Il mondo dichiara guerra alla droga

Il mondo dichiara guerra alla droga In discussione il piano Macchi, che prevede aiuti ai contadini se elimineranno coca e papavero da oppio Il mondo dichiara guerra alla droga All'Orni 160 Paesi in lotta contro le coltivazioni NEW YORK. Parte daU'Onu una crociata che potrebbe sradicare la coltura della droga. Il presidente Clinton e i rappresentanti di 160 Paesi, tra cui una trentina di capi di Stato e di governo, daranno il via oggi dal Palazzo di vetro di New York a uno sforzo senza precedenti. L'obiettivo è di convincere gli agricoltori del Terzo mondo ad abbandonare la coltivazione di coca e di papavero da oppio entro dieci anni, e di ridurre il consumo curando i tossicomani e arrestando i trafficanti. L'autore del progetto è Pino Arlacchi, l'ex senatore italiano diventato famoso nella lotta contro la mafia. «Noi - ha spiegato - proponiamo ospedali, scuole, strade, infrastrutture in modo che il contadino, anche se guadagnerebbe di più coltivando oppio o coca, non tornerà a queste colture perché dovrebbe abbandonare una qualità della vita superiore». La grande maggioranza dei governi si è detta disposta, in linea di principio, a sostenere lo sforzo di Arlacchi. Il presidente del Consiglio dei ministri italiano Romano Prodi parlerà all'Onu oggi per confermare una partecipazione concreta. Per finanziare il piano Arlacchi l'Onu dovrà trovare cinque miliardi di dollari in dieci anni. La cifra non sembra esagerata se si tiene conto degli enormi interessi in gioco. Il costo degli effetti negativi della droga sull'economia ameri cana, per esempio, è valutato in 76 miliardi di dollari l'anno. Il presidente Clinton ha elogiato personalmente l'opera di Pino Arlacchi Il generale Barry McCaffrey, capo dei programmi antidroga degli Stati Uniti, ha confermato il suo appoggio, però dubita che sia faci le sostituire le piantagioni di papavero da oppio di Birmania e Afghanistan, dalle quali proviene il 90% del prodotto mondiale. In questi Paesi Arlacchi ha già ottenuto alcuni successi personali. Qualche settimana fa, dopo una sua visita in Afghanistan, il regime dei Taliban ha pubblicamente bruciato due tonnellate di oppio in cambio della promessa di aiuto per la ricostruzione di una fabbrica. Il Laos, che produceva 3,5 tonnellate di oppio l'anno, ha introdotto al suo posto le colture del riso e del caffè indicate da un progetto dell'Onu. Il Perù ha ridotto i campi di coca del 40% in due anni, la Bolivia ha promesso di abban¬ donare la coltivazione entro cinque anni. Tuttavia, in Birmania, la tribù dei Wa è tornata a piantare papaveri da oppio dopo aver atteso invano per due anni gli aiuti promessi dall'estero. Sarà difficile convincere il Congresso americano, dominato dagli avversari repubblicani di Clinton, ad approvare aiuti anche minimi per l'Afhanistan, finché saranno al potere gli estremisti islamici Taliban. «Non vogliamo convincere i governi - replica Arlacchi - a spendere milioni di dollari in Afghanistan e Birmania. Dobbiamo prepa¬ rare un piano di lungo periodo con piccoli progetti sperimentali che ci permettano di essere pronti a intervenire quando le condizioni politiche lo consentiranno». Oltre a questi due giganti della produzione di droga, il piano di Arlacchi per lo sradicamento delle colture illecite indica altri sei Paesi chiave: Laos, Vietnam, Pakistan, Bolivia, Colombia e Perù. «Sono convinto - ha però avvertito Pino Arlacchi - che la soluzione al problema della droga verrà soltanto quando le droghe non saranno più appetibili». [r. cri.] Previsto un costo di 5 miliardi di dollari in dieci anni Il sì di Clinton Pino Arlacchi e, a destra, un magazzino di droga in Colombia