E' LA BUONA MUSICA CHE RICREA IL LIBRETTO

E' LA BUONA MUSICA CHE RICREA IL LIBRETTO E' LA BUONA MUSICA CHE RICREA IL LIBRETTO / difficili rapporti tra il testo e il compositore LIBRETTI D'OPERA in edizioni: Mondadori Garzanti Newton Compton f n BBIAMO finalmente imparato a leggerli? Questa letteratura cattiva e ridicola nella sua pretesa di tragicità, volgare se diventa comica, di cui i letterati hanno sempre ricordato, con miope compiacimento, gli orrori logici, le rimette elementari: «Sento l'orme dei passi spietati», «Mai di più lieto aspetto / natura non brillò: / Amor la colorò / Del mio diletto»... Anche i libretti d'opera hanno risentito della marginalità in cui è vissuta la musica nel nostro sistema culturale: la liquidazione critica diventa inevitabile, se nell'approccio si privilegia il punto di vista letterario, non quello della funzionalità a un progetto rappresentativo diverso, la cui meta è un melodramma, non un libro. Una serie di iniziative editoriali testimonia di un atteggiamento mutato, più attento alla ricerca di quella «vera e propria araba fenice» di cui parlava Mozart riferendosi alla possibilità che «un buon compositore che capisce il teatro ed un poeta intelligente si incontrino», condizione indispensabile, ma non ancora sufficiente, per produrre un'opera: poi, devono aggiungersi le competenze scenografiche e scenotecniche, l'interpretazione musicale e vocale, la serie infinita di mediazioni che trasformano un pensiero di teatro musicale in opera viva, realizzando «il piìi difficile dei compromessi possibili», come ha scritto Giorgio Strehler. OVE CCon RossLA collana della Newton Compto La storia delle incomprensioni è esemplare: già i primi biografi (e ancora musicologi della statura di Hermann Abert) scusavano Mozart per aver accettato la mediocrità del testo di Da Ponte in Cosi fan tutte, di cui apprezziamo l'ambiguità suprema, adatta al verissimo gioco degli inganni di quel «dramma giocoso». Un critico teatrale come Silvio D'Amico liquidava così l'intero lavoro di Pietro Metastasio: «La storia del melodramma metastasiano è, in fondo, la storia del supremo sforzo d'uno spirito mediocre per arrivare a quei cieli della Tragedia che gli sono irrevocabilmente negati». Per quale pubblico, in quale contesto culturale e politico, per quale società scriveva l'infaticabile Metastasio? Domande che D'Amico - e con lui, in buona sostanza, Francesco De Sanctis - non si pongono. Anche Daniela Goldin - in un libro Einaudi del 1985, La vera fenice. Librettisti e libretti tra Sette e Ottocento - ripropone un'idea gerarchi- ca, quando intende «precisare i rapporti tra librettistica e produzione letteraria vera e propria, che corrispondono, in un certo senso, ai rapporti tra un'area laterale e un centro da cui si irradiano le innovazioni». Questa è un'ottica da cannocchiale rovesciato. Se è vero che le pretese e gli esiti letterari di molti librettisti sono disarmanti (non più, comunque, di tanta letteratura corrente), essenziale è ricordare che della pura e semplice «qualità» letteraria di un testo i musicisti fanno volentieri a meno: sono le suggestioni, i flussi di immagini, le sonorità possibili e quelle occulte di una parola, è la drammaturgia delle scene a eccitare la loro auto¬ nomia compositiva. La musica di Wagner vive nonostante la qualità dei suoi propri libretti, ma certo grazie alla congruità narrativa e strutturale di quei testi al progetto teatrale. La bella scrittura non basta: mia strofa di Felice Romani per Bellini e una di von Hoffmansthal per Strauss, così distanti come astratto valore linguistico, sono equivalenti come materiale su cui far crescere una scena di teatro musicale. Il libretto non può inverarsi nella sua solitudine di parola privata del suono e del contesto; è parte essenziale del processo di travestimento, per usare una parola-chiave della lingua e del teatro di Edoardo Sanguineti. «A Berio interessava una specie di orizzontalità, di fluidità del discorso, di narrazione mfinita, come se non ci fossero limiti di tempo... Voleva una sorta di epifania in Italiano», ricorda lo scrittore che, in un episodio di Epifanie, decise di inserire una lirica di Montale, «il che non significa affatto un atteggiamento di indifferenza nei confronti del testo». Il libretto contemporaneo può anche essere un contesto di frammenti, episodi; citazioni che trasvolano ì secoli, coma nel Rara requiem fài Bussptti, nel ' Prometeo. dL-Nòncir Cacciari, in Outis di Berio-Dal Corno. O dobbiamo pensare che tutti i compositori siano diventati indifferenti al materiale di base su cui plasmano la loro creazione? Il critico ha acquisito tutti gli strumenti per cogliere la particolarità squisita di un testo che senza musica e gesto e luogo, resta muto e sordo. Per decidere se un libretto funziona o no. Sandro Cappelletto i ii L i di il dl di ttiidi itii h tl PARO Dai Meridiani agli economici Newton Compton: antologie di una «letteratura» a lungo screditata LIBRETTI D'OPERA in edizioni: Mondadori Garzanti Newton Compton Come ricordava Strehler produrre un'opera è un arduo compromesso: la bella scrittura deve trovare nel suono il suo «travestimento»