PER CAPIRE BEETHOVEN NON SERVE LA PSICOANALISI

PER CAPIRE BEETHOVEN NON SERVE LA PSICOANALISI PER CAPIRE BEETHOVEN NON SERVE LA PSICOANALISI BEETHOVEN Maynard Solomon Traduzione di Guido Zaccagni Einaudi pp. 370 L. 45.000 ELLA prefazione alla biografia di Beethoven di Maynard Solomon uscita dodici anni fa da Marsilio , Giorgio Pestelli notava l'assenza in Italia di contributi biografici e bibliografici beethoveniani e in generale il disinteresse italiano nei riguardi di questo tipo di approccio critico. L'osservazione è talmente giusta che nessun editore è stato mai convinto a tradurre l'opera fondamentale e monumentale sulla vita eh Beethoven, quella di Alexander Wheelock Thayer, reperibile oggi nei paperback della Princeton University Press, con la curatela e le integrazioni di Elliot Forbes. E che una certa parte della critica italiana e non solo italiana guardi ai lavori dello studioso americano con una certa indispettita sufficienza, lo stesso Solomon sembra rendersene conto quando, nella prefazione a questo suo ultimo libro, Beethoven, edito da Einaudi, invita coloro che non gradissero speculazioni psicanalitiche a tralasciare i saggi di tal genere. Pur trattati - bisogna sot tolinearlo - con rigore e prudenza, senza neanche sfiorare i vertici fantasiosi cui si è spinto Luigi Magnani nel suo anche troppo noto II nipote di Beethoven, pubblicato venticinque anni fa sempre da Einaudi. E si legga, a tal riguardo, quanto severa sia l'opposizione critica del Solomon allo studio di Richard e Editha Sterba, rigidi e ottusi psicanalisti alle prese con una personalità artistica ben al di sopra della loro scarsa magnanimità e comprensione. Si osservi invece, da parte del critico, con quale acuta disamina è letto l'ossessionato rapporto col nipotino Karl, nella trappola di una serie di inconsce illusioni che agitane il romanzo familiare del musicista, che capovolge la precedente fantasia sul vero padre in una violenta assunzione di paternità naturale. E come, ogni illazione psicanalitica venga controllata e verificata da testimonianze, se non probanti, assai persuasive, come la strana scritta sull'abbozzo dell'A¬ dagio del Quartetto op. 59 n. 1 «Un salice piangente o un'acacia sulla tomba di mio fratello», che insieme ad altre evidenziate dallo studioso attestano in che modo l'autorappresentazione di un fratello, immagine speculare o doppio creato per vanificare la morte, alimenti invece la creatività beethoveniana. Comunque si valutino i capitoli psicanalitici di Solomon, nel volume non costituiscono che una parte del materiale critico raccolto e articolato sostanzialmente in tre principali nuclei. Il primo dei quali, di ordine psicologico, cui abbiamo già accennato, concerne «le zone d'ombra» del personaggio Beethoven, come i suoi rapporti familiari, o la pretesa nobiliare, o il delirio sui dati della nascita. Il secondo, prettamente storico-biografico, approfondisce alcuni aspetti non inclusi nella biografia sunnominata, che aveva nell'identificazione dell'«immortale amata» l'evento più sollecitante. Qui, il capitolo «Antonie Brentano e Beethoven», oltre che fornire altri tasselli agli accertamenti acquisiti, segue la donna oltre la scomparsa del compositore: perché costei gli sopravvisse di quasi mezzo secolo e non lo dimenticò probabilmente, anche se altre morti seguirono, ad offuscare un'esistenza lunga e troppo luminosa. Sono pagine bellissime coleste, degne di un narratore per la capacità di ricreare un ambiente e una figura muliebre di fascino così esteso e poliedrico. Per Solomon i dati biografici servono soprattutto a connettere un legame presunto e ideale tra l'oggettività dell'atto creativo e le innumerevoli soggettive confluenze che a quella creatività di fatto conducono: tutti i materiali servono al critico, se vagliati con cautela e giudizio, dai sogni alle lettere, ai diari o foglietti che registrano casualmente annotazioni o spese. In tal senso, esemplare è il saggio che chiude il volume, dove il musicologo analizza il Tagebuch di Beethoven, da lui tenuto dal 1812 al '18. A metà strada tra il quaderno d'appunti e un journal intime, il diario è una vera e proprio miniera di informazioni su numerose attività del musicista, colte nella loro esperienza immediata, senza le paratie artificiali che gli scritti con destinatario includerebbero. Ma soprattutto resta un documento insuperato degli interessi e delle influenze intellettuali che attrassero il compositore in una rete di rapporti culturali, di entusiasmi e di fedi che lo resero, oltre alla genialità, l'artista più emblematico degU ideali illuministici come sommossi e toccati dai presagi del Romanticismo. Beethoven // saggio di Solomon collega personalità e creatività, vagliando ogni dato biografico Quasi a indicarne la priorità, il terzo nucleo, rivolto al mito e all'utopia della creatività beethoveniana, apre la raccolta con un'acuta analisi della nona sinfonia, nelle cui innovazioni stilistiche il musicologo, dietro anche le ricerche biografiche e culturali condotte, tende a situare il punto di maggior convergenza e adesione col romanticismo. Cosicché Beethoven è sottratto alla sua posizione di ultimo classico, nella linea di Rosen per intendersi, per ridefinirsi in modalità proteiformi come il compositore che fra tradizione e innovazione, tra princìpi illuministici e vocazioni prometeiche, ha saputo cogliere l'essenza di un nuovo modo di sentire e vivere la musica. Come, del resto, aveva già scritto Hoffmann. E alla medesima conclusione, per vie più mediate e complesse, ritorna oggi anche l'affascinante studioso americano. Piero Gelli BEETHOVEN Maynard Solomon Traduzione di Guido Zaccagni Einaudi pp. 370 L. 45.000

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