Rutelli: è mancata la concretezza di Ugo Magri

Rutelli: è mancata la concretezza Rutelli: è mancata la concretezza «Troppe formazioni rendono debole la sinistra» SROMA INDACO Rutelli, sei mesi fa l'Ulivo conquistava le metropoli, oggi sembra passato un secolo. Cos'è successo? «Guardi, io fui eletto per la prima volta a fine '93, insieme a Bassolino, Bianco, Cacciari... Eppure, soltanto quattro mesi dopo, Berlusconi stravinse le elezioni politiche. Anche allora sembrava passato un secolo». L'Italia era cambiata così in fretta? «Niente affatto. Semplicemente, nelle elezioni amministrative non ci sono automatismi, ogni turno fa storia a sé. Può darsi che stavolta, rispetto a novembre scorso, i candidati del Polo fossero migliori, e alcuni probabilmente lo erano. Di sicuro, gli italiani hanno imparato a scegliere caso per caso, fuori degli schieramenti, quello che considerano il programma più credibi- le». Questo che cosa comporta? «Che per mobilitare i cittadini bisogna parlare non di patti segreti, né di crostate, ma dell'agenda concreta della nostra società». Ha visto che domenica quasi un elettore su due non è andato a votare? «E' indizio di distacco da una fase di eccessiva politicizzazione, di tatticismo, che nemmeno i temi amministrativi sono riusciti a superare». Il centro-sinistra non ha saputo parlare il linguaggio dei problemi reali? «In generale partiva svantaggiato perché si votava in aree dove la sua presenza è meno forte. Ma i ri¬ sultati di alcune zone "rosse" del Centro-Nord mettono in luce una debolezza di richiamo ideale e politico che, aggiunta a situazioni locali poco brillanti, ha generato la sconfitta». Di questa debolezza qualcuno incolpa il governo Prodi. Condivide? «No, il governo ha falco il suo dovere portandoci in Europa. Obiettivamente è la politica, oggi, che non riesce a trasmetterci valori positivi, aggreganti. Il problema, più che nel governo, è nei partiti». Sta parlando di D'Alema? «Non si può dare la croce addosso a chi, come D'Alema, ha gestito una difficile responsabilità, un peso nazionale. Detto questo, di fronte al clamoroso contropiede di Berlusconi, che ha buttato all'aria il tavolo delle riforme, non si può fischiare soltanto la fine della partita». Cos'altro avrebbe dovuto fare, il centrosinistra? «Contrattaccare, rilanciare la palla nel campo avversario, ad esempio proponendo un presidente eletto (personalmente sono più per un premier) con i poteri necessari per governare il Paese. Invece la maggioranza ha finito per apparire inchiodata a una posizione difensiva di un accordo verticistico assai poco convincente». E poi? «Avrebbe dovuto attaccare Berlusconi per la inconfessata ma chiarissima motivazione del suo sabotaggio alle riforme: far saltare tutto per non arrivare al nodo della giustizia. E mettere a nudo il suo impegno per risuscitare il vecchio ceto politico». Da dove occorre ripartire? «Da un profondo rinnovamento della politica che deve coinvolgere sicuramente la sinistra democra¬ tica, ma deve anche saper parlare al centro, all'elettorato non politicizzato, vero terreno su cui si sono vinte e si vinceranno le elezioni. Bisogna pensare a nuove aggregazioni...». Oltre l'attuale Ulivo? ((All'interno dell'Ulivo, perché il bipolarismo non si tocca. Ma l'Ulivo non può andare avanti diviso in una dozzina di formazioni. Tutte insieme esprimono una somma di debolezze e non una forza attrattiva degli italiani moderati». Dica la sua ricetta. «Intanto bisogna riaggregare l'area centrale (e moderazione deve sapersi coniugare con innovazione). Poi, occorre lavorare per la nascita di un grande partito democratico». Quando, subito? «La prospettiva ha bisogno di tempo, ma soprattutto di contenuti. Più che a un'agenda politicista deve corrispondere all'agenda del Paese: lavoro, infrastrutture, ambiente, Mezzogiorno, città». Ugo Magri «Bisogna riaggregare il Centro E poi lavorare per la nascita di un grande partito democratico» Il sindaco di Roma Francesco Rutelli

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