Leggere e bellisssime

Leggere e bellisssime PENNE E PIUME DEGLI UCCELLI Leggere e bellisssime Servono anche per comunicare LE penne e le piume degli uccelli ci appaiono come un miracolo di bellezza: di qui gli ornamenti degli indiani, i cappelli dei moschettieri, i copricapi ornati di penne delle antiche dame. Cento penne scandiscono la marcia dei bersaglieri; la penna nera dell'aquila é la bandiera degli alpini. Penne e piume nelle canzoni, negli inni, nelle opere liriche, nelle poesie, nell'arte. Per gli uccelli sono segnali, quindi hanno funzione comunicativa; si sono evolute proprio per questo, per comunicare, compagne del canto, e se sono attraenti per noi, per una sorta di convergenza evolutiva, tanto di più lo devono essere per i loro possessori, specie per specie. Se noi rimaniamo abbagliati davanti a un maschio di pavone che fa la ruota, chissà come deve esserne rapita la sua compagna, ipnotizzata da tutti quegli occhi e occhi e occhi che si dipartono sfolgoranti dal centro della ruota dove ci sono quelli veri. Per molti uccelli penne e piume hanno uno scopo fondamentale nel corteggiamento e nelle parate nuziali, quando il maschio si presenta alla femmina con una livrea di gala, pavoneggiandosi all'inverosimile. L'incanto è lo stesso per ogni tipo di piumaggio, sgargiante o mimetico, disposto a pennellate multicolori o a sfumature color bosco, così morbido e leggero da far cadere in estasi la corteggiata, che sceglie il più bello tra i suoi vanitosi spasimanti. Le penne sono meraviglie dell'ingegneria naturale che, con un disegno intricato di barbe e barbule ha reso rigida e nello stesso tempo flessibile una primigenia squama di rettile diventata leggera e capace di volare, e il loro fascino è anche nel mistero che ne circonda l'origine. C'è una frase scritta da Giorgio Celli a proposito di misteri: «E mentre per lo scienziato i fenomeni devono servire ad espugnare il mistero, per il mistico devono, al contrario, testimoniare per esso». Qui il «mistero» è stato espugnato dall'Archaeopteryx lithographica (= «antiche ali scritte sulla roccia»), 1'«Adamo», fossile di 140 milioni di anni, mezzo rettile e mezzo uccello, con mia caratteristica che lo distingue dai rettili volanti suoi contemporanei: era completamente rivestito da penne. E prirha di lui? Solo squame. Qui il mistero non è stato espugnato, pochissime sono le tracce di quello che c'è stato in mezzo, nessuna prova. Così, se gli scienziati non vogliono diventare dei mistici, devono azzardare ipotesi. Non ci sono ragionevoli dubbi sull'origine degli uccelli dai rettili, probabilmente piccoli dinosauri carnivori forse già almeno in parte pennuti, ma il tempo ha fatto giustizia dei resti delle piume, strutture di cheratina come le squame, le unghie, i peli, difficili da conservare. Di recente la Cina ha regalato alla conoscenza due rettili fossili rivestiti di una sorta di piumaggio, ma a che cosa queste penne servissero non si sa. Affascinante è l'idea che si siano originate dalle squame non per volare ma per mantenere costante la temperatura corporea, funzione che peraltro continuano a svolgere (arruffare le penne serve per trattenere uno strato protettivo d'aria attorno al corpo). Con lo scopo primario della termoregolazione si spiegherebbero i passaggi intermedi: le zone rivestite da queste squame modificate, approfondate da una parte e sfrangiate dall'altra, divennero sempre più ampie, fino a rivestire tutto il corpo e permettere al primo pennuto di accorgersi per caso che sì, tenevano caldo, ma sembravano fatte apposta per spiccare il volo. E se invece l'idea della termoregolazione come scopo primario non fosse altro che una fantasticheria? Il clima di quei tempi era davvero tale da rendere