L'amore al tempo degli squatter

L'amore al tempo degli squatter Viaggio tra i ragazzi di un centro sociale romano con i miti degli Anni Sessanta L'amore al tempo degli squatter Sesso, musica e droga, tra Internet e la tribù ROMA DAL NOSTRO INVIATO Così voi due siete fidanzati. Lui: «Bleah, ma che parole usi? Viviamo insieme, dormiamo insieme, mangiamo insieme, facciamo colletta insieme. E' questo che intendi per fidanzati?». Alla colletta non avevo pensato. Lei: «Bravo. E come credi che viviamo?». Sono qui per chiedervelo. Lui: «Se vuoi saperlo: viviamo nello squat, insieme a tanti, e via da Roma viviamo in altri squat, insieme a tanti. Milano, Bologna, Torino: non c'è differenza». Nessuna differenza? «No: le vostre città fanno tutte schifo uguale». Giusto. Ma si. può dire che siete una coppia? Lui: «Bhooo, sì, no...». Lei: «Dipende... Cosa intendi per coppia? Marito e moglie, fidanzato e fidanzata? Fratello e sorella? Soci? Amici siamesi? Giulietta e Romeo? Il Gatto e la Volpe? Cosa?». Irritanti, tignosi, svegli. Qui accanto al super mega Centro sociale del Forte Prenestino, nel controluce della neoluna sbilenca, sembrano (o sono) una tavola in bianco e nero di Andrea Pazienza: anfibi Doc con punta acciaio, gambe filiformi, il contorno nero del chiodo borchiato, l'ovale del viso cenere, la cresta di capelli decolorati e irrigiditi dalla brillantina Tenax. Lui «diciassette anni e mezzo», lei «più o meno diciassette, perché?», niente scuola, famiglie «sganciate», territori di vita connessi sottotraccia che vanno da qui a qualunque altrove - l'Italia, Londra, Amsterdam lungo sentieri sotterranei, approdando alle cosiddette Taz - le zone temporaneamente autonome, cioè «liberate» - che sono indifferentemente le case occupate, i concerti autogestiti, le spiagge accampate, le microradio antagoniste, le redazioni di misteriose fanzine, i raduni, e insomma qualunque sakkoapelo sociale dentro al quale possano riconoscere la propria lingua, il proprio odore, l'identica irritazione. Ai tempi in cui lui e lei poppavano latte artificiale sulle ginocchia di mamma li avremmo chiamati Autonomi («Oh, dio, gli Autonomi!») e qualcuno avrebbe chiamato la polizia. Ai nostri tempi - transitati i politici e i riflussi, gli indiani, i punk, i punkabbestia, gli aerosol, i cyber - li chiameremo squatter («Oh, dio, gli squatter!») che sono tutto il passato e tutte le tribù insieme, ma con più «no-future» addosso per via del molto disamore assorbito. La loro è una adolescenza specialissima, assai poco dubbiosa (almeno in apparenza) perché performata da idee precise sul (e contro) il mondo diviso ancora in «noi» e «loro». Danno poca confidenza a un estraneo, specie se con taccuino, e sentendosi braccati rifiutane il nome, indossando quello di battaglia, Rico lui e Cris lei, romani, tre piercing visibili a testa - sopracciglio, naso, labbro - un tatuaggio visibile a testa - farfalla su mano sinistra - nessuna visibile differenza di sesso - inagrissimo lui, magrissima lei - zero sorrisi, abbondanza di tecnolinguaggio, e curiose idee sulla vita, il sesso, l'amore. «La vita è estinta» dice lui. «Il sesso è un gioco anche noioso», dice lei. E l'amore? «E' toccarsi senza che ti tremino le mani», dice lui. E lei: «E' tenersi sospesi sopra a tutte le cose, tutte le situazioni. E' dormire come gatti in una cesta, anche se fuori c'è un concerto a 10 mila watt e la gente sfatta che ti rotola intorno». Dovendo reinventarsi il mondo, hanno scassato il passato masticandolo a pezzi. Vivono in superficie mitologie retro - i Sex Pistols, Che Guevara, l'acido lisergico, le guerriglie metropolitane, l'anarchismo, il rifiuto del lavoro coniugandole in profondità alle modernità coassiali delle fibre ottiche e di Internet, o ai futuribili effetti di tutte le mutazioni fisiche, genetiche, spirituali che hanno imparato a conoscere (o almeno credono) viaggiando tra loro, parlando tra loro. Il mondo di mostri è il nostro. Essere dei mutanti, per loro, non è una via di salvezza, o peggio una moda (odiano le mode) ma la semplice necessità del respirare. Mutanti prima di tutto nel corpo, usando l'apparenza per dire l'essenziale. Per esempio: «I nostri capelli a punta significano odio». Oppure: «I nostri colori acidi servono a tenervi