerme nelle mani delle multinazionali dell'oro nero. Ed era scritto che, prima o poi, la sua vita finisse nelle mani di un uomo come Abacha. In Nigeria i dittatori in uniforme non sono un avvenimento, sono un'epoca, aderiscono al potere come una ventosa tanto che hanno regalato ai civili, dall'indipendenza nel 1960, solo dieci anni di libera uscita. Se scorri la galleria dei Lo scrittore Kenfatto giustiziare dittatore nigeria Saro-Viwa dal no presidenti, basco da paracadutista o fantasioso costume musulmano, sembra di guardare un unico fotogramma. Tutti uguali, tutti inguaribilmente anonimi, corrotti, megalomani, inefficienti. Meno l'ultimo: perché Abacha, emerso nel 1993 da una congiura di palazzo che in Nigeria tiene il posto delle elezioni, era di un taglio genuinamente shakespeariano. Aveva capito che le pratiche totalitarie erano adeguate a tempi nuovi e richiedevano virtuosistiche capacità di metamorfosi. L'eldorado nigeriano, che grazie al petrolio poteva permettersi di bruciare milioni di dollari nella follia di una nuova capitale piantata con geomantica superbia nel cuore del Paese, era stato cancellato dal crollo del prezzo del greggio. Adesso bisognava snocciolare conti assai più preoccupanti e molesti: il reddito per abitante, per esempio, crollato in dieci anni da 1000 a 250 dollari; o il debito estero sabto a 37 miliardi di dollari. La promessa dei generab che entro il 2000 la sanità sarebbe stata gratuita per tutti era diventata un'atroce barzelletta, dal momento che la mortalità infantile è tra le più alte del mondo. Quei 15 miliardi di dollari sperperati per acciaierie inutili colpivano con gli aculei del rimorso in \m Paese dove ormai solo il 10 per cento della popolazione sa leggere e scrivere. Ogni giorno nella nebbia torrida sospinta dall'harmattan, gonfio di polvere e di vapori mortiferi, sei milioni di persone, a Lagos, arrancano in un inferno senza domani. Nell'atmosfera placida delle isolette residenziali di Victoria e Ikoj, i notabib di Adacha sentono appena il rumore di questi uo¬ mini che si schiantano e si uccidono per un pezzo di pane. Ma c'è il rischio che, prima o poi, questo pigia pigia infernale dilaghi, salga fino ad esplodere e colare come una lava. Abacha era astuto: aveva compreso che manovrando gli oscuri chimismi della repressione questa tragedia poteva ancora diventare un business, riempire i forzieri nascosti in compiacenti Paesi lontani. Appaltando ad esempio fette del Paese alle multinazìonali del petrolio, senza mo¬ strare molta curiosità sulle modalità di sfruttamento. O con un altro grande capitolo della economia criminale: la droga. La Nigeria è diventata un caposaldo del narcotraffico con i suoi «cartelli» strettamente collegati a quelli latino-americani. Eroina, cocaina, cannabis, tutto passa da questa parte dell'Africa e i boss hanno i loro protettori fino nelle stanze più riposte del potere. Influenzano anche le scelte di politica estera: l'intervento «di pace» in Liberia ad esempio è nato soprattutto dalla volontà di controllare l'unica economia africana legata al dollaro, un santuario ideale per ripulire il denaro sporco. Ad agosto Abacha aveva organizzato un grande spettacolo: la democrazia. Elezioni presidenziali con cinque partiti in lizza, tutti debitamente autorizzati. Peccato che tutti, all'unanimità, avessero designato soltanto lui. Domenico Quirico Lo scrittore Ken Saro-Viwa fatto giustiziare dal dittatore nigeriano li generale Sani Abacha con il Papa durante la visita pastorale in Nigeria, a marzo

Persone citate: Abacha, Port Harcourt, Sani Abacha

Luoghi citati: Africa, Lagos, Liberia, Nigeria