«Americani, lasciate Asinara» di Francesca Baronio

«Americani, lasciate Asinara» Ordine dell'ambasciata Usa. Ancora scontri, si teme la guerra «Americani, lasciate Asinara» Solo l'Etiopia dice sì alla mediazione NAIROBI NOSTRO SERVIZIO Non si allenta la tensione tra Asinara e Addis Abeba che, nella sola giornata di domenica, avrebbe causato 100 morti. Ieri, in una riunione con i diplomatici stranieri ad Asmara, l'ambasciatore americano in Eritrea ha comunicato che presto il personale statunitense «non essenziale» dovrà lasciare il Paese. Questo nonostante il premier etiopico Meles Zenawi avesse appena accettato il piano di pace americano elaborato dal sottosegretario di Stato per l'Africa, Susan Rice. La mediazione (condotta in una inusuale azione congiunta con il Ruanda) ha come obiettivo «la soluzione durevole della disputa di frontiera fra Etiopia ed Eritrea» grazie alla «rapida e vincolante delimitazione e demarcazione sulla base dei Trattati coloniali e delle leggi internazionali»; tra gli strumenti proposti figurano la presenza di un gruppo di osservatori internazionali nella zona di Bademmé, al centro dell'area contesa, oltre alla completa demilitarizzazione dei confini in questione. Ma osservatori di Addis Abeba hanno fatto rilevare che l'assenso «di principio» del premier etiopico al piano americanoruandese stride con i continui scontri di artiglieria che si registravano da ieri mattina a Zalambesa. Va inoltre registrato un altro segnale negativo lanciato dal governo di Addis Abeba: ai cittadini eritrei viene da oggi richiesto il visto per entrare in territorio etiope, mentre fi- no a ieri era sufficiente la carta d'identità o qualsiasi altro documento valido. Solo nella capitale gli eritrei sono circa 200 mila, e circa 400 mila in tutta l'Etiopia. Molti hanno mantenuto il passaporto etiopico dopo che l'Eritrea ha ottenuto l'indipendenza, nel maggio 1993, anche perché, fino al novembre scor¬ so, i due Paesi avevano buoni rapporti e gli scambi erano regolati da un'unica moneta, il birr etiopico. La maggior parte dei cittadini eritrei in Etiopia non si è mai preoccupata di avere un permesso di lavoro; si può comprendere come la richiesta del visto possa comportare gravi complicazioni. Da parte di Asmara l'adesione al piano di pace è tutt'altro che scontata: sembra improbabile che il presidente Isaias Afeworki, che pure aveva proposto la smilitarizzazione dell'area, possa accettare termini così vaghi. Infatti il ripristino della precedente amministrazione civile nella zona di Bademmé, previsto dai mediatori, comporterebbe, nell'interpretazione di Addis Abeba, il ritorno delle forze di polizia e delle milizie etiopiche cui difficilmente il governo di Asmara potrà acconsentire. La disputa ha avuto origine il 6 maggio scorso, quando truppe eritree hanno sconfinato nei pressi di Bademmé, la provincia settentrionale del Tigrai; gli eventi sono poi precipitati rapidamente. Prima sono stati chiusi i porti di Massaua e Assab, per cui tutte le merci per l'Etiopia sono state costrette a transitare per Gibuti; poi l'Ethiopian Airlines ha sospeso i collegamenti aerei tra Addis Abeba e Asmara; infine, gli scontri si sono estesi a tutta la zona di confine del Tigrai fino ad arrivare ad Aiga, a 185 km da Macallé, capoluogo della regione. Secondo la maggior parte degli analisti, in realtà all'origine della contesa vi sarebbero motivazioni più ampie che mere rivendicazioni di frontiera, tra le quali un peso rilevante avrebbero questioni di natura economica, oltre al fatto che il perdurare dei dissidi ha messo entrambi i leader in una difficile situazione in cui l'orgoglio nazionale rischia di giocare un ruolo determinante. Francesca Baronio Soldati eritrei a Badme. La disputa con l'Etiopia rischia di trasformarsi in guerra

Persone citate: Assab, Isaias Afeworki, Meles Zenawi, Susan Rice