TURANDOT di Armando Caruso
TURANDOT TURANDOT La .Cina di PtìtfJni^ZfiàMYtmou CHI meglio del regista Zhang Yimou, autore di «Lanterne rosse», conosce la «sua» Cina? Il Regio non ha perduto tempo nell'accaparrarsi la produzione del Maggio Musicale Fiorentino che ha prodotto finalmente una «Turandot» ideata da un grande talento cinese sulla splendida, incompiuta musica di Puccini. Yimou, che con ogni probabilità porterà questa «Turandot» in uno scenario ancor più spettacolare l'anno prossimo a Pechino, promette una Cina spoglia da inutili orpelli, essenziale, ricca di poesia, forte di una cultura che nulla ha a che vedere con la paccottiglia di cineserie che i registi occidentali hanno propinato in questi settantadue anni in cui l'opera è stata rappresentata migliaia di volte. Dunque giovedì 11 giugno alle 20,30 (quattordici le recite fino al 28 giugno), debutta l'attesissima edizione cinese di «Turandot» scritta da Giacomo Puccini e ispirata alla bellissima favola di Gozzi, che a sua volta affonda le radici nella millenaria cultura letteraria cinese. Questa «Turandot» sarà appannaggio musicale di John Mauceri, direttore stabile al Regio, musicista americano di origine siciliana che per Puccini nutre un amore viscerale, sin dai primi anni di vita, da quando cioè il nonno lo portava a teatro per «ascoltare l'opera». Partitura di estreme difficoltà, impegna il Principe Calaf e la crudele principessa Turandot in una tessitura a dir poco micidiale. Occorrono corde vocali d'acciaio, una tecnica che aiuti a superare le asperità della tessitura. Il principe Calaf e Turandot, di cui è innamorato, si fronteggiano sia sul piano drammaturgico sia su quello musicale: lui cerca di svelarne il nome tentando di sciogliere gli enigmi che lei gli propone: se non indovina, sarà decapitato come tutti gli altri spasimanti che ambivano al suo trono e alle sue grazie. Lei gli rivolge un perentorio invito: «Straniero ascolta...»; nella scena degli enigmi: «Gli enigmi sono tre...» ripetuti in una scala ascendente, che portano Calaf sino agli acuti estremi (la diesis, si naturale) e non ammettono titubanze. La replica della pincipessa non è meno impegnativa. Ascolteremo la famosa aria «Nessun dorma» (e non «Vincerò» come tutti ormai credono grazie alla divulgazione televisiva pavarottiana), quindi il dolcissimo canto di Liù, la schiava innamorata, «Tu che di gel sei cinta». Infine il duettone fra tenore e soprano, «Principessa di morte». Protagonisti dell'opera pucciniana, terminata com'è noto da Franco Alfano (alla prima Toscanini si fermò là dove Puccini aveva scritto l'ultima sua battuta), saranno Keith Olsen, il tenore americano ormai torinese a tutti gli effetti (le altre recite sono affidate a Nicola Martinucci), il soprano americano Alessandra Marc, al suo debutto al Regio; Giusy Devinu che interpreterà il personaggio di Liù, il basso Danilo Rigosa, nei panni di Timur. Ping, Pang e Pong, saranno rispettivamente José Ferdilha, il tenore Alessandro Cosentino e il tenore Davide Livermore. Maestro del Coro è Bruno Casoni, Claudio Marino Moretti dirigerà invece il coro di voci bianche del Regio e del Conservatorio Giuseppe Verdi. Interamente cinese, l'allestimento: le scene e i costumi sono di Gao Guangjian, Huang Haiwei, Zeng Li e Wang Yin. Coreografie di Chen Weiya. Giovedì 11 giugno, dalle 10 alle 18,30 si terrà il convegno «Intorno a Turandot, orientalismo tra musica e suggestioni letterarie». Armando Caruso La .Cina di PtìtfJni^ZfiàMYtmou TURANDOT
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