Fallisce la controffensiva dell' Etiopia

Fallisce la controffensiva dell' Etiopia Zalambessa resta in mano eritrea. Clinton telefona ai contendenti, a Ouagadougou si media Fallisce la controffensiva dell' Etiopia E in Sudan è mobilitazione ADDIS ABEBA DAL NOSTRO INVIATO Un pugno dì case divìse da una strada e, appena più a Nord, la frontiera contesa. Zalambessa non è neppure segnato su molte carte ma è diventato un nodo importante, perché è anche qui che gli eritrei hanno sfondato. Quelle casupole, ora, sono in mano loro e colonne di profughi scendono verso Adigrat, sulla strada Asinara-Addis Abeba, le capitali dove si disegnano i piani di una guerra non dichiarata. E lungo la strada, gli eritrei lasciano imputridire i cadaveri dei soldati etiopici perché anche qui la parola pietà non ha senso. Carri armati sovietici T54 e T55 e una batteria antiaerea presidiano la conquista, una lingua di 25 chilometri. Addis Abeba vorrebbe smentire, ma pure il vescovo Aliten, di Adigrat, conferma: «Sono passati alla terza offensiva, 12 parrocchie sono in mano eritrea». Così, anche questa piccola conquista dovrà esser messa nel conto, come il triangolo di poche centinaia di chilometri, quello a Est che è la causa dichiarata della crisi. Ne discutono i grandi, a Ouagadougou, capitale del Buriana Faso, e non è facile neppure metter d'accordo le tante opinioni. La Libia ne ha una sua che il ministro Muntasser ha esposto con entusiasmo: fra i due contendenti dev'essere inserita una forza formata da soldati sub-sahariani. L'idea, ha rilanciato Tripoli, avrebbe riscosso successo: in realtà sia l'Etiopia sia l'Eritrea si dicono disposte ad abbracciare il piano tracciato da Ruanda e Stati Uniti, quello che prevede, prima di tutto, il ritiro delle truppe dai territori contesi. Meles Zenawi, premier etiopico, si è detto d'accordo, ieri ha anche convocato Marcello Ricoveri, ambasciatore italiano, per dargli conferma. Da Asinara gli ha fatto eco il presidente Isais Afeworki: anche gli eritrei si dicono d'accordo, «ma». C'è sempre un «ma» a complicare le cose. E così Zenawi ha avuto buon giòco a sottolineare'x come «questa sia la quarta o la quinta volta che loro dicono "sì, ma". De vono dire solo sì o no». E allora ieri si è mosso anche Bill Clinton, ha riferito Sandy Bdrger, Consigliere per la sicurezza Usa. Nessun intermediario, tra il Presidente americano e i due contendenti: telefonate personali, per sottolineare quanto stia a cuore questo nodo. E una richiesta identica: chiudere le ostilità, subito. Il Presidente, ha aggiunto Berger, «ha domandato loro di far scendere la tensione». Attiva e cauta anche la diplomazia italiana. Rino Serri, sottosegretario agli Esteri per l'Africa, a Ouagadougou ha incontrato il ministro etiope e quello eritreo e ha confermato loro l'appoggio italiano al piano dell'Oua (Organizzazione per l'unità africana), e ha chiesto l'interruzione dei raid aerei: la cosa, si fa sapere, è stata valutata con attenzione. Entro una dozzina di giorni, Serri dovrebbe volare qui ad Addis Abeba e poi ad Asinara. Il fatto che non ci siano stati attacchi dal cielo ha attenuato la tensione, ma appena un pizzico, e ad Asinara le scuole sono state chiuse a tempo indeterminato. E siccome questo è uno scacchiere maledettamente fragile, arrivano notizie che non possono non preoccupare pure dal Sudan, che confina con i due contendenti e ha vecchi conti mai del tutto chiusi soprattutto con l'Eritrea. Kassala è una città a ridosso della frontiera: in tutta la regione è stata dichiarata la mobilitazione generale delle truppe sudanesi, ufficialmente per motivi di sicurezza. In realtà, l'iniziativa non fa che aumentare le inquietudini. Tra la guerra e la pace si gioca una partita dalle mani rapide. Così, Hussam Skhufa, vecchio braccio destro di Zenawi al tempo del Fron te popolare per la liberazione del Tigrai, ha detto che quasi 40 mila di quei militanti sono sul punto di riprendere le armi. E poi, i soldati etiopici continuano ad ammassarsi al Nord e al posto dei miliziani che sorvegliavano la frontiera ci sono ora i soldati con i carri armati, le batterie, anche missilistiche, e domenica pareva che stesse per scattare l'offensiva. La notizia era stata raccolta e rilanciata da una radio saudita, ripresa da due incaricati d'affari russi e mandata in Europa per un controllo. Infine rimbalzata qui nel Corno. Ma i tempi non erano maturi e l'indiscrezione aveva soltanto provocato un'attesa preoccupata ad Asinara. Ma i T54 e i T55, quelli progettati per le grandi pianure coperte di neve della Russia, sarebbero pronti a correre verso Est, assai più in basso del triangolo conteso. Obiettivo non dichiarato, il porto di Assab, appena sopra Gibuti e che è il logico punto di riferimento per chi aspira a uno sbocco al mare. Certo, se dovesse aprirsi questo fronte ogni discorso sul triangolo conteso passerebbe in seconda linea. La distanza tra la frontiera e il porto sembra un nulla, 60 chilometri, ma chilometri infernali, col deserto dancalo che minaccia di bloccare i pesanti carri. Chi fa sogni di guerra e di grandeur non giustificata dice che ci vorrebbe un Guderian per arrivare fino al Mar Rosso. Ma in quel caso, sarebbe un conflitto globale. Impensabile, anche se il possesso di un porto è quanto di più prezioso, e la guerra più sanguinosa combattuta in America Latina fu quella tra la Bolivia, che si sentiva strangolata, e il Paraguay, che le sbarrava l'accesso al grande fiume navigabile. Ma davvero non c'è un'altra via? Vincenzo Tessandori Voci non confermate parlano di un prossimo attacco delle truppe di Addis Abeba in direzione del porto di Assab, che sarebbe il vero obiettivo della guerra non dichiarata Lungo la strada tra le due capitali, all'altezza di Adigrat imputridiscono i corpi dei soldati senza che li ha uccisi si dia pensiero di seppellirli li ASM ARA W> ADIGRAT GONDER DESE ADDIS ABEDA JIMA 11? ETIOPIA HARER \ KENYA