« Un'umiliazione atomica » di Andrea Di Robilant

« Un'umiliazione atomica » « Un'umiliazione atomica » I repubblicani vanno all'attacco di Clinton WASHINGTON ' DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Una patetica sconfitta, un fallimento massiccio, un'umiliazione bruciante». Dal partito repubblicano si leva un coro anti-Clinton dopo gli esperimenti atomici di India e Pakistan. Il Presidente aveva puntato sulla politica estera per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dagli scandali interni e guadagnare punti preziosi. Ma ora i crucci maggiori vengono proprio dall'arena internazionale. «Abbiamo perso rispetto nel mondo», si lamenta il senatore Fred Thompson, repubblicano del Tennessee. «Diciamo all'India di non sperimentare l'atomica, e sperimenta due volte. Lo diciamo al Pakistan, e sperimenta due volte». Stessa musica da parte dell'influente senatore Orrin Hatch, repubblicano dello Utah: «Non c'è stato un tentativo serio di risolvere i problemi alla fonte per evitare i test. E in questo senso ci troviamo di fronte ad un grande fallimento di politica estera». La virulenza degli attacchi repubblicani è motivata anche da fattori di politica interna: in autunno ci saranno le elezioni congressuali e la campagna elettorale è già in svolgimento. Ma ciò non toglie che la crisi scoppiata nel subcontinente indiano abbia rinforzato l'impressione di un'amministrazione che fatica a star dietro agli eventi internazionali. Anche all'interno del partito democratico, del resto, si levano voci perplesse sulle scelte di Clinton. «Sanzioni universali sono uno strumento molto efficace», dice il senatore John Kerry, democratico del Massachusetts e possibile candidato alla Casa Bianca nel Duemila. «Ma sanzioni unilaterali come quelle che abbiamo imposto noi sono futili e autodistruttive» (in realtà le sanzioni imposte da Clinton sono demandate da una legge del Congresso, ndr). Il segretario alla Difesa William Cohen ha risposto stizzito ai senatori ricordando loro che l'influenza degli Stati Uniti sul comporta- mento di altri è limitata: ((Abbiamo bisogno dei nostri alleati. L'idea che da soli possiamo dettare legge al resto del mondo è grossolanamente esagerata». Per Cohen la crisi è comunque «estremamente seria», e il viaggio del Presidente in Cina alla fine del mese è tanto più importante in quanto Pechino ha un ruolo im¬ portantissimo da svolgere nella regione. Ma il viaggio in Cina di Clinton era già tema di controversia tra la Casa Bianca e i repubblicani prim'ancora che scoppiase la crisi nel subcontinente indiano. Il Presidente è infatti sotto accusa per aver facilitato l'esportazione di tecnologia missilistica da parte di un'azienda che risulta essere tra i principali contribuenti al fondo elettorale del partito democratico. I repubblicani avevano chiesto al Presidente di rimandare il viaggio in Cina in attesa che venisse appurato il danno alla sicurezza nazionale del Paese. Ma Clinton respinse la richiesta sostenendo che non voleva mandare ai cinesi «il messaggio sbagliato». Nel frattempo, dicono alla Casa Bianca, gli avvenimenti nel subcontinente hanno reso la visita ancora più urgente. Tra l'altro il consigliere per la sicurezza nazionale Sandy Berger è arrivato ieri in Cina per riorganizzare l'agenda dei colloqui tra Clinton e Jiang Zemin e dare priorità alla crisi nucleare. Andrea di Robilant «Nel subcontinente indiano abbiamo perso il rispetto di tutto il mondo» 1 Il ministro della Difesa americano William Conen