Scatterò; a Mururoa le rodici delle Bombe

Scatterò; a Mururoa le rodici delle Bombe Il Presidente critica (senza nominarla) la Francia per la crisi nucleare indo-pachistana Scatterò; a Mururoa le rodici delle Bombe Una «reazione a catena» innescata dai test di Chirac ROMA. Reazione a catena. La ripresa degli esperimenti nucleari può innescare una «nefasta concorrenza» tra Stati e spalancare pericoli che si credevano sepolti nei terrori della storia. India e Pakistan, oggi, si sfidano a colpi d'orgoglio atomico sbandierando le proprie bombe davanti alle reciproche paure e alle proteste del mondo. Ma sarebbe colpevole dimenticare che la tremenda «catena» ha ripreso a contare i propri anelli tre anni fa nel silenzio, tanto imbarazzato da sembrare complice, degli organismi ufficiali preposti a regolare le tensioni del pianeta. In principio fu la Francia, tuona Oscar Luigi Scalfaro ricordando i test nucleari che Chirac organizzò nell'estate del '95 a Mururoa e che lui, in quei giorni, bollò come atti «in odio alla pace». «Il primo errore è stato fatto non reagendo in modo efficace quando tali esperimenti sono ricomparsi» ribadisce, oggi. Così, davanti ai diplomatici di tutto il mondo - ambasciatore francese compreso - riuniti al Quirinale per la festa della Repubblica, rischia di riaprire la frattura con la Francia che l'anatema aveva scavato in quell'estate. Allora il dissidio era culminato con il no pronunciato dall'Italia all'Orni contro il programma transalpino sull'uso dell'atomo a fini bellici. E con la stizzita rappresaglia di Chirac che aveva disertato il vertice di Napoli. Mai una sola volta, in ossequio alle felpate regole della diplomazia, il nome Francia risuona sotto le volte affrescate del Salone dei corazzieri. Ma l'evocazione giunge lampante e dirompente sull'onda del richiamo ad un «esperimento» avvenuto dopo tanti anni di pausa «con grave disprezzo dei valori di civiltà ed in particolare del diritto alla salute d'ogni persona umana, di oggi e di domani». Il Capo dello Stato esprime la propria «tremenda preoccupazione» e si rivolge, come quell'estate, alle organizza¬ zioni internazionali, e all'Orni in particolare, per pretendere equità nei provvedimenti da assumere contro chi compie questi test. Senza adottare subdole o dichiarate differenze di comportamento a seconda che si tratti di «Stati piccoli» o di «Stati potenti». Bisognava parlare allora, lamentarsi allora sembra dire il presidente ricordando Mururoa: perché è, probabilmente, anche a causa del lassismo di quei giorni del '95 che, ora, siamo costretti ad assistere ad un'ansiogena rincorsa alla Bomba. India, Pakistan: c'è voglia «di dimostrare la propria potenza, la propria efficienza. Ma efficienza a quale scopo?». Scalfaro non accetta le pseudo-spiegazioni di taglio scientifico o le poco credibili giustificazioni di autodifesa addotte dai due neofiti del club atomico mondiale: l'efficienza è messa in mostra «evidentemente solo a scopo di guerra, di sterminio o, quanto meno, di minaccia». Esibizioni muscolari che, ancor più, riflettono una luce di contraddizione in Paesi assediati da endemici problemi economici. E nei quali si spendono «somme iperboliche» per realizzare questi atti di terrore quando, magari, «tanti bambini, tante persone mancano del minimo per vivere». Scalfaro guarda ancora alle istituzioni gendarmi del mondo che discutono della necessità d'assumere provvedimenti nei confronti di India e Pakistan: «Mi auguro che sappiano essere davvero super partes» osserva sottolineando che valutazioni e giudizi iniqui farebbero evaporare «l'autorevolezza ed il prestigio» di chi li ha emessi. Ecco, allora, riaffiorare la polemica con Parigi verso cui è stato utilizzato, evidentemente, un diverso «metro». Ecco ritornare l'eco di quelle frasi pronunciate nel luglio '95: «Nessuno ha il diritto di condizionare in senso negativo la vita di coloro che vivranno fra 10, 100, 300 anni. Senza contare che test di questo tipo mettono in crisi i rapporti internazionali fra Stati». La disputa, formalmente, resta, comunque, carsica: Scalfaro evita di citare la Francia e la Francia finge di non sentirsi chiamata in causa di fronte ad un messaggio in bottiglia senza precisi e dichiarati destinatari. L'ambasciata di palazzo Farnese afferra al volo questa mancanza di riferimenti circostanziati: pacatamente replica che non c'è «nessun motivo di formalizzarsi» e nessuna dichiarazione da fare. Renato Rizzo Abdul Khan si attribuisce il merito dei test scatenando la rabbia degli altri scienziati «Noi ricercatori siamo come i cuochi: prepariamo i piatti che ci chiede il padrone. Se il governo ordina, noi facciamo» In basso a sinistra il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro Qui sotto l'incontro di Islamabad tra il premier pachistano Nawaz Sharif (a sinistra) e il ministro degli Esteri iraniano Kamal Kharrazi Qui a fianco il missile pachistano Ghauri