«W libero il killer di Guai» di Fabio Poletti

«W libero il killer di Guai» Orazio Cicala: «Non farò quel nome, ho paura per la mia famiglia. E' stata tutta una questione di soldi» «W libero il killer di Guai» Confessa in aula l'autista del delitto MILANO. «Ho deciso di dire come si sono svolti i fatti», esordisce Orazio Cicala. E anche lui, dopo il portiere d'albergo Ivano Savioni e la maga Pina Auriemma, decide di confessare di aver partecipato all'omicidio di Maurizio Gucci. «E' una questione di coscienza», premette, con la voce bassa e gli occhi di tutti addosso. «Era una questione di soldi», spiega, in un monologo di venti minuti, interrotto solo da un momento di esitazione, quando racconta di quel mattino del 27 marzo '95 in via Palestra, lui in auto, il killer nell'androne a sparare quattro volte all'ultimo erede della griffe con la doppia «G» incrociata. In venti minuti, Orazio Cicala, giacca beige, la stessa della prima udienza, e camicia azzurra, quasi annega nella poltrona di cuoio rosso davanti alla Corte. Sul viso ha un mezzo sorriso, più di nervosismo che altro. E' un omino, pochi capelli, verso i sessanta, niente dell'immagine del killer. Anche nelle parole. Non dice mai, omicidio. Preferisce usare questa situazione. Oppure il servizio. 0 ancora questa storia. Così come non chiama mai Maurizio Gucci per nome, indicandolo sempre come il marito. Gli altri nomi, a partire da quello di Patrizia Reggiani Martinelli, li scandisce bene. Racconta che lei «faceva grandi promesse, ma bisognava fare in fretta». E poi racconta della maga Pina Auriemma, del portiere d'albergo Ivano Savioni che chiama Savignon e del killer senza nome. «Perché è ancora libero e io temo per la mia famiglia», si giustifica lui, negando che a sparare sia stato quel Benedetto Ceraulo che dietro a lui, guarda il soffitto dalla gabbia e non si perde nemmeno una parola. La confessione a metà non convince il pubblico ministero Carlo Nocerino, che per questa inchiesta ha montagne di intercettazioni, confessioni e deposizioni firmate. Non lo convince, affatto: «Se Cicala pensa di cavarsela così. Deve dire oblerà con lui in via Palestre..». Benedetto Ceraulo, in gabbia, braccia conserte e accusa da ergastolo sulla testa, non ci sta. E fa niente se l'allora capo della Criminalpol Filippo Ninni, ricostruendo le indagini dà un suo ritratto che rasenta la perfezione. «La mia unica colpa è quella di abitare dietro la pizzeria di Cicala», giura Ceraulo. La pizzeria Arcobaleno di Arcore, l'origine di tutto secondo Orazio Cicala. (Avevo gli strozzini che premevano, quei soldi che mi offrivano era la manna dal cielo», conferma lui, una passione per il casinò di Campione, una storia di cocaina al le spalle, spacciata per ripianare i debiti. Orazio Cicala racconta dell'offer ta ricevuta dal suo amico Ivano Sa vioni, del rifiuto al momento, della richiesta di 500 milioni poi, metà subito, l'altra metà dopo il fatto. I primi 150 milioni glieli porta Pina Auriemma. «A fine febbraio venne in pizzeria anche la signora Patri zia Reggiani Martinelli, era la prima volta che la vedevo», spiega. Le richieste si fanno pressanti, lui chiede e lei promette. Il giorno do po arrivano altri 50 milioni. «Prendevo tempo, pensavo di fa¬ re una truffa. Di registrare la signora e fare ascoltare tutto al marito. Ma poi Pina mi disse che la signora sarebbe stata buttata per la strada, senza un soldo...», fa i conti lui. E rivela di un altro incontro con Patrizia Reggiani Martinelli al bar Giamaica, delle continue pressioni per fare in fretta, perchè Maurizio Gucci stava per allontanarsi per lavoro, all'estero. «Una sera mi telefona Pina Auriemma e mi dice: Il pacco è arrivato». E' la parola d'ordine, il via all'omicidio. Orazio Cicala insieme al balordo, come chiama il killer, è pronto. Da qui, il racconto diventa più veloce, un accenno appena a quella mattina in via Palestra. Ci sarà tempo di approfondire tutto, quando sarà interrogato. «Presi la mia macchina, andammo a Milano. Arrivò quel signore, quello che è successo mi è stato raccontato dall'altro, io non ho seguito tutti i particolari...», assicura. Prima di raccontare della fuga, del giro di telefonate per confermare che tutto era andato bene, che non era il caso di aver paura. «Non voglio trarre vantaggi da queste dichiarazioni, voglio solo liberarmi», spiega lui, prima di concludere le sue rivelazioni con un pensiero alla sua famiglia: «Credo di aver grosso modo detto come sono andate le cose, so di dare un grosso dispiacere alla mia famiglia, voglio chiedere perdono ai miei figli e a mia moglie». Orazio Cicala si alza e torna in gabbia. Patrizia Reggiani Martinelli si infila gli occhiali da sole e chiede di tornare in carcere, a San Vittore. H suo avvocato Gaetano Pecorella, incassa l'ennesima confessione ma non si dà per vinto: «Sono tutti d'accordo nell'accusarla, ma poi tra di loro sono pieni di contraddizioni». Fabio Poletti «Avevo gli strozzini che premevano I soldi che mi offrivano erano la manna dal cielo» Ma il pm Nocerino «Non pensi di cavarsela così. Deve dire chi era con lui in via Palestro...»

Luoghi citati: Arcore, Cicala, Milano