NEI ROMANZI DEL '900 DA MATTIA PASCAL A ZENO

NEI ROMANZI DEL '900 DA MATTIA PASCAL A ZENO NEI ROMANZI DEL '900 DA MATTIA PASCAL A ZENO ha da essere ancora proposto, ecco che è necessario sollevarlo all'eccezione assoluta, alla condizione di super-uomo, e così, in fondo, negarlo, in quanto è un'utopia, non un modello attuale. Non è senza significato che tutti i protagonisti dannunziani, sia dei romanzi, sia delle tragedie, per quanto sublimi, approdino al fallimento. La letteratura verifica che l'eccezione è non solo impossibile, ma, in fondo, volgare, quanto non sia aureolata dalla contrapposizione e dai disvalori della storia e della società e dalla sconfitta. Se vincesse, vorrebbe dire che è stata accettata, e non è più straordinaria e unica. La letteratura del Novecento è popolata di eroi antifrastici, che sono ben consapevoli del fatto di essere esemplari in quanto si oppongono al sistema di valori di successo, di guadagno, di notorietà, a cui servono gli altri uomini. Penso a Zeno Cosini de La coscienza di Zeno di Svevo, che si presenta con la sapiente ironia di chi bene ha misurato la malattia e l'incapacità etica degli altri, e a esse può contrapporre la sua lucidità e la sua comprensione del mondo irrimediabilmente malato. E penso, in una situazione di guerra partigiana, dove l'eroismo nel senso tradizionale è stato tante volte chiamato in causa, ai personaggi di Fenoglio, che sono sconfitti, inseguiti, dispersi, eppure continuano la lotta del bene contro il male, che incarnano, al di sopra di ogni contingenza, e quando si trovano davanti alla battaglia muoiono nel modo meno grandioso, l'ufficiale nelle condizioni peggiori per un tremendo raffreddore che gli fa usare perfino il fazzoletto azzurro della sua formazione, il piccolo sergente meridionale nell'acqua e nel fango di un canale. Nella sconfitta è l'esempio. La vittoria, nella letteratura moderna, non è il frutto di azio¬ ni eroiche nel senso di tradizione, è frutto di menzogna o fonte di nuove prevaricazioni. Quella moderna è un'epica capovolta, nella quale dominano l'ostilità della natura e delle condizioni esteriori, la costanza della sconfitta. Gli eroi moderni rifuggono dalla partecipazione oratoria e falsa che ci sarà alla fine, quando per una volta il bene avrà vinto, perché già avvertono che un nuovo inganno sta sorgendo. Il protagonista di Uomini e no di Vittorini decide di non salvarsi dall'inseguimento fascista per morire, rifiutandosi al trionfo finale per essere insieme con gli infiniti oppressi che sono morti resistendo senza nessun riscatto di successo. Eroi del genere sono, allora, anche Mattia Pascal, Serafino Gubbio, Vitangelo Moscarda di Pirandello, che scelgono il non essere o il non parlare più, per contrapporsi all'infita degradazione della vita come della cultura; oppure don Gonzalo de La- cognizione del dolore di Gadda, solo nella sua furiosa rancura, che lo distingue, tuttavia, dalle società di profittatori, arricchiti di guerra, borghesi d'infinita volgarità. E non è forse un eroe antifrastico anche il protagonista ironico della poesia di Gozzano o di quella di Montale, che ha vissuto una minima percentuale di vita, ed è il mite che custodisce le sue poche, ma durature armi per resistere al male della storia? Se la realtà moderna è di volgare successo e gli eroi pubblici sono quelli dello sport, dello spettacolo e della televisione, nobile e autentico eroe è colui che a questo si rifiuta, esemplarmente, dalle pagine di una letteratura che ancora si è battuta e si batte (ho citato il romanzo di Givone) per offrire esempi di questa eroica inettitudine, di questo glorioso fallimento rispetto al successo nel mondo. Giorgio Bàrberi Squarotti

Luoghi citati: Gozzano