Cossiga: Marini dovrebbe dimettersi di Ugo Magri

Cossiga: Marini dovrebbe dimettersi Cossiga: Marini dovrebbe dimettersi «Se non riesce a conciliare principi cristiani e politica» I POST DC E LA CHIESA ROMA ARINI attacca i vertici della Chiesa italiana, i vescovi rispondono per le rime, i Sacri Palazzi vengono trascinati nella rissa... Presidente Cossiga, che succede tra voi cattolici? «Qualcosa di doloroso. Coniamo il rischio di piegare i problemi etici, religiosi e di coscienza, agli interessi della propria parte. C'è il pericolo di mischiare fede e politica, come peraltro è già accaduto in passato». Ci aiuti a ricordare quando. «In Spagna durante la guerra civile, ad esempio, e ancor prima nella lotta tra costituzionalisti e reazionari. Oppure in Francia (basti pensare alle dolorose vicende dell'Action Frangaise), come pure in Italia prima del fascismo, nello scontro tra cattolici liberali e integralisti, tra conciliatoristi e anticonciliatoristi». E cosa insegna, questa storia di guerre intestine ai cattolici? «Che certe cose non avvengono mai per esclusiva colpa dei laici». Ah no? E di chi è colpa, allora? «Prendiamo il caso del ppi...». Appunto. «Non vorrei che l'atteggiamento di Marini, nei confronti della Sede Apostolica e della Cei, fosse stato innescato da giudizi non solo di parte laica, ma anche di qualche ambiente ecclesiastico». Lei arriva a sospettare che Marini abbia eminenti suggeritori? «Dico che se un uomo noto per la sua ossessiva prudenza, mai coinvolto in battaglie politiche estreme e tantomeno teoriche, qual è Marini, si è spinto ad assumere posizioni sbagliate e chiaramente inopportune in una materia così difficile, non lo ha fatto senza che qualcuno dotato di autorità lo abbia non dico sospinto, ma perlomeno confortato». E come mai, scusi, questa «autorità» dietro le quinte avrebbe indirizzato Marini contro l'Osservatore romano, l'Avvenire e il cardinal Ruini? «Per timore dei contraccolpi che le recenti pronunzie di carattere puramente etico, provenienti dalla Sede Apostolica e dalla Cei, potrebbero avere sulla posizione privilegiata di cui il ppi ha fin qui goduto nella Chiesa d'Italia, dove i Popolari sonoconsiderati gli unici eredi legittimi della de, e tutti gli altri eredi spurii». Davvero lei pensa che la maggior parte dei vescovi stia col «Anche l'ultima suora del più sperduto convento, anche l'ultimo prete della più lontana parrocchia, sanno benissimo che le simpatie più autorevoli dell'episcopato, e del cattolicesimo organizzato, sono andati nel 1996 a favore del ppi e, per effetto trainante, anche dell'Ulivo. Ripeto: è successo attraverso scelte individuali, ma di fatto ampiamente collettive, che non coinvolgono minimamente la Santa Sede e neppure le autorità preposte al governo collegiale della Chiesa italiana». Insomma, questa scelta «ulivista» di gran parte della Chiesa italiana - tranne che dei suoi vertici - ora è considerata in pericolo. Dove viene avvistata la minaccia? «L'amico Marini, e con lui altri personaggi che nella de oscillavano tra il clericale e il beghino, forse si sono sentiti minacciati dalla tolleranza dei vertici ecclesiastici verso iniziative politiche di altri cattolici, espressa anche nella educata visibilità offerta da un giornale prudente e discreto come l'Avvenire». Tutto qui? «No. Hanno anche visto che non vi era più la stessa comprensione per le conseguenze che la giusta e sacrosanta affermazione di valori spirituali ed etici, da parte della Chiesa, potrebbe avere sulla pacifica convi¬ venza del ppi con ds e Rifondazione comunista. A questo punto si sono preoccupati». Sospettano una manovra per trasferire a voi centristi i voti che due anni fa andarono all'Ulivo... «Suvvia! Ma le sembra possibile che la Sede Apostolica e la Cei richiamino con autorevolezza, dolore e sofferenza l'attenzione su alcuni fondamentali temi etici - parliamo della scuola, dell'aborto e della fecondazione assistita - solo per agevolare il progetto di grande centro?». Sarebbe assurdo, lei dice... «Macché assurdo, semplicemente ridicolo». Quando ha incontrato l'ultima volta il cardinale Ruini? «Non lo vedo da un anno e mezzo, cioè da quando ho ricominciato a fare politica». Però oggi Cossiga, a differenza del ppi, si trova in sintonia con i vertici della Chiesa italiana. Ciò non le sembra in contrasto con la sua figura di cattolico liberale che difende l'autonomia della politica dalle gerarchie? «E' fastidioso doverlo ricordare, ma fui io, da presidente della Repubblica, a proclamare - forse esagerando nei toni - la fine dell'unità dei cattolici in politica e rinopportunità che le autorità cattoliche continuassero a considerarla un valore morale. E quando l'Avvenire (che mi si dice oggi rimproverato per aver ospitato una mia intervista scomoda per il ppi) scrisse cose che ritenevo non appropriate nei confronti del Presidente della Repubblica, chiesi al governo che fosse presentata formale protesta alla Santa Sede, ispirando mi all'unico precedente, quello di Alcide De Gasperi. E potrei ricordare ancora la mia posizione quando ci fu il referendum sul divorzio...». Ci basta, presidente. Sta di fatto che la Chiesa ora prende posizione, come lei dice, senza curarsi dei danni che può recare al ppi. Non le sembra che Marini abbia ragione ad allarmarsi? «Per fortuna, la fine dell'unità politica dei cattolici ha reso anche la Chiesa più libera di pronunziarsi sulle sue materie, senza doversi preoccupare degli imbarazzi della signora Russo Jervolino o del segretario ppi in relazione alla sua alleanza storica e strategica con D'Alema. Se Marini, o Rosa Russo Jervolino, vivono in questo momento un dramma di coscienza, hanno un solo modo per risolverlo». Quale? «Dimettersi». Via, presidente, non scherzi... «Ma io non scherzo affatto. Da Marini mi attendo che nel suo agire politico rispetti i principi cristiani, anche se questo dovesse significare un duro scontro con le parti politiche con cui ha stretto alleanza. L'alternativa? Le dimissioni. Ricordo che Re Baldovino, sull'aborto, ebbe il coraggio di abdicare...». Più semplicemente, non crede che Marini possa spuntarla nella trattativa con le altre forze del centro-sinistra? «Se lì ci fosse Palmiro Togliatti, ricordando il famoso voto sull'articolo 7 della Costituzione, direi che sarebbe più facile. Se ci fosse Paolo Bufalini, direi la stessa cosa. Ma a sinistra non mi sembra tempo né di Togliatti né di Bufalini». Ugo Magri

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