Difficili rapporti tra scienza e media
Difficili rapporti tra scienza e media RICERCA E POTERE Difficili rapporti tra scienza e media LA ricerca è vitale per il progresso della cultura, scientifica o umanistica che sia. Occorre quindi sforzarsi per ottimizzarla: ridisegnarne le politiche, le strategie e le tattiche; razionalizzarne le procedure di valutazione; rivederne i meccanismi di incentivazione e finanziamento. Riesaminiamo dunque alcune componenti della ricerca che la cultura occidentale ritiene più importanti. 1) La componente aristocratica, rappresentala dalla genialità dei singoli. E' un elemento innovatore, frutto d'impegno solitario e anticonformistico non sempre facile; questa componente ha caratterizzato gli inizi della ricerca moderna, all'origine svolta in sedi privilegiate (come le accademie). Oggi è meno visibile di ieri, ma non meno importante. 2) La compo- I ricepreferil «N.Ypiutche «Nnente democra tica, rappresentata dal controllo collettivo sulle iniziative di ricerca. Questa componente ha acquistato peso solo da pochi anni, e non senza contrasti. E' però sempre più evidente che qualche controllo deve esserci, ma anche che deve essere esercitato con prudenza. Dovrebbe essere un diritto-dovere della collettività, da una parte finanziatrice della ricerca e dall'altra destinataria dei suoi benefici, oltre che dei suoi misfatti o omis- v ' #' sioni. Ma non f può né deve es- %. JrJK sere un'avocazione di scelte strategiche né validazione di risultati. 3) Le componenti di tipo oligarchico. Una potrebbe essere rappresentata dai potentati finanziari e industriali, i soli in grado di mobilitare sia i capitalrichiesti dai moderni progetti dricerca, sia gli strumenti per la loro promozione e diffusioneQueste spesso vanno oltre i limitpur elastici della tradizionale pubblicità e arrivano ad usare mass media in operazioni ambigue se non scorrette. Oggi i media costituiscono di per sé uncomponente oligarchica: idealmente strumento della componente democratica, spesso prestano più attenzione agli interessi dell'oligarchia economico-industriale. Il caso della clonazione dDolly ne ha fornito una solidevidenza: nella promozione dquesta loro scoperta, gli autorhanno messo un forte impegnnel pianificare il coinvolgimentdei media. Qualche osservatorlo ha ritenuto addirittura superiore all'impegno profuso nellparte propriamente scientificdel loro lavoro. Con il risultatche per mesi il battage ha dstratto la comunità scientificdall'esame critico della sconcetante debolezza della secondad una lettura accurata, il lavororiginale su Dolly rivela infaterrori e omissioni, come riconosciuto dagli stessi ricercatori; msolo dopo che lo scetticismo erdiventato esplicito: il numero I Science della fine di gennaio I documenta. L'opinione pubblic catori scono Times» osto ature» resta in attesa di conferme annunciate come imminenti dagli stessi donatori di Dolly e da altri gruppi. Ma soprattutto è sconcertata dalla leggerezza con la quale un quotato gruppo di ricerca, un autorevole giornale scientifico quale Nature, comitati di bioetica, commissioni di affermati ricercatori americani e inglesi e quotidiani autorevoli abbiano accettato per buoni [Science aveva eletto la clonazione «scoperta del '97»), risultati che gli stessi autori hanno poi ritenuto bisognosi di conferme indipendenti (che a mesi di distanza ancora mancano). Non dissimile è stato il ruolo dei media nella recente scoperta delle proteine anticancro angiostatina e endostatina, presentate come efficaci nel determinare la regressione di tumori indotti nel . .. topo mediante ■■ir iniezione sotto cute di cellule tumorali. Un annuncio poco giustificato dall'andamento delle ricerche, ma esaltato dall'autorevole New York Times. L'esplicito sostegno di un premio Nobel a suo tempo coinvolto in operazioni finanziarie giudicate incompatibili con la sua posizione di direttore del Progetto Genoma Umano Usa, al punto da costringerlo alle dimissioni; la promozione di un libro sullo scienziato protagonista di queste scoperte, scritto dalla stessa giornalié M sta autrice dello scoop (a suo tempo autrice di articoli a favore della clonazione umana e di un libro su Dolly); commenti autorevoli ma poco critici di esperti ansiosi di balzare sul carro dell'angiogenesi: questi sono stati alcuni degli ingredienti che hanno quadruplicato in brevissimo tempo le quotazioni di un'azienda biotecnologica, con forti miglioramenti del portafoglio azionario di alcuni speculatori. In effetti di recente si è diffusa una nuova tendenza, nata da un rapporto privilegiato tra le più prestigiose riviste scientifiche e i media a diffusione planetaria. Le prime segnalano ai secondi gli articoli ritenuti più significativi, e i secondi li divulgano con grande rilievo ma spesso con scarsa competenza: oggi per un ricercatore è diventato più importante comparire in prima pagina sul New York Times che su Nature. Si stabilisce così un pericoloso corto-circuito tra centri della ricerca e palazzi del potere. L'intero processo della ricerca ne risulta distorto. In relazione al ruolo oligarchico dei media nei confronti d'una scienza spesso ritenuta oscura e altezzosa, una recente inchiesta condotta negli Stati Uniti {Science, 27 marzo '98) rivela la reciproca sfiducia di oltre 1400 operatori d'entrambi i settori. Sfiducia che non può non trasmettersi al pubblico, privando la scienza del suo indispensabile sostegno democratico. Vittorio Sgaramella Università di Pavia Ila I svia I ricercatori preferiscono il «N.Y. Times» piuttosto che «Nature» v ' #' f %. JrJK é M
Persone citate: Vittorio Sgaramella
Luoghi citati: Pavia, Stati Uniti, Usa
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