lontani». Oppure: «Indossare metallo sulla pelle vi spaventa. E questo ci rassicura». Da un certo punto di vista, le loro impurità li rendono puri, il loro ipertrofico realismo, sognatori, anche quando raccontano durezze. «Allora - fa Cris, cioè lei - io ho cominciato a fare sesso un paio di anni fa. Ero stravolta da un acido, neanche me ne sono accorta e di sicuro non è stato bello... Probabilmente pioveva, stavamo tutti sulla sabbia, dalle parti di Anzio, ma non era estate. Ho un ricordo violento, uno che ti spinge addosso. Mancanza d'aria. Ma non è che non volavo o non sapevo. Volevo e sapevo. L'idea cretina della verginità mi pesava di più del maschio che avevo so pra. Lui mi ha tolto di mezzo l'imene e poi io mi sono tolta di mezzo lui». Rico: «L'ho fatto che avevo tredici anni, sul materasso di una casa occupata. Lei era molto più grande, io ero scemo, smaniavo perché volevo sentirmi un uomo-adulto, anche se avevo una paura boia di cose tipo l'Aids, la sifilide, tutto lo schifo che si porta dietro l'eroina, perché lei era tossica e non ci stava con la testa. Più o meno non ci stavo neanch'io con la testa, avevo cominciato a bere, e da pischello bevevo tutto il giorno il vinaccio in domopack, birra, grappa da quattro soldi». Il sesso, ti dicono, non sta al centro del loro mondo, ma è una delle tante opzioni del viversi socialmente il viaggio e la tribù, il concerto e lo squat. Lui: «Volendo puoi avere un mucchio di storie. Oppure vivere senza sesso. Quello a cui non puoi rinunciare è stare con i tuoi fratelli, condividere la casa, il cibo, la città». Lei: «Siete voi che avete sempre in testa il sesso, non noi». Lui: «Sei mai stato a un illegal rave? No. Ce ne sono ogni sabato dalle parti di Pomezia, se ti interessa. Si arriva, si occupa al volo una fabbrica abbandonata. Dopo il tramonto, quando sei in tre-quattrocento ragazzi, comincia a viaggiare la musica e la roba. Acidi, fumo, alcol. Più perdi coscienza, più entri nella musica. E quando sei solo musica, puoi vibrare con qualunque cosa». Lei: «Per esempio puoi scopare, ma non è mica obbligatorio. Puoi stare da solo una intera notte, perché la tua onda va così. Oppure puoi fare sesso con il primo o la prima che incontri, e che non rivedrai più». Ma se voi state insieme, chiedo, insieme come volete voi, non fa differenza? «In che senso?». Farlo solo tra voi, per esempio. Cris sembra sorpresa: «Ma il sesso cosa c'entra? Io e lui siamo la stessa cosa, e se lui sta venti minuti dentro al letto di un'altra non cambia nulla. E se io sto una notte con una mia amica non cambia nulla». Già sentito a fine Anni Sessanta, amore libero, tutti fratelli, tanti fiori in giro: roba così. Finita malamente - secondo i redditi - tra santoni furbastri, indie infernali, lettini per l'analisi, e soffocanti conformismi post sbornia. Rico, a guardargli la faccia, ci sputa sopra: «Perché quelli, i cosiddetti freak, hippy, chiamali come vuoi, pensavano a un mondo rosa, alle margherite dentro ai cannoni e a simili scemenze». Voi invece? «Noi sappiamo dello schifo che c'è intorno e pensiamo che andrà sempre peggio. Guardati in giro. L'Occidente dei ricchi ha ucciso il mondo e sta morendo. Non vi siete ancora accorti del casino che avete combinato, sono tornate le guerre di reli¬ gione, come in Jugoslavia e in Algeria, sono tornate le atomiche, in India e Pakistan, finirete per scannarvi in nome di Dio e di Allah...». Mi sfugge il nesso. «Che se il mondo è provvisorio, ma va verso la catastrofe, come puoi pensare che si salvi l'amore, qualunque amore, il nostro per esempio. La sua importanza è che finirà, morirà per col pa vostra o nostra, ma finché c'è, è la cosa che dà il senso a tutto il resto». E Cris, sotto al la neoluna sbilenca, anche lei filiforme: «Il senso, special mente, alla rabbia contro di voi che avete distrutto e ci di struggerete». Pino Corrias Lei: volersi bene è dormire come gatti in una cesta anche se mori c'è un concerto a 10 mila watt Lui: gli hippy pensavano a un mondo rosa, noi sappiamo che tutto fa schifo tranne l'amore GLI ADOLESCENTI E L'AMORE Anfibi Doc con punta d'acciaio chiodo borchiato cresta di capelli irrigiditi dalla brillantina Due immagini di giovani dei centri sociali

Persone citate: Andrea Pazienza, Guevara, Pino Corrias