Muore la Bicamerale, riforme più lontane

Muore la Bicamerale, riforme più lontane Tra 8 giorni la commissione prenderà ufficialmente atto del fallimento. Il leader ds pensa di dimettersi Muore la Bicamerale, riforme più lontane D'Alema: io ho perso, ma il centrodestra è spaccato ROMA. Referto infausto per le riforme che avrebbero dovuto adeguare il sistema-Italia agli standard istituzionali europei. Ieri la Camera, appositamente riunita, ha di fatto preso atto che le riforme sono state colpite a morte da Berlusconi. Massimo D'Alema, che ha presieduto la commissione bicamerale per 15 mesi, ha ammesso la sua sconfitta («ingannare se stessi è stupido») assieme a quella degli altri. E pare intenzionato a dimettersi dalla presidenza la prossima settimana, quando la commissione si riunirà ancora una volta (il 10) per stabilire le modalità dei funerali. «Bisogna solo decidere come portare via la salma» secondo Gianfranco Fini. Il rinvio alla prossima settimana è stato chiesto, come preannunziato, dal segretario dei popolari Franco Marini e, di fatto, accettato dai capigruppo senza il bisogno di una votazione. Nessuno'erede che ci possa essere una ripresa. Il rinvio serve solo a tentare di chiudere con un qualche decoro una vicenda che ha lasciato tutti di stucco, a causa del suo repentino precipitare. «Francamente non capisco il costrutto di questa vicenda continuava a chiedersi in aula ieri Massimo D'Alema, rivolto a Berlusconi - il Polo ne esce diviso, la maggioranza di governo più unita. A parte il danno prodotto al Paese, il bilancio per il centro-destra è davvero disastroso. Vedo vantaggi solo per chi gioca allo sfascio o pensa di ritornare indietro da questa democrazia bipolare». E si riferiva, chiaramente, a Bossi e Bertinotti. Che sono gli unici due politici che stanno offrendo una sponda a Berlusconi. Del primo, l'ex di Fi Saverio Vertane dice che ha fatto un patto politico con Berlusconi, escludendo An. Il secondo ha fatto una mossa immediata per ostacolare una diversa via per approvare le riforme, col ricorso all'art. 138 della Costituzione («sarebbe improvvido» approvare il semipresidenzialismo). Gianfranco Fini, invece, ieri ha voluto marcare anche visivamente il suo profondo dissenso («è stato un errore») per la scelta di Berlusconi. Durante la seduta è andato a sedersi al banco dei commissari della Bicamerale, in evidente segno di solidarietà col presidente D'Alema. E alla fine della seduta i due sono usciti assieme da Montecitorio. Quel che ha detto An, poi, è l'opposto di quel che ha chiesto Forza Italia. Il capogruppo Tatarella l'ha sintetizzato in una sorta di slogan: «Bicamerale addio, riforme arrivederci». Alla fine, il segretario dei popolari, Marini, è andato a stringere la mano a Fini e si è complimentato con lui perché è stato «affidabile e coerente». «Devo confessarti che avevo una certa prevenzione nei confronti della destra storica» gli ha detto. E così il centrista dell'Ulivo ha dato a Fini la patente di «costituente» che Berlusconi tenta di non fargli avere, sabotando le riforme. Un «certificato» che politicamente conta più di quello di D'Alema. Di fatto, anche An minaccia di essere pronta ad approvare le riforme utilizzando la procedura prevista dall'art. 138 della Costituzione. Che è quanto ha proposto in aula il capogruppo della sinistra democratica, Fabio Mussi. E se non bastasse, Fini pare pronto a schierarsi a favore del referendum di Segni. Ma tutte queste, al momento, sembrano mosse solo tattiche per fronteggiare l'emergenza e, D magari, spaventare Berlusconi. Il quale ieri diceva di essere «preoccupato» perché la maggioranza dice che approverà, da sola, le riforme costituzionali. «Ricordo che questa maggiornaza non è maggioranza nel Paese». In