Berlusconi: e ora cacciamo il governo

Berlusconi: e ora cacciamo il governo II leader di Forza Italia alza la voce e promette battaglia: il tempo del dialogo è finito Berlusconi: e ora cacciamo il governo «Sulla Nato non ci sarà il nostro soccorso bianco» ARCORE DAL NOSTRO INVIATO Una telefonata con Gianfranco Fini, quando era oramai chiara la Waterloo delle sinistre. Un'altra - lunghissima - con Francesco Cossiga, per parlare del futuro. Poi, Silvio Berlusconi dà fuoco alle polveri: «Saremo irriducibili nella nostra opposizione, fino alle estreme conseguenze. Faremo di tutto per far cadere il governo. Questo governo deve andare a casa». Forte del responso delle urne - «I risultati sono chiari, parlano da soli», dice - Silvio Berlusconi guarda alla Bicamerale come al passato. «Non torniamo indietro», assicura ora che i giochi sono chiusi, che per le riforme c'è da aspettare. Meglio assaporare l'uno-due rifilato a D'Alema, prima come presidente della Bicamerale, poi come leader del principale partito di governo. Berlusconi insiste: «Non ci saranno più dialoghi o colloqui. D'ora in avanti utilizzeremo tutto ciò che ci sarà consentito per contrastare democratica- mente l'azione di questo governo. Un governo partigiano, fazioso e inefficiente». Ora che altri 14 capoluoghi sono nelle mani del Polo, che Parma e Piacenza le rosse sono al centrodestra, il leader di Forza Italia sogna in grande. Senza spostarsi di una virgola, dalla rottura consumata dieci giorni fa proprio qui, a villa San Martino di Arcore, quando disse che «la partita sulla Bicamerale è chiusa». «Gli elettori per questo ci hanno premiato», giura lui, che ammette pure di aver intascato i voti della Lega scomparsa dai ballottaggi. «Ma abbiamo vinto soprattutto per l'opposizione decisa, coraggiosa, strenua», assicura. E conferma che dai suoi sondaggi, il 95,7% degli italiani non ne poteva più della Bicamerale, «di quelle riforme che avrebbero portato indietro il Paese di molti anni». Il voto politico uscito dalle urne dei 14 capoluoghi - «Nove li abbiamo strappati alla sinistra», ci tiene ad aggiungere Silvio Berlusconi vorrebbe incassarlo subito. «Se fossero serie le cose che Bertinotti va di¬ cendo, dopo il voto di domenica ci sarebbero immediate ripercussioni sul governo. Ci sarebbero, e come», attacca. Anche se è chiaro che non sarà così, Berlusconi non de¬ morde. In arrivo ci sono altri importanti appuntamenti, dove il governo rischia di arrivare in difficoltà. Come il voto sulla Nato, con Rifondazione comunista che ha già detto no. «E noi non faremo come per il voto sulle missioni in Albania, non faremo soccorso bianco a un governo che non se lo merita», spiega. A dire il vero Cossiga sarebbe per il sì. E poi come si fa a dire no all'allargamento del Patto Atlantico ai Paesi dell'Est, là dove è morto il comunismo. «Abbiamo rinviato ogni decisione a una discussione più approfondita», prende tempo Berlusconi. Ma sembra di capire che alla fine, ci sarà un documento per dire che è importante l'allargamento della Nato ma ancora più importante è non aiutare il governo di Romano Prodi. «Sono portato a non fare sconti», dice rivolto a Palazzo Chigi. E conferma quella lunga telefonata al mattino con Francesco Cossiga, all'ordine del giorno la Nato, il Friuli dove si vota domenica - «Andrò personalmente a fare campagna elettorale per tre giorni», annuncia - ma anche l'allargamento del Polo. «Perché bisogna estendere l'area dell'opposizione e creare una federazione di Centro», spiega. E fa niente se da sinistra, da Massimo D'Alema in persona, arrivano punzecchiature sulle frequentazioni «da prima Repubblica» del Cavaliere. Fa niente, ma il leader del Polo ri- sponde per le rime: «Certi livelli di arroganza e ironia sono inaccettabili. E poi, da quale pianeta vengono: Scalfaro, Mancino, Violante, Marini, Maccanico, Ciampi e Mattarella?». Pronto a incassare anche i voti degli elettori del ppi «che in Europa stanno con i moderati e in Italia con i comunisti», pronto a rafforzare il bipolarismo attraverso il doppio turno di coalizione, Silvio Berlusconi non vuole nemmeno sentire parlare di quelle riforme che definisce «gattopardesche» e che ha contribuito ad affossare. E allora, va all'attacco di questo governo che attenta alle libertà con il «117, i telefoni sotto controllo e che usa i procuratori della Repubblica», come ripete per la milionesima volta il leader degli Azzurri. Tanto da non degnare nemmeno di una risposta Antonio Di Pietro, quando lo accusa: «Berlusconi fa polemiche, per sottarsi alla giustizia». Risposta: «Di Pietro? Sono affermazioni da macchietta, faccia l'autore a Mai dire gol». Fabio Potetti 4fe I

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