Una restaurazione secondo copione di Massimo GramelliniGiulio Borrelli

Una restaurazione secondo copione Una restaurazione secondo copione La scalata di Borrelli, dal sindacato alla direzione BAU PRIMA PAGINA ROMA I L commento alle nomine Rai è H un genere giornalistico che prevede, da una cinquantina d'anni: la denuncia amara della lottizzazione, il rimpianto per i trombati che appaiono sempre un po' più bravi dei nuovi, l'augurio di una sollecita e ormai improcrastinabile vendita della tv pubblica ai privati. Diamo quindi per scontate queste cose (un saluto particolare a Lu-cin-cin Annunziata che dopo il Tg3 si trasferisce all'ufficio Rai di Pechino per far cadere il comunismo anche lì) e passiamo alle novità, quelle che oltre a noi giornalisti interessano forse anche le persone normali. Le novità sono la trasformazione del Tgl in Solidarainosc e di Telekabul in Telepace, e il trionfo del cosiddetto «partito Rai», cioè del sindacato cattocomunista. Con il suo carico di retorica e orgoglio aziendale («Abbonato, alza la voce») e soprattutto con una chiusura autistica verso l'esterno: via i professori, i manager, gli intellettuali, e adesso anche i giornalisti della carta stampata: i ragazzi di Saxa Rubra possono fi¬ nalmente sbagliare da soli. Giulio Borrelli è il simbolo della restaurazione. Non era mai successo che un sindacalista salisse al trono del primo telegiornale di Stato. L'uomo che all'ora di cena si affaccia nei nostri tinelli con la grinta di un sedativo per dirci che Prodi ha telefonato a D'Alema e tutto va bene, ha costruito la sua scalata usando l'arma tipica dei giornalisti capaci, politicizzati e ambiziosi: il sindacato interno, che alla Rai si chiama con scarsa fantasia Usigrai. Come un Lech Walesa senza baffi (e all'epoca anche senza mèches), agli inizi degli Anni 90 il tenace e verboso Borrelli guidò le truppe cammellate del più variopinto carrozzone del pianeta all'attacco dell'allora direttore Bruno Vespa, organizzando un referendum-golpe per cacciarlo. Lo stratega che gli suggeriva le mosse via fax era un consigliere della Rai, più cattocomunista di un vescovo del Chiapas: Roberto Zaccaria, assurto da alcuni mesi alla presidenza della diocesi, pardon, dell'azienda, con il nomignolo di Padre ZaccaRai. Ora, in un Paese laico e rispettoso della durezza inesorabile dei conflitti, il soccombente Vespa sarebbe stato per lo meno licenziato. Ma nell'Italia del tortellino e di Solidarainosc vedrete che Vespa-Jaruzelski continuerà a condurre il suo talk show su Raiuno: anzi, magari glielo sposteranno in prima serata. Non si capisce perché Berlusconi e Cossiga vogliano rifondare la democrazia cristiana visto che c'è già, e si chiama Ulivo. Vi risparmiamo il balletto delle ipocrisie da sagrestia che ha accompagnato anche questa battaglia di potere. La letterina di Prodi per dire «fate voi che io non voglio sapere niente», il direttore generale Celli che rende l'onore delle armi agli sconfitti per non aver sbattuto troppo forte la porta (ma Minoli, che ne sarà di Minoli?) e l'emincntissimo presidente ZaccaRai che arriva a ringraziare i partiti per non aver fatto quello che ih realtà non dovrebbero fare e che invece fanno sempre, anche stavolta: considerare la Rai una cosa loro. Borrelli passa per un dalemiaho, ma è una so- lenne bugia, anticipo di un'altra solenne fregatura per il leader di Botteghe Oscure: il nuovo monarca del Tgl è cattocomunista fino al midollo. Come tutta la Rai, d'altronde, esclusi alcuni isolotti non confessionali di Raidue, dove Satana Freccerò e Clemente Inamovibile Mimun reggono le poltrone solo grazie al conforto dell'Auditel. Inutile dire che il sindacalista Borrelli, una volta diventato diret¬ tore, potrà fare tutte quelle scelte necessarie e impopolari - dall'acquisto di un righello alla nomina dei vicedirettori zebrati (uno bianco, uno nero, uno bravo) - che i suoi predecessori dovevano contrattare ogni giorno con i sottopancia dei partiti. Non c'è politico che al Tgl non abbia un cliente, un dipendente, un conoscente e un riconoscente. Ma con Solidarainosc al potere la pace sociale è garantita: impossi¬ bile prendersela con se stessi. E chi è fuori dalle cordate sindacali, be', si sbrighi. Osi impicchi. E il Tg3? Qui l'Ulivo mostra il suo vero volto. Il fortino rosso di Saxa Rubra che considerava la Annunziata una pericolosa revisionista si ritrova assorbito di fatto nello Stato del Vaticano, con un direttore come papa Nuccio sopravvissuto ai monologhi di Moro e a mille altre peripezie: di recente lo abbiamo visto alla tele mentre invitava il pubblico a fare figli. Già immaginiaino Bianca Berlinguer inviata ad Assisi per accogliere i primi pellegrini del Giubileo, mentre Federica Sciarelli dovrà confessare in diretta di aver molto peccato e don Mannoni comparirà alle 19 in abito talare, più bello del prete di «Uccelli di rovo». Una Rai davvero benedetta. Nel nome del Prodi, del Walter e del Canone Santo. Amen. Massimo Gramellini L'anchorman del Tgl guidò la rivolta contro Bruno Vespa Lucia Annunziata verso la sede di Pechino Da sinistra: Lucia Annunziata e Giulio Borrelli (Tgl)

Luoghi citati: Assisi, Italia, Pechino, Roma