realtà, la via dell'art. 138 potrebbe essere praticabile solo se convergessero i voti dell'Ulivo con quelli di An, visto che quelli di Rifondazione sono stati negati già ieri sera. Si parla per prendere stempo; e riflettere. Lo sta fa* cendo anche Romano Prodi che, da oggi, si trova in prima linea col suo governo, senza lo schermo della Bicamerale. E gli effetti già si vedono. «Non so cosa farà Berlusconi, ma noi abbiamo da fare: da governare...» ha detto D'Alema con messaggio che era rivolto soprattutto al presidente del Consiglio. Che vuol dire che ora Prodi deve galoppare per realizzare le promesse per lavoro e industrializzazione del Sud. E non solo perché lo chiede la Sd. Ora c'è Bertinotti che ha sete di rivincita e minaccia di uscire dalla maggioranza («ogni momento sarà buono») se il governo non risponde in modo soddisfacente alle richieste di Rifondazione comunista. «I problemi con il governo si acuiscono» avvisa Bertinotti. La prima difficoltà seria per il presidente del Consiglio ci sarà la prossima settimana (ieri Prodi ha telefonato a D'Alema per comunicargli l'apprezzamento per il suo lavoro, una sorta di encomio alla memoria), quando si voterà alla Camera per l'allargamento della Nato. Bertinotti ieri ha ripetutto che voterà «no». Ci vorranno i voti del Polo, ma Berlusconi li darà con l'aria che tira in Parlamento? Se non passa il provvedimento, pare proprio che ci sarà la crisi di governo. Alberto Rapisarda La maggioranza minaccia di varare da sola le modifiche costituzionali La settimana prossima sulla Nato prima «verifica» per il governo Fini manifesta in modo evidente a Montecitorio il suo dissenso e il popolare Franco Marini va a stringergli la mano: «Sei affidabile e coerente» L'ULTIMA ORA DELLA BICAMERALE L'ULTIMA ORA DELLA BICAMERALE Ore 15,OS: Violante apre la seduta alla Camera Ore I £,07: Marini chiede la parola e propone un rinvio della discussione in aula: «On. Berlusconi, in politica non si cambiano le teste, ma le teste si confrontano». Ore 15,55: Buttiglione (Cdu). «Quando si Imbocca un vicolo cieco la cosa migliore è tornare indietro. Ma in commissione non si può più tornare». Ore 15,15: Pisanu (Forza Italia). «Apprezziamo la buona volontà di Marini, ma non ne capiamo l'utilità politica». «Sono caduti nel vuoto i nostri appelli a fare riforme buone». «E ora, dopo il fallimento della terza Bicamerale, è ora di riconoscere che il Parlamento non è in grado di riformare se stesso». Ore 16,32: Mussi (Sinistra Democratica). «I margini si sono ristretti e annullati, prendiamo atto del possibile fallimento della Bicamerale. Noi non appoggeremo la Costituente, che è una prova generale del neo proporzionale. Resta la via dell'art. 138, e la maggioranza si farà carico di provare a fare le riforme per questa via». Ore 15,26: Cornino (Lega). Si rivolge a Marini: «Dalle mie parti direbbero che ha fatto la figura del cioccolataio. E' ora di ridare la parola al corpo elettorale». Ore l6,43:Tatarella (Alleanza Nazionale). «Questa è l'ultima seduta della Bicamerale, e diciamo anche arrivederci alle riforme. Da domani riproporremo i nostri progetti di revisione costituzionale». Ore 15,32: Bertinotti (Rifondazione). «Non mancano perplessità sulla proposta di Marini, tuttavia se la Bicamerale sta fallendo non dobbiamo ostacolare una fine ordinata della vicenda». Ore 16,55: D'Alema. «La proposta di Marini sposta di ben poco i termini? L'atto di Berlusconi muove dalla decisione di spezzare il processo riformatore, ed è un vantaggio per chi gioca allo sfascio. E anche la Costituente, se mai ci sarà, si troverà di fronte agli stessi problemi». Ore 17,14: il presidente Violante sospende la seduta e riunisce la conferenza dei capigruppo.

Luoghi citati: Fini, Roma