DEAGLIO, GLOBETROTTER NELLA FORESTA DEL MONDO di Alberto Papuzzi

DEAGLIO, GLOBETROTTER NELLA FORESTA DEL MONDO DEAGLIO, GLOBETROTTER NELLA FORESTA DEL MONDO «Lontano e a zonzo», sedici microcosmi per un reportage ON la barba incolta, i capelli arruffati, lo sguardo indagatore, un poco canzonatorio, come lo vedi fotografato sulla copertina di Lontano e a zonzo, Enrico Deaglio sembra Mangiafuoco, ma per il suo modo di raccontare storie è piuttosto Pollicino: se ne va a spasso nella foresta del mondo, disseminando i suoi percorsi di dettagli in apparenza marginali, bricioline di cronaca, che però si rivelano, assommate l'una all'altra, indizi attraverso i quali risalire al senso della realtà in cui viviamo. Fedele alla sua natura di cronista, che innanzi tutto informa il lettore del chi? e del cosa?, del quando e del dove?, del perché? e del come?, secondo le regole del reportage classico, in ogni posto dove lo porti la passione per il mestiere scava fra attualità e memoria con la metodicità di un entomologo della notizia, finché il cumulo di fatterelli, personaggi, ricordi, coincidenze, emozioni e sensazioni non prende la forma concreta e visibile di un microcosmo ricostruito nella sua autenticità. Lontano e a zonzo mette insieme sedici storie di questo tipo, tutte pubblicate nel corso del 1997 sul Diario della settimana (di cui Deaglio è il fondatore e direttore). Sono divise in quattro parti: storie raccolte vagando per il mondo, quello sconosciuto di Wimberley (Texas) o Prilep (Macedonia) e quello frequentato della Catalogna o di Hong Kong; storie partorite dai paesaggi italiani della camor¬ ra, del Nordest, di Niscemi che affonda, di Milano che cambia; ci sono tre viaggi a Palermo che riprendono i temi di Raccolto rosso; infine due delitti chiusi in un passato oscuro: il feroce omicidio di Simonetta Ferrerò, alla Cattolica nel 1971, e l'uccisione del commissario Luigi Calabresi, a Milano nel 1972. Né opera di narrativa, né libro inchiesta, né diario giornalistico (come erano Besame mucho, 1995, e Bella ciao, 1996), questo volume rispecchia un'esigenza del giornalismo contemporaneo: recuperare uno spazio di investigazione sottratto alla competizione sensazionalistica. Nella prima storia, c'è un vecchio texano che muore, in ottemperanza a una promessa il figlio lo porta, stecchito e imbalsamato, in California con una Cadillac. Per agevolare l'ultimo viaggio del defunto, l'impresa funebre lo imbalsama con le gambe flesse come una sedia rovesciata. Pubblicata sull'Unità in una ventina di righe, come un'americanata, la notizia cadde sotto gli occhi di Deaglio che decise di dedicarle un reportage sul Diario della settimana, scoprendo per esempio che il vecchio aveva giocato a golf con Lyndon Johnson, trentunesimo presidente degli Stati Uniti. Ne è venuto fuori un frammento che riflette le grandezze e le contraddizioni degli Stati Uniti, deve macabro e grottesco si fondono come nel Caro estinto di Evelyn Waugh. In un'altra storia, protagonista è un macedone, Hristo Tolaeff, morto a Chicago nel 1983, alla bella età di 103 anni, la cui eredità è favoleggiata in dieci milioni di dollari. Emigrato in America, si era innamorato di un'agit-prop comunista e per lei era finito in prigione, per cui Lenin aveva voluto conoscere «il compagno che è stato per noi in galera». Tornato negli States e aperto un negozio di frutta secca, era entrato nel business del proibizionismo, diventando un gangster della cerchia di Capone. Questa esistenza, trait-d'union fra due grandi uomini del secolo, fra loro diversissimi, il capo bolscevico e il nemico pubblico, si rivela l'occasione per ricostruire un pezzo di Europa balcanica, vitale, disperata, eccentrica come Underground di Kusturica. Il libro dimostra come la forza narrativa del giornalismo possa sprigionarsi, piuttosto che da una ridondanza di suggestioni letterarie, dal sapiente e paziente lavoro di fiutare una traccia promettente, seguendone gli andirivieni con l'ostinazione del segugio. La scrittura asciutta di Deaglio si adatta come una pelle alla giustapposizione di l'atto a fatto e, sebbene non tutte le tappe di questo viaggio intorno alla notizia abbiano la stessa capacità di apparire metafore dell'agire umano, l'emozione che il libro comunica è anche il coinvolgimento del lettore nella caccia all'indizio da cui, come il filo della matassa, si srotola una buona storia. Alberto Papuzzi LONTANO E A ZONZO Enrico Deaglio // Saggiatore pp. 189 L. 25.000