Chi ride e chi s'arrabbia di Lietta Tornabuoni

Chi ride e chi s'arrabbia PERSONE Chi ride e chi s'arrabbia strano, l'altro giorno, ascoltare i reduci dall'incidente ferroviario meno grave ma più clamoroso che raccontavano ai telegiornali la loro disavventura. In genere, le persone mature o d'età apparivano sdegnate, furibonde, aggressive nella protesta, anche disperate: per la rabbia la voce quasi gli. si strozzava in gola, ripetevano «impossibile, incredibile, indecente, insopportabile», rievocavano ancora incredule il buio totale non rischiarato dalla fiammella degli accendini, i gabinetti e i finestrini bloccati, il passare delle ore senza soccorsi, la mancanza d'aria e l'assenza d'ogni informazione ai viaggiatori, il prezzo del biglietto. Promettevano denunce o azioni simili, ritorsioni: in treno, mai più. Accennavano rapidamente alle condizioni del Paese («Povera Italia», «E vogliamo entrare in Europa?»). In genere, le persone giovani avevano un altro atteggiamento. Sardonico, rassegnato: è andata così, capita, meno male che è finita, ma cos'altro ti vuoi aspettare?, io non mi sono meravigliato, che non sap piano far niente non è una novità, certo che seguiterò a usare il treno, che dovrei prendere, la mongolfiera? Tagliavano corto, infasti dite dall'interrogatorio drammatizzante. Appena possibile, giravano le spalle e si allocavano. Naturalmente, non tutti i giovani erano scettici e sbrigativi, non tutti i meno giovani erano irati e vendi carivi. Ma la differenza di comportamento così evi dente rispecchiava magari modi diversi, molto con temporanei, di reagire alla realtà. I meno giovani hanno conosciuto anche tempi più ordinati (non migliori soltanto superficialmente più ordinati); sono stati educati a credere che esistano regole e che quelle regole, buone o cattive, per il fatto di esserci debbano venir rispettate; sono stati istruiti alla logica d'ogniE:canismo di causa-ef□. Vivono qui e adesso, non c'è ragione di crederli scemi, sanno benissimo che tante cose non funzionano e tante regole contano nulla, che molte azioni non provocano conseguenze logiche: ma la cultura e la formazione restano più forti persino dei fatti, e ogni volta li portano a stupirsi, indignarsi, a considerarsi dalla parte della ragione mentre il mondo ha torto, a sentirsi maltrattati e truffati come da una violazione intollerabile o da un complotto inaudito. E' un sentimento doloroso e vano, quello di irrigidirsi, di ostinarsi a pretendere quanto la realtà non fornisce: ma è inevitabile, si patisce e non si può farci nulla. Invece le persone * più giovani, cresciute nel caos, sono infinitamente duttili, elastiche: non aspettandosi che le cose vadano bene, si rallegrano se capita, non se la prendono troppo quando va male; a disservizi, abusi, ingiustizie, delusioni e prepotenze sono abituate, preparate come all'assoluta normalità. Hanno sviluppato forme di adattamento al peggio, di incommensurabile pazienza; di fronte alle avversità non s'arrabbiano, tentano di salvaguardare una tranquillità se non la famosa «serenità tibetana». Non gridano, però sghignazzano. L'incidente non mortale equivale al generale dei carabinieri ladro o ai poliziotti al servizio dei mafiosi o ai deputati di Berlusconi che per protestare contro un magistrato abbandonano in massa il Parlamento: esempi dell'immensa contraddittoria ridicolaggine del mondo, assurdità, roba da ridere. Peccato che anche questo ridere sia doloroso, e vano. Lietta Tornabuoni — I ani

Persone citate: Berlusconi

Luoghi citati: Europa, Italia