Si spegne la miccia nel quartiere dell'odio di Paolo Colonnello

Si spegne la miccia nel quartiere dell'odio | Milano: al rione Spaventa un giorno di volantinaggio pacifico: «Lunedì andremo da Albertini» Si spegne la miccia nel quartiere dell'odio «Non siamo razzisti, vogliamo solo pulizia e rispetto» MILANO. Lui è un vecchio milanese, con pancione e baffi a manubrio, canotta d'ordinanza e vocione. Lei è una ragazza algerina, piccola, bella, dagli occhi neri e intelligenti. Si danno la schiena mescolati a una piccola folla di gente del quartiere Spaventa, leonkavallini venuti a volantinare, comitati antirazzisti e curiosi. Controllati a vista da centinaia di poliziotti, carabinieri e giornalisti. Lui per un po', mentre le canta a un negoziante, sbruffoneggia: «C'è niente da fare, è gente così, sporcano, disturbano. Ma l'altra sera gliel'abbiamo fatta vedere». Lei si volta e lo fulmina con un'occhiata: «Ma cacciando i 50 marocchini da questa zona, dica un po', il problema si risolve? Si respira meglio?». L'orco diventa un agnello: «Ma nooo, bella signora, sono mica i marocchini il vero problema... Ma sa che mi piace sentire come parla?». Lei ride. Lui è già cotto: «Sa cosa le dico? Secondo me bisognerebbe incon- trarsi, parlare di più...». Trascorre così il pomeriggio del quartiere Spaventa: tutti in strada a discutere, a ricordare il mercoledì di guerriglia, a scambiarsi volantini, in attesa di qualcosa che potrebbe succedere ma fortunatamente non accadrà. Complice l'afa, lo shopping e la militarizzazione della zona che sconsiglia anche ai più audaci di alzare la voce o tentare gesti d'intolleranza. Dopo tre giorni di tensione, di accuse reciproche, di dichiarazioni roboanti, è arrivato in realtà il momento del dialogo. Si trova un nemico comune: il degrado, l'abbandono, le strumentalizzazioni. Samia Kouides, l'algerina che ha conquistato l'omaccione milanese, e che vive a due passi da via Spaventa, dice: «Una cosa è sicura: in quel bar non spacciavano. E mi chiedo perché chiudere quello e non i due o tre bar che, lo sanno tutti qui in zona, sono centri di smercio della droga». Un altro gruppo propone un'assemblea di quartiere per martedì nei giardinetti della zona «in modo da organizzare un'iniziativa comune di italiani e stranieri a favore della convivialità». Lo firmano persone come Abdelhek Azounons, italiano di origine eritrea, Maddalena Antona Traversi, italiana di origine milanese, Turi Polidda, italiano di origine siciliana... Pochi, a dire il vero, gli extracomunitari che rischiano di farsi vedere in strada, a parte qualche nordafricana che conquista con fascino e sorrisi anche i più duri. I marocchini del bar «Skirrat», chiuso l'altro ieri con un'ordinanza comunale, preferiscono radunarsi lontano un paio di chilometri per una manifestazione pacifica in piazzale Abbiategrasso sotto le insegne del «Comitato antirazzista 3 febbraio»; «Questo mondo appartiene a tutto il mondo - urla al megafono Manuel Fayed, un nero della Costa d'Avorio, responsabile del comitato -. E noi, davanti a quanto è successo l'altra sera, dobbiamo rispo dere con i nostri valori, 'a nos^.a cultura, tutto ciò chr .no veramente». Ma gli a ' la 111 i lei quartiere respingono x :.a di razzismo, con una lettera aperta ai media che, oltre a rifiutare strumentalizzazioni politiche, si conclude con queste parole: «Invitiamo tutti a riflettere sulle cau&M e responsabilità reali che portano come conseguenza la divisione tra gli uomini. Il nostro desiderio è recu¬ perare una totale legalità dove ci sia spazio per tutti». La gente comunque è contenta, soddisfatta della chiusura del bar e lunedì sarà ricevuta in Comune per un incontro col sindaco Albertini. «Era ora», dicono gli abitanti di via Spaventa, ricordando gli anni passati nell'incubo degli extracomunitari sotto casa. Le donne e gli anziani del quartiere si radunano sotto un cartello: «Noi non siamo razzisti, voghamo solo pulizia e rispetto, vivere in pace e civilmente». Perfino i leonkavallini, che avevano annunciato un presidio antirazzista, si mostrano più ragionevoli del solito: divisi in gruppi distribuiscono i loro volantini e tutt'al più provano a intavolare qualche discussione piena di buon senso. «Abbiamo preferito non fare manifestazioni - dicono per non alzare ulteriormente la tensione». Paolo Colonnello I leonkavallini: «Abbiamo preferito non fare manifestazioni per non alzare ulteriormente la tensione» | Dopo la violenza è tornata la calma nel quartiere Spaventa di Milano

Persone citate: Albertini, Maddalena Antona Traversi, Manuel Fayed

Luoghi citati: Costa D'avorio, Milano