Torna di attualità il conflitto fai da te di Aldo Rizzo
Torna di attualità il conflitto fai da te OSSERVATORIO Torna di attualità il conflitto fai da te CADUTA la tregua umanitaria per l'esodo aereo degli stranieri, si aspetta di capire che cosa abbiano davvero in mente etiopi ed eritrei. Continuare ad uccidersi e a sperperare nei combattimenti le loro risorse, disperatamente esigue, oppure ritrovare finalmente la via della ragione, cioè di un negoziato di pace? Intanto si è ripreso a sparare anche in Somalia, dove pure la guerra civile era stata data per conclusa. E se dal Como d'Africa si salta in Europa, nei soliti Balcani, notizie non meno allarmanti giungono dal Kosovo, dove, se non si mette riparo, ci sono già le premesse di una Bosnia-2, magari ancora più grave quanto a complicazioni internazionali (Albania, Macedonia, Montenegro, con a due passi l'esplosiva rivalità greco-turca). Nel caso Addis AbebaAsmara, colpisce una certa particolare aggressività eritrea, cioè di un piccolo Paese con meno di 4 milioni di abitanti, di fronte a uno che ne ha 50 milioni di più. Probabilmente Asmara pensa di avere il coltello dalla parte del manico, perché è la sola ad avere l'accesso al mare e il controllo dei cruciali porti di Assab e Massaua. E' l'Eritrea che ha rotto il patto della moneta unica e che ha frapposto ostacoli alla mediazione americana. Ma più ancora sorprende il fatto che due regimi abbastanza omogenei (nonostante le antiche rivalità tribali), nati entrambi dalla lotta contro la dittatura comunista di Menghistu, guidati da due leader come Zenawi e Afeworki, considerati quasi amici e comunque pragmatici, mostrino, per risolvere i loro modesti problemi, una così aperta propensione all'uso della forza. Purtroppo, non sono i soli, come abbiamo visto. Si sarebbe tentati di pensare a una specie di contagio, accentuatosi dopo le esplosioni nucleari indiane e pakistane. Naturalmente non c'è un nesso diretto, ma è come se gli scoppi a ripetizione sotto i deserti del Rajastan e del Belucistan avessero se non inaugurato, sancito un nuovo clima internazionale, e in conseguenza, oggi più di ieri, tutti si sentissero un po' più autorizzati a «fare da sé». Circa le ragioni storiche di tutto questo, si è parlato d'impatto negativo della fine della GvUcvvs Guerra fredda, nel senso che il vecchio mondo bipolare (UsaUrss) magari fomentava le crisi regionali, ma poi impediva che degenerassero. E' una verità relativa. Guerre locali se ne sono combattute anche ai vecchi tempi, e d'altra parte la fine della «sponda» sovietica ha permesso l'avvio di un processo di pace (certo tormentoso) in Medio Oriente e ha consentito lo «sminamento» dell'Africa australe (Repubblica sudafricana e dintorni). E' certo tuttavia che oggi sembra profilarsi una specie di anarchia internazionale. La stessa leadership americana è stata clamorosamente ignorata da India e Pakistan, elusa in Eritrea e fors'anche in Kosovo, mentre l'Onu s'interroga, o almeno dovrebbe interrogarsi, su come recuperare autorità ed efficacia. La comunità mternazionale deve raccogliere la sfida, agendo in tempi brevi sui casi acuti (più di ogni altro oggi il Kosovo), ma anche e soprattutto predisponendo una strategia generale di contenimento dell'anarchia, il che vuol dire incidere, più ancora che sugli effetti, sulle cause: che sono la povertà, il senso d'insicurezza tra vicini, pur nell'epoca della globalizzazione (che deve diventare positiva e vantaggiosa per tutti e non per pochi). E' un compito immane, certo, che però non ha alternative. Quando si dice comunità intemazionale, bisogna intenderla nel senso più ampio possibile, comvolgendovi anche Paesi che oggi ne sono ai margini (e in questo si sta distinguendo la diplomazia italiana), ma non bisogna neppure dimenticare che il suo nucleo duro era e resta l'Occidente, con la credibilità economica, politica e strategica che si è procurato in questo mezzo secolo, e che mantenere compatto l'Occidente (America più Europa) è nell'interesse generale. Aldo Rizzo EJ
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