necessario trovare il modo di stare al caldo? Perché invece non spiegare il passaggio da squame a penne come conseguenza del volo planato dei rettili precursori dei pennuti? Quando si impara a volare, sia pure solo planando o saltellando sempre più in alto a caccia di insetti, è ovvio che poi si vada avanti e che venga il desiderio di librarsi, e di piroettare, e di giocare con le correnti e di arrivare fino al limite di stallo. E allora da una squama un po' sfrangiata, solo un piumino, possono essersi specializzate le penne delle ali con le loro forme che nei diversi uccelli servono per il volo battuto o per quello planato, oppure con la superficie superiore morbida e lanosa per attutire il fruscio dell'aria nel volo silenzioso dei rapaci notturni; e le timoniere della coda e tutte le altre, un insieme perfetto per diventare conquistatori dell'aria. Il Museo di Storia Naturale di Carmagnola quest'anno ha organizzato una mostra su penne e piume: il protagonista, che ha raccolto e ordinato con infinita pazienza questa affascinante collezione, si chiama Renzo Ribetto e fa il guardiaparco alla Rocca di Cavour. Il suo punto di arrivo è naturalistico, ma l'origine di questa passione è mistica: ha iniziato a raccogliere le penne perché sono belle e basta. Se poi i colori rossi e gialli e bruni sono così grazie a pigmenti come i carotenoidi e le melanine, e gli azzurri sono il frutto della presenza di cheratina trasparente sopra un pigmento nero, tanto meglio se ci è dato di saperlo. Se non lo sapessimo penne e piume sarebbero belle lo stesso, accattivanti e quasi provocatorie nel trasmetterci i loro mistici, intriganti messaggi. Caterina Gromis di Trana PENNE E PIUME DEGLI UCCELLI il Leggere e bellisssime Servono anche per comunicare Penna di alzavola LE penne e le piume degli uccelli ci appaiono come un miracolo di bellezza: di qui gli ornamenti degli indiani, i cappelli dei moschettieri, i copricapi ornati di penne delle antiche dame. Cento penne scandiscono la marcia dei bersaglieri; la penna nera dell'aquila é la bandiera degli alpini. Penne e piume nelle canzoni, negli inni, nelle opere liriche, nelle poesie, nell'arte. Per gli uccelli sono segnali, quindi hanno funzione comunicativa; si sono evolute proprio per questo, per comunicare, compagne del canto, e se sono attraenti per noi, per una sorta di convergenza evolutiva, tanto di più lo devono essere per i loro possessori, specie per specie. Se noi rimaniamo abbagliati davanti a un maschio di pavone che fa la ruota, chissà come deve esserne rapita la sua compagna, ipnotizzata da tutti quegli occhi e occhi e occhi che si dipartono sfolgoranti dal centro della ruota dove ci sono quelli veri. Per molti uccelli penne e piume hanno uno scopo fondamentale nel corteggiamento e nelle parate nuziali, quando il maschio si presenta alla femmina con una livrea di gala, pavoneggiandosi all'inverosimile. L'incanto è lo stesso per ogni tipo di piumaggio, sgargiante o mimetico, disposto a pennellate multicolori o a sfumature color bosco, così morbido S4 Penna di picchio verde e leggero da far cadere in estasi la corteggiata, che sceglie il più bello tra i suoi vanitosi spasimanti. Le penne sono meraviglie dell'ingegneria naturale che, con un disegno intricato di barbe e barbule ha reso rigida e nello stesso tempo flessibile una primigenia squama di rettile diventata leggera e capace di volare, e il loro fascino è anche nel mistero che ne circonda l'origine. C'è una frase scritta da Giorgio Celli a proposito di misteri: «E mentre per lo scienziato i fenomeni devono servire ad espugnare il mistero, per il mistico devono, al contrario, testimoniare per esso». Qui il «mistero» è stato espugnato dall'Archaeopteryx lithographica (= «antiche ali scritte sulla roccia»), 1'«Adamo», fossile di 140 milioni di anni, mezzo rettile e mezzo uccello, con mia caratteristica che lo distingue dai rettili volanti suoi contemporanei: era completamente rivestito da penne. E prirha di lui? Solo squame. Qui il mistero non è stato espugnato, pochissime sono le tracce di quello che c'è stato in mezzo, nessuna prova. Così, se gli scienziati non vogliono diventare dei mistici, devono qgBJ^mte^J's JT& Qui sotto «ggS^V^V unac°PP,a k di regoli 0* - J a : azzardare ipotesi. Non ci sono ragionevoli dubbi sull'origine degli uccelli dai rettili, probabilmente piccoli dinosauri carnivori forse già almeno in parte pennuti, ma il tempo ha fatto giustizia dei resti delle piume, strutture di cheratina come le squame, le unghie, i peli, difficili da conservare. Di recente la Cina ha regalato alla conoscenza due rettili fossili rivestiti di una sorta di piumaggio, ma a che cosa queste penne servissero non si sa. Affascinante è l'idea che si siano originate dalle squame non per volare ma per mantenere costante la temperatura corporea, funzione che peraltro continuano a svolgere (arruffare le penne serve per trattenere uno strato protettivo d'aria attorno al corpo). Con lo scopo primario della termoregolazione si spiegherebbero i passaggi intermedi: le zone rivestite da queste squame modificate, approfondate da una parte e sfrangiate dall'altra, divennero Penna di fagiano sempre più ampie, fino a rivestire tutto il corpo e permettere al primo pennuto di accorgersi per caso che sì, tenevano caldo, ma sembravano fatte apposta per spiccare il volo. E se invece l'idea della termoregolazione come scopo primario non fosse altro che una fantasticheria? Il clima di quei tempi era davvero tale da rendere necessario trovare il modo di stare al caldo? Perché invece non spiegare il passaggio da squame a penne come conseguenza del volo planato dei rettili precursori dei pennuti? Quando si impara a volare, sia pure solo planando o saltellando sempre più in alto a caccia di insetti, è ovvio che poi si vada avanti e che venga il desiderio di librarsi, e di piroettare, e di giocare con le correnti e di arrivare fino al limite di stallo. E allora da una squama un po' sfrangiata, solo un piumino, possono essersi specializzate le penne delle ali con le loro forme che nei diversi uccelli servono per il volo battuto o per quello planato, oppure con la superficie superiore morbida e lanosa per attutire il fruscio dell'aria nel volo silenzioso dei rapaci notturni; e le timoniere della coda e tutte le altre, un insieme perfetto per diventare conquistatori dell'aria. Il Museo di Storia Naturale di Carmagnola quest'anno ha organizzato una mostra su penne e piume: il protagonista, che ha raccolto e ordinato con infinita pazienza questa affascinante collezione, si chiama Renzo Ribetto e fa il guardiaparco alla Rocca di Cavour. Il suo punto di arrivo è naturalistico, ma l'origine di questa passione è mistica: ha iniziato a raccogliere le penne perché sono belle e basta. Se poi i colori rossi e gialli e bruni sono così grazie a pigmenti come i carotenoidi e le melanine, e gli azzurri sono il frutto della presenza di cheratina trasparente sopra un pigmento nero, tanto meglio se ci è dato di saperlo. Se non lo sapessimo penne e piume sarebbero belle lo stesso, accattivanti e quasi provocatorie nel trasmetterci i loro mistici, intriganti messaggi. Penna di •* ghiandaia piccola Penna di poiana Caterina Gromis di Trana Penna di forcello J©ì*ì femmina Penna di otarda Ili**' Penna di ghiandaia grande ss & Penna di codone ' ' Penna di ghiandaia

Persone citate: Caterina Gromis, Cavour, Giorgio Celli, Renzo Ribetto

Luoghi citati: Carmagnola, Cina, Penne, Trana