«Fermiamo la repressione nel Kosovo» di Maurizio Molinari

«Fermiamo la repressione nel Kosovo» «La Nato pronta a schierare truppe». Tra arabi e israeliani prima polemica e poi dialogo «Fermiamo la repressione nel Kosovo» Palermo, al convegno sul Mediterraneo l'allarme di Bini PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Forte preoccupazione per «l'escalation nel Kosovo» è stata espressa dal ministro degli Esteri Lamberto Dini che, prima di aprire i lavori della conferenza euromediterranea, ha parlato di «impellente necessità di porre fine alla repressione» e di «far tacere le armi» auspicando «il dialogo» e una prossima riunione del Gruppo di Contatto in occasione del G8 a Londra. «La situazione in Kossovo deve essere riconsiderata e non a caso la Nato sta prendendo in esame 10 spiegamento di truppe ai confini di Macedonia ed Albania», ha aggiunto Dini. La preoccupazione si spiegherebbe - secondo fonti diplomatiche a Bruxelles con recenti stime di intelligence occidentale che valutano il numero dei combattenti indipendentisti kosovari in «circa trentamila». In coincidenza con il capo della Farnesina il premier britannico Tony Blair ha lanciamo un monito al leader serbo Slobodan Milosevic: «Non possiamo permettere un ulteriore deterioramento a Pristina, siamo intervenuti in Bosnia e siamo pronti a ripertere questa scelta in Kosovo». Di questi temi parlerà oggi a Roma Dini con Ibrahim Rugova, «presidente» kossovaro. La conferenza a Villa Igiea fra i 15 dell'Ue e 12 paesi del Mediterraneo del Sud si è invece aperta nel segno dell'altra crisi della regione: il Medio Oriente. «Lo stallo del negoziato rischia di far naufragare il processo di Barcellona» aveva ammonito Lamberto Dini, prima di affiancare il britannico Robin Cook nella presidenza dei lavori di «medio termine» tesi a preparare la conferenza del 1999 a Stoccarda. L'inizio dei colloqui ha visto protagonisti i ministri siriano e libanese, che hanno accusato Israele per lo stallo negoziale. «Netanyahu vuole sotterrare la pace in silenzio» ha detto 11 siriano Faruk el-Sharaa. E il libanese Fares Bouez - portavoce dei Paesi Arabi presenti - ha rincarato la dose: «E' la loro bomba che ha provocato quelle indiane e pakistane». Pronta la replica di Dini: «Non usiamo il nucleare come un pretesto». Ma dopo le schermaglie iniziali la tensione ha lasciato il posto ad un confronto definito «costruttivo» da Dini e meno duro del previsto, grazie alla mediazione dei ministri degli Esteri egiziano e giordano che ha evitato un prematuro fallimento della conferenza. «Il processo di Barcellona non deve rimanere ostaggio del processo di pace» ha detto il tedesco Klaus Kinkel, riscuotendo consensi. Per molti dei ministri intervenuti a porte chiuse - ed in maniche di camicia - si è affermato uno «spirito di Palermo» che ha reso possibile una discussione fra arabi ed Israele da molti insperata e grazie alla quale «il processo di Barcellona resta in vita». La conferenza è continuata in serata con una cena sulla proposta italiana di una «Carta per la pace e la stabilità nel Mediterraneo». «C'è un accordo per incaricare gli esperti di redigere un testo comune» fa sapere la Farnesina. Oggi «Euromeda» si chiude affrontando i temi sociali (come l'immigrazione) economici e culturali. Sul tavolo anche il progetto di un network televisivo per scambi di programmi e iniziative congiunte. «C'è una vasta intesa sulla tv euromediterranea» ha annunciato Dini. In mattinata era stato invece il ministro degli Esteri di Cipro, Ioannis Kasoulides, a farsi sentire inviando un messaggio all'Italia sulla polemica in merito ad una nostra fornitura missilistica a Nicosia. «Dopo le parole di Prodi ed i miei incontri con Fassino ho l'impressione - ci ha dichiarato - che l'Italia si awii verso una decisione negativa sulla consegna della nuova partita di missili Aspide. Se così fosse noi non resteremmo con le mani in mano ma acquisteremmo questi missili da qualcun altro, come ad esempio la Russia». Maurizio Molinari Il ministro degli Esteri Lamberto Dini all'incontro di Palermo con il collega britannico Robin Cook