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Apoteosi di Bagliori, Tanti-snob Coi suo megaspettacolo riempie l'Olimpico unendo genitori e figli Apoteosi di Bagliori, Tanti-snob AROMA CCOCCOLATI ad ascoltare il mare lo siamo stati un po' tutti, prima o poi. Ieri sera ci siamo resi conto di aver fatto bene. Ci fu un tempo in cui emozionarsi per una canzone di Claudio Baglioni era considerato un'attività piccolo borghese e poteva costarti l'amore di una ragazzina impegnata e la messa al bando da parte degli amici. Anni di conformismi e mortificazioni spazzati via da un'immagine calda, di quelle che la televisione sciatta e il cinema cerebrale non regalano più. Baglioni è entrato allo Stadio Olimpico e a casa nostra sopra un lungo camion scoperto. Cantava «Strada facendo», che se l'avesse scritta Guerini tutti direbbero che è una poesia. Invece lo è lo stesso, una poesia. Le star sono come le eresie: i fedeli le venerano in contrapposizione agli altri culti. Amare le Spice anziché De Gregori significa dichiarare con orgoglio l'appartenenza a un mondo, a un ceto, a una generazione. Baglioni è l'unico cantante che unisce. Sugli spalti dell'Olimpico la telecamera sorprendeva mamme cinquantenni con i camicioni anni 70 (denaftalinati per l'occasione) che si asciugavano la lacrima con il foulard della figliola tatuata. Tutte e due poi facevano insieme la ola. Baglioni ha offerto uno spettacolo, non la solita nenia italiana del cantante impalato davanti al microfono. Certe mossette da ragazzino imbiancato possono sembrare patetiche, ma Baglioni resta una delle poche persone colte che riescono ancora a comunicare con le masse. Forse perché non le disprezza. La sua voce è quella dello sterminato ceto medio che detesta il trucidume dei bagaglini come lo snobismo arido della cultura imperante e chiede solo di emozionarsi. Un'Italia di solitudini che va in Europa e spera, strada facendo, di trovare anche lei un gancio in mezzo al cielo. Massimo Gramelllnl Madeo e Venegonl A PAG. 25