Una legge per svoltare di Chiara Beria Di Argentine

Una legge per svoltare Una legge per svoltare Ma pochi hanno capito la proposta di Greco COSI', è bastato che all'indomani della sua requisitoria al processo Ali Iberian, il pm Francesco Greco sia uscito dal copione assegnatogli dai fautori del «tanto peggio tanto meglio» e, invece di rispondere allo stesso livello, ad attacchi e insulti abbia cercato di raffreddare i toni e ragionare su una possibile soluzione politica che questa tragica commedia si è subito arricchita di un nuovo capitolo. Greco ha, in sostanza, ancora una volta sottolineato come il presupposto di ogni soluzione è il riconoscimento del buon lavoro svolto dai magistrati e l'approvazione di nuove leggi per impedire il riprodursi del fenomeno corruttivo e garantire un'economia corretta e trasparente. Ma, ancora una volta, ha trovato pochi interlocutori attenti al senso delle sue parole, pronti a parlar d'altro. Risultato: fautori e contrari all'amnistia, quasi che fosse questa l'unica soluzione possibile a Tangentopoli, ciò a cui alludeva Greco riflettendo sull'editoriale di Gad Lerner, si sono impegnati in un dibattito destinato, c'è da scommettere, a finire nel nulla. Anzi. A riprodurre quell'immobilismo assoluto della politica, denunciato dallo stesso pm, nella sua ultima intervista al mensile AltraEconomia. Molto polverone e nessuna riflessione seria su quale potrebbe essere una politica efficace e preventiva; su come corruzione e illegalità economica abbiano potuto prosperare grazie al cattivo funzionamento dei meccanismi di controllo delle società e del mercato; su quali regole «certe» introdurre per garantire un'economia corretta e trasparente e su come la lotta alla corruzione non sia, come dimostra la recente convenzione Ocse, lo sfizio-ossessione di un manipolo di magistrati milanesi. Eppure, i termini della questione sono ormai tanto chiari da far ritenere che a questo punto certi equivoci non sono altro che comodi alibi per chi non trova il coraggio di voltar davvero pagina o perché, complice la lentezza del nostro sistema giudiziario, punta alla prescrizione o perché magari ancora si illude di bloccare con accordi sottobanco la magistratura. Ennesima prova di un Paese senza memoria e quindi con un incerto futuro. Per chi non vuol cambiare è certo più comodo continuare a negare la rilevanza della sfida alla politica e alla sua centralità, così tanto evocata e così poco praticata, lanciata dal pm milanese, e dipingere Greco e i suoi colleghi, per usare le parole di Tiziana Maiolo che, del resto, di queste cose se ne intende, come «un drappello di tupamaros formato alle scuole rivoluzionarie della giustizia militante». In realtà, al di là delle articolazioni interne al pool, di indubbi errori e di cedimenti al protagonismo, c'è un filo che collega il ragionare di Greco agli albori stessi di Mani pulite. Nel luglio '92, nei giorni del discorso di Bettino Craxi in Parlamento, Gherardo Colombo fu il primo a parlare di una possibile soluzione a Tangentopoli: non fu ascoltato e venne la stagione del poker d'assi, del suicidio di una classe politica che si era forse anche illusa di usare spregiudicatamente Mani pulite come un'arma contro l'avversario. Nel nulla sono finiti anche tutti gli altri tentativi. Dalla proposta di Assolombarda voluta dall'allora presidente Ennio Presutti a quella del pool al convegno di Cernobbio, fino alle reiterate uscite di Gerardo D'Ambrosio per incentivare l'istituto del patteggiamento e far varare nuove norme per gli appalti. Tra accuse di accanimento contro Berlusconi e di inchieste a senso unico - a questo proposito varrebbe la pena sapere che fine hanno fatto le indagini del pm veneziano Carlo Nordio, così presente nel dibattito sulla giustizia, sul sistema delle coop rosse è arrivato il tempo dei processi, in alcuni casi anche delle condanne definitive, ma si è persa finora e forse per sempre l'occasione per un riscatto morale. Di certo, sugli insulti e sugli straripamenti non si costruisce nulla. Bene ha fatto ieri D'Ambrosio a ricordare che il compito dei magistrati non è quello di controllare la classe politica ma di controllare che non vengano commessi reati. E altrettanto bene ha fatto il presidente dell'Anni, Elena Paciotti, a cogliere il segnale lanciato da Greco e ribadire che la strada è una sola: «Se il Parlamento, come ho detto più volte, approvasse leggi severe e assicurasse ai cittadini che da domani non potrà più accadere ciò che è successo in passato allora potremmo dire di avere cambiato pagina e accettare anche una soluzione politica». Chiara Beria di Argentine Sopra il titolo il pubblico ministero di Milano Francesco Greco: è sua la requisitoria al processo AH Iberian

Luoghi citati: Cernobbio, Milano