Privatizzazione senza miracolo di Fabio Galvano
Privatizzazione senza miracolo Privatizzazione senza miracolo In Inghilterra treni vecchi e prezzi selvaggi LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Prima ad avere una ferrovia - da Stockton a Darlington, nel 1825 la Gran Bretagna è stata anche la prima in Europa a giocare fino in fondo la carta della privatizzazione. Il processo, voluto dal governo conservatore di John Major, convinto che quello fosse l'unico modo di restituire efficienza al carrozzone della British Rail, si è avviato nel 1994 e si è concluso nel 1997. Sono nate 25 compagnie ferroviarie che gestiscono in concessione (con contratti di 7 o 15 anni) i servizi passeggeri. Altre 4 sono responsabili dei servizi merci, 4 offrono in leasing locomotive e vagoni, 7 si occupano della manutenzione delle infrastrutture, 6 sono specializzate nella sostituzione dei binari. Sopra tutte campeggia la Railtrack, responsabile dei 16.666 chilometri della rete nazionale, dei 40 mila fra ponti, tunnel e viadotti, delle 2543 stazioni (tutte tranne le principali 14 sono però date in leasing alle compagnie ferroviarie). E' un modello che molti guardano con interesse e talora ammirazione. Ma funziona? I primi bilanci sono ancora incerti, salvo per il responso della Borsa che è stato più che lusinghiero, creando inaspettate fortune (o forse erano prevedibili, e su que¬ sto s'innestano accuse al passato governo conservatore di avere «svenduto» le ferrovie). Perché è vero che esistono due organi di controllo che, attraverso i contratti di concessione, stabiliscono il livello dei servizi passeggeri: frequenza dei treni, stazioni servite, orari, capacità. Ma critiche e lamentele crescono con il passare del tempo. Il materiale rotabile è vecchio, i nuovi convogli ordinati da alcune fra le maggiori compagnie per esempio il «Pendolino» che a partire dal 2001 la Virgin di Richard Branson metterà in servizio fra Londra e la Scozia - devono ancora materializzarsi. I passeggeri soffrono, e neppure in si¬ lenzio; benché il rispetto degli orari, per esempio, migliori marginalmente di anno in anno. Né tace il governo, pronto a fornire la lunga lista dei peccati: treni cancellati, altri con ridotto numero di vagoni e quindi affollati, difficoltà delle compagnie a coordinare una politica per l'emissione dei biglietti (con il risultato di prezzi «selvaggi», per 10 stesso viaggio, a seconda del botteghino scelto). Insomma, dice il governo, i poteri dei regolatori si stanno rivelando inadeguati; e già accarezza l'ipotesi di una nuova «autorità strategica» per rimettere le cose in ordine. Perché, dietro la banalità degli orari e delle tariffe, è anche questione di sicurezza. Non si può dire che con la privatizzazione i treni inglesi siano diventati meno sicuri. L'anno scorso, secondo le statistiche, ci sono stati un morto e 9 feriti gravi. Negli ultimi 10 anni 11 massimo è stato un bilancio di 12 morti e 24 feriti (nel '95). Ma basta un grave incidente (come quello dell'88 a Clapham, 35 morti) a sconvolgere ogni statistica. Proprio nei giorni scorsi un rapporto dello Health and Safety Executive, organo di controllo della sicurezza ferroviaria, ha rivelato un aumento del 77% nel numero degli incidenti e addita la stanchezza dei macchinisti. Molti di loro sono stati licenziati, con la privatizzazione, per dare fiato ai bilanci. Quelli rimasti - circa 12 mila, ne servirebbero 1500 di più - sono costretti a lavorare con lunghi turni di straordinario, fino a 12 ore al giorno per 13 giorni consecutivi, che è il massimo consentito. E' una situazione che si aggrava ogni estate per i 600 treni di più. La stanchezza si paga: i giornali riferiscono storie di macchinisti addormentati che ignorano semafori rossi, salvati dai sistemi di emergenza. Non era certamente questo l'obiettivo della privatizzazione. Fabio Galvano WM Victoria Station la stazione centrale di Londra
Persone citate: Clapham, Darlington, John Major, Richard Branson, Stockton
Luoghi citati: Europa, Gran Bretagna, Inghilterra, Londra, Scozia
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