Di Bella, il giallo Veronesi di Daniela Daniele

Di Bella, il giallo Veronesi Chiesti chiarimenti alla Bindi sul ruolo dell'oncologo nella sperimentazione Di Bella, il giallo Veronesi «Se ne va», «No, gli mancano ipazienti» ROMA. Prima l'annuncio: «Il professor Umberto Veronesi si è ritirato dalla sperimentazione della multiterapia». Parola dell'onorevole Giulio Conti, di An. A brevissimo giro di posta «elettronica», la replica: «Il professor Umberto Veronesi non ha abbandonato la sperimentazione della multiterapia Di Bella». Parola del professor Donato Greco, del comitato guida della sperimentazione presso l'Istituto Superiore di Sanità. «Veronesi ha sospeso il coordinamento del protocollo numero 2 (quello criticato perché vi compariva il tamoxifene che Di Bella non aveva mai prescritto, ndr) per mancanza di pazienti selezionati (1 malato in due mesi) ha spiegato Greco -, ma ciò non significa che abbia abbando- nato la sperimentazione. Il professore segue regolarmente tutti i lavori del comitato guida». Anche se gli ultimi non li ha seguiti di persona. «Sarà ribatte l'onorevole Conti -, ma per sicurezza abbiamo chiesto che il ministro chiarisca questo punto, in sede di Commissione». Ma le ipotesi non sono finite. «Pare che Veronesi voglia avviare una sperimentazione "parallela", staccata da quelle ufficiali, destinata esclusivamente a donne con nodulo al seno superiore a due centimetri e inferiore a cinque e sareb- be in attesa dell'autorizzazione». Parola di Ivano Camponeschi, portavoce del clan Di Bella. E, a parte il giallo sulle intenzioni del noto oncologo, la giornata di ieri si è consumata nella polemica sulla cosiddetta «fase 3» della sperimentazione, quella che prevede il confronto tra il metodo anti cancro Di Bella e le terapie convenzionali. «Chiediamo di passare alla fase 3 - ha detto il figlio del fisiologo, Giuseppe Di Bella perché solo così si potrà provare se la terapia funziona. Ciò che vogliamo è, quindi, il confronto tra la terapia tradizionale e la mdb, un confronto che non vogliono darci». «La fase 2 - ha continuato - è solitamente concepita come fase pilota senza confronto, e non conclusiva, in cui si stabiliscono le dosi ottimali di farmaci rispetto alla risposta. E' preparatoria alla fase 3 ed è effettuata su un numero limitato di pazienti». In questa sperimentazione, invece, la fase 2 interessa 2600 pazienti e non è prevista quella successiva in cui due gruppi di malati vengono sottoposti per lo stesso periodo alle cure tradizionali uno, alla mdb l'altro. Ma c'è anche un altro problema, secondo Di Bella: «La fase 2 parte viziata e darà risultati viziati a causa delle condizioni disperate dei pazienti prescelti e già sottoposti a massiccia chemioterapia: elementi che inattivano la risposta del metodo Di Bella. Mio padre, infatti, ha sempre detto che l'efficacia della mdb ò inversamente proporzionale a entità e durata della chemioterapia subita». Comunque vadano le cose in Italia, ha ribadito il figlio di Luigi Di Bella, «questa ricerca non morirà, perchè grande è l'interesse dall'estero». Lo dimostrano i frequenti viaggi del padre oltreoceano. In serata, la risposta del ministro della Sanità: «La fase 3 della sperimentazione non la decide né il figlio del professor Di Bella, né i rappresentanti di An, né i pretori, né i giornalisti, ma il risultato della seconda sperimentazione». E, per cancellare ogni residuo dubbio, Rosy Bindi aggiunge, seccata: «Credo che questi mesi ci abbiano insegnato che la metodologia seguita fino ad ora, cioè che politici e magistrati si sostituiscano alla comunità scientifica, non porta da nessuna parte». Daniela Daniele Nuova polemica sul confronto tra la terapia e le cure tradizionali Il professor Umberto Veronesi al centro di un giallo sulla sperimentazione Di Bella

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