Proda a sorpresa scala l'impero Gucci

Proda a sorpresa scala l'impero Gucci La stilista: «Vogliamo diversificarci». De Sole: «A difenderci da assalti ci pensa il mercato» Proda a sorpresa scala l'impero Gucci A Wall Street è passato di mano il 5% MILANO. «La nostra non è una società bb'ndata. L'unica blindatura è l'apprezzamento del mercato...». L'avvocato Domenico De Sole, amministratore delegato e anima del rilancio di Gucci, non immaginava di sicuro che, mentre lui pronunciava queste parole mercoledì scorso, qualcuno stava completando acquisti, discreti ma insistenti, proprio di Gucci. E così, ieri, il più sorpreso è stato lui. In mattinata, infatti, il gruppo Prada ha reso noto di aver acquisito il 5% del Gucci group, quotato alla Borsa di Wall Street, per 142 milioni di dollari, ovvero 250 miliardi di lire. Una bella cifra, sufficiente però a fare di Prada, l'emergente della moda italiana, adorato dai giapponesi, il primo azionista della cattedrale più nota del «made in Italy» e anche più, visto che, afferma De Sole, «il nostro è il marchio più noto al mondo dopo quello della General Motors» Un bell'affare e, questa la prima reazione degli analisti, un buon matrimonio d'affari. Ma, almeno per ora, le avances sono cadute nel gelo. «Abbiamo saputo oggi - è stata la reazione gelida della Gucci - dell'acquisto del 5%. Precisiamo che tale investimento non è stato sollecitato dalla Gucci e che non esiste alcun accordo o trattativa, in corso o prevista, con Prada». Dal quartier generale di Miuccia Prada, intanto, arrivava questa secca spiegazione del blitz. «Questa operazione - si legge - risponde a motivazioni finanziarie e costituisce una diversificazione strategica nei settori in cui opera il gruppo Prada. Tale partecipazione testimonia l'apprezzamento per il rilancio di uno dei marchi più significativi del made in Italy». Firmato Patrizio Bertelli, marito della stilista e regista delle strategie industriali e finanziarie del gruppo Prada. L'«ai'faire» Gucci, insomma, assume più il sapore di una scalata che non di un fidanzamento tra due «griffes» di prima fila del mondo della moda italiano. E non è difficile prevedere che la partita sarà complessa e difficile. L'accenno di Bertelli a mia «diversificazione strategica» è fatta apposta per far cadere, fin da subito, l'illusione di una semplice partecipazione finanziaria: Prada è approdata in Gucci con l'intenzione, esplicita, di re- starci. Dal canto suo, la replica della «maison» fiorentina è altrettanto esplicita: non c'è «nessuna intenzione» di fare accordi con il gruppo Prada. Certo, investire in azioni Gucci può essere un buon affare ai prezzi attuali. La «griffe», dopo la crisi dei compratori asiatici, è scivolata a Wall Street da 65 a 29 dollari, risalendo oltre quota 40 solo quando i brokers di New York si sono resi conto che le vendite andavano comunque più che bene. Ora, a 49-50 dollari, Gucci può essere un buon affare. «E i fondi - dichiarava De Sole con malcelato orgoglio - sanno di poter fare un ottimo affare. I no¬ stri soci, tra l'altro, ormai sono gestori che badano al medio-lungo periodo». «Abbiamo risultati record - aggiungeva De Sole - con una redditività dell'investimento superiore al 50%». Ma il «ceo» (chief executive officer) di Gucci ignorava che, oltre ai fondi, tra i compratori figurava Prada a cui non è dì certo sfuggito il dinamismo di De Sole in Giappone (sei negozi acquistati sfruttando la caduta dei prezzi) e sul mercato degli accessori (molto brillanti i risultati della sezione orologi, appena riacquistata). Ora si apre uno scenario nuovo, in parte previsto da De Sole quando aveva proposto regole anti-scalata all'assemblea dei soci. «Gli azionisti, però - commentava lo stesso amministratore - non hanno approvato quelle regole, a tutela dei soci minori più che antiscalata». E allora? «A difenderci ci pensa il prezzo. Gucci, oggi, capitalizza tre miliardi di dollari...». Un prezzo da capogiro, ma che, evidentemente, non spaventa più di tanto. Ugo Bertone L'IMPERO DEI GUCCI La Guéci è ja prima vera public gompany italiana, il cui capitale è interamente (dal marzi '9$) quotato sulle Borse idi New York è djAmsterdgm .1 i Il fatturato del gruppo è passato da 202,9 milioni di dollari del '92 ai 97È> del '97 Negli Anni 80 l'azienda aveva vissuto un momento di crisi. Nell' 89 la ba%a d'investimenti Inyestcorp Sa, corÉ'ollata da un gruppo di finanzieri arabi, aveva acquistato if 50% delle azioni di proprietà di Aldo Gucci. Quattro anni dopò, nel '93, anche Maurizio Gucci (morto nel '95) aveva cèduto a Investcorp il suo pacchetto azionario (50%) lasciando per sempre l'azienda Miuccla Prada con l'operazione su Gucci appena portata a termine punta ad una diversificazione strategica nei settori in cui opera il gruppo che porta il suo nome

Luoghi citati: Giappone, Milano